Sulla archiviazione del procedimento penale relativo alla vendita degli aerei M346 ad Israele

31 ottobre 2017 - Comitato No M346 ad Israele

Estate 2014. È in corso l’ennesimo eccidio di palestinesi a Gaza ad opera dell’esercito israeliano, dopo quelli del 2008/9 e del 2012. Quattro bambini giocano sulla spiaggia. Una cannonata sparata da una nave israeliana li fa a pezzi.

Il giorno dopo in Italia, a Vercelli, alcuni attivisti per i diritti del popolo palestinese espongono sulla cancellata della sinagoga uno striscione con la scritta "Stop bombing Gaza, Israele assassini, free Palestine". La comunità ebraica di Vercelli li denuncia per istigazione all’odio razziale e due di loro vengono rinviati a giudizio. Nel 2017, dopo una complessa istruttoria e varie udienze, gli imputati vengono assolti con formula piena: nessuna istigazione, nessun antisemitismo ma solo una legittima critica a un massacro in corso.

Estate 2014. A Varese cinque attivisti per i diritti del popolo palestinese depositano una articolata e motivata denuncia contro Alenia Aermacchi  (oggi Leonardo) che ha fornito ad Israele due aerei cacciabombardieri M346 pochi giorni prima dell’inizio dei bombardamenti.

I denuncianti chiedevano di accertare se la fornitura di 30 aerei M346 era stata autorizzata dai competenti ministeri e, in caso affermativo, come era stato possibile il rilascio della autorizzazione, vista la palese violazione della legge n.185/90 che vieta l’esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato o la cui politica contrasti con l’art. 11 della Costituzione o i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in tema di diritti umani. Israele rientra in tutte e tre le ipotesi.

Il 23 ottobre 2017 il GIP di Varese ha disposto l’archiviazione del procedimento. Che cosa è accaduto in questi tre anni?

Nessuna attività istruttoria (ad eccezione della acquisizione della autorizzazione ministeriale); la richiesta di archiviazione del PM nel maggio 2016; l’opposizione dei denuncianti a lungo discussa anche in aula nel maggio 2017; ora l’archiviazione.

Si è richiamato il processo di Vercelli a dimostrazione dei diversi criteri seguiti dalle due magistrature. A Vercelli la denuncia della comunità ebraica, palesemente infondata, ha portato a un rinvio a giudizio e a un processo conclusosi con una doverosa assoluzione. A Varese la magistratura non ha minimamente indagato a fronte di una palese violazione di legge che avrebbe dovuto insospettire gli inquirenti, apparendo più che legittimo il dubbio che dietro il rilascio delle autorizzazioni vi fossero accordi illeciti. A maggior ragione dopo che era emerso dagli atti acquisiti che il contratto di vendita dei 30 M346 era stato concluso con l’intermediazione di due soggetti MAI IDENTIFICATI che avevano percepito provvigioni milionarie (4,6 milioni di euro l’uno; 6,9 l’altro).

I denuncianti nella fase di opposizione hanno anche dimostrato la pendenza di procedimenti penali in Israele per corruzione a carico del premier Netanyahu per vicende contrattuali analoghe che hanno riguardato anche la compravendita degli M346. Hanno anche ricordato che la Procura di Busto Arsizio ha indagato i vertici di Finmeccanica per ipotesi di corruzione. Insomma, entrambi i contraenti appaiono non immuni da sospetti. Solo una seria indagine avrebbe consentito di verificare la fondatezza o meno di questi sospetti, fondati su elementi oggettivi e non frutto di mera prevenzione.

Il GIP, invece, si limita a dire che “ nel caso di specie non risulta alcun elemento tale da far sospettare che l’autorizzazione sia oggettivamente viziata nella sostanza (i rilievi degli esponenti appaiono sul punto eccessivamente generici e comunque relativi a decisioni politiche)”.

Cosa c’entrano le decisioni politiche? La decisione di vendere armamenti a un Paese in stato di conflitto armato sin dal suo nascere e responsabile di gravi violazioni di convenzioni internazionali in tema di diritti umani non è priva di valore politico ma soprattutto assume rilevanza giuridica penale visto che viola una legge dello Stato. Il giudice non è stato chiamato a sindacare una decisione politica ma un atto che contrasta la legge (e la violazione di legge è palese, così come richiesto dalla giurisprudenza della Cassazione citata dallo stesso GIP).

Se, infatti, ci si vuole trincerare dietro al dato formale che autorevoli soggetti che hanno denunciato le responsabilità di Israele come Amnesty International, Human Rights Watch e il Tribunale Russell per la Palestina non sono organi delle Nazioni Unite, della UE o del Consiglio di Europa, lo stesso non può dirsi per il Rapporto della Missione di inchiesta delle nazioni Unite presieduta dal giudice Goldstone, fatto proprio anche dal Parlamento europeo. Il rapporto, in relazione all’eccidio noto come “Piombo fuso”, ha accertato la molteplice e grave violazione dei diritti umani da parte dell’esercito israeliano. Non solo, ma il 23 luglio 2014, pochi giorni prima del deposito della denuncia, il Consiglio dei diritti umani dell’ONU aveva condannato le operazioni militari israeliane in corso, denunciato la violazione del diritto umanitario e intimato l’immediata cessazione dell’offensiva ( ovviamente, come sempre, senza alcun esito). La denuncia è stata presentata in flagranza di violazione del diritto umanitario da parte di Israele. Ricorrevano quindi tutti i presupposti per la applicazione della legge 185/90, la cui violazione appariva palese, documentata ed attuale. Questo imponeva lo svolgimento di attività istruttoria, peraltro non complessa, almeno nella parte finalizzata alla individuazione degli intermediari (e se fosse emerso che non erano enti autorizzati ma semplici “faccendieri”, figure non nuove nel panorama italiano?).

Nulla invece è stato fatto.

Quale amara conclusione? A Vercelli una denuncia palesemente infondata (come poi sancito dalla assoluzione con la formula più ampia) è stata ritenuta meritevole di lungo e accurato processo (un testimone è venuto da Israele!).

A Varese una denuncia palesemente fondata è stata archiviata.

Viene da riflettere sul ruolo e l’autonomia della magistratura quando è chiamata ad indagare su fatti-reato potenzialmente riferibili ad alti livelli politici ed economici.

 

Varese, 31 ottobre 2017      

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