Comuni per la pace
Come quando gli enti locali mettono in atto buone pratiche e approvano mozioni e raccomandazioni per chiedere la riconversione delle industrie belliche.
Ho l’onore e il privilegio di amministrare la città di Assisi, una città meravigliosa, simbolo nel mondo di pace e accoglienza, grazie ai valori fondanti trasmessi da san Francesco. Ogni giorno è speciale perché questi luoghi, che hanno visto il poverellospogliarsi dei propri beni e dedicarsi agli ultimi della terra, emanano un profondo messaggio di fratellanza. Da qui la responsabilità, come sindaco, di un impegno forte per dare un contributo, anche piccolo, nel segno degli insegnamenti del nostro concittadino. Questa responsabilità la sento quotidianamente come un dovere, un obbligo etico perché solo non discostandosi da certi principi si opera veramente per il bene comune. Per questo giunge come un abbraccio con convinzione e passione il messaggio che papa Francesco ha inviato per la cinquantaduesima Giornata Mondiale della Pace e che ha come titolo La buona politica è al servizio della pace.
Il nostro Papa si rivolge proprio a chi, come noi amministratori, ha ricevuto dai cittadini il mandato di governare le comunità ed è incentrato sulla responsabilità politica e sulla promozione della “buona politica” e io, credetemi, come sindaco di Assisi, questa responsabilità la sento addosso tutti i giorni da quando, nel 2016, è iniziata il mio incarico. Per il pontefice la buona politica “è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo” e quando “da coloro che la esercitano non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. La responsabilità politica costituisce una sfida per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio paese, per tutti noi amministratori che siamo al servizio delle nostre genti, “di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto”. La politica per papa Francesco, se messa in atto “nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone” può diventare una “forma eminente di carità”. E proprio sul concetto di carità mi torna alla mente un altro grande Papa, san Paolo VI, che diceva appunto che la politica è la più alta forma di carità.
UN IMPEGNO DI TUTTI
Il tema di una nuova presenza dei cattolici nella vita politica è sempre attuale, soprattutto negli ultimi decenni, e spesso è stato ripreso dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, “L’impegno dei cattolici in politica – ha detto – è fondamentale del loro essere cristiani, richiamando Giorgio La Pira, un altro sindaco famoso e oggi venerabile. Il primo impegno che il cattolico ha nei confronti della società è la politica con la P maiuscola”. Mai come in questo momento storico sarebbe indispensabile una presenza responsabile dei cattolici in politica. Un momento storico in cui il paese vive tra mille incertezze e delusioni, disorientamenti e povertà. Un paese che ha meno speranza e fiducia nel futuro. In questa fase ci sarebbe non bisogno ma urgenza di buona politica.
E, a proposito di citazioni, ricordo le parole di Piero Calamandrei il quale diceva “per fare buona politica non c’è bisogno di grandi uomini, ma basta che ci siano persone oneste, che sappiano fare modestamente il loro mestiere. Sono necessarie: la buona fede, la serietà e l’impegno morale. In politica, la sincerità e la coerenza, che a prima vista possono sembrare ingenuità, finiscono alla lunga con l’essere un buon affare”. Ecco, queste frasi esprimono in modo semplice il significato della definizione “buona politica” che è un concetto ampio, che guarda alle nostre comunità, ma oltrepassa anche il perimetro del nostro territorio. A tal proposito, viene da chiedersi come può un’amministrazione locale offrire il proprio contributo e incidere nelle tematiche relative alla pace nel mondo. Anche per le considerazioni prima espresse, e cioè che ognuno nel suo piccolo, può fare qualcosa, da Assisi portiamo la testimonianza di due fatti.
LA MOZIONE
Il primo: il consiglio comunale a novembre scorso, ha approvato all’unanimità una mozione della lista civica Assisi Domanicon cui si dichiara lo stop alle bombe per la guerra nello Yemen, ribadendo l’assoluta contrarietà nel territorio italiano alla fabbricazione di armi e materiale destinato ai paesi in conflitto. Ma non si tratta solo di una dichiarazione che peraltro può essere definita scontata: l’assemblea comunale di Assisi con questo provvedimento ha impegnato sindaco e giunta a promuovere azioni e progetti per la realizzazione di concrete ed effettive politiche di disarmo e di pace. In particolare, dal massimo consesso cittadino si è alzata una sola voce: quella di porre Assisi come luogo di costruzione di rapporti di pace e solidarietà e quindi l’impegno “a promuovere, insieme agli altri comuni convergenti su questi stessi intenti e alle associazioni e ai comitati di cittadini cointeressati, ogni azione perché governo e parlamento italiani diano attuazione ai principi costituzionali e alle risoluzioni del parlamento europeo bloccando l’esportazione di armi e di articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l’Italia, destinate all’Arabia Saudita e a tutti i paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen”.
Dinanzi a tale atto, che come primo cittadino mi ha inorgoglito tantissimo, mi sto impegnando a diffondere questo messaggio, questo appello a tutti i Comuni italiani e lo sto facendo direttamente; di recente sono stata in Campidoglio, a Roma, dove ho usato toni un po’ duri ma assolutamente veri perché tutti insieme chiediamo di fermare la produzione di armi che firmano stragi di innocenti.
Il secondo fatto. Ad aprile dell’anno scorso abbiamo voluto organizzare ad Assisi una conferenza di tutte le città gemellate con Betlemme. È stato un appuntamento di rilievo internazionale (erano presenti una quarantina di città, l’Anci, le Famiglie francescane, le istituzioni e le associazioni umbre) perché Assisi è la sede naturale di incontro tra popoli e religioni, e da qui è partito uno straordinario appello per la pace nel mondo, un appello che nasce dallo “spirito di Assisi” (la preghiera che a ottobre del 1986 papa Giovanni Paolo II volle fare con tutti i capi religiosi del mondo) e a quello che sta succedendo, ai tanti conflitti di una “terza guerra mondiale a pezzi”. Un appello al dialogo, a dire basta al dolore delle tantissime vittime, specialmente bambini, a un immediato cessate il fuoco, con la speranza che la voce che arriva dalla città di san Francesco sia ascoltata.
Assisi ha un rapporto antico con Betlemme, il primo impulso al patto di gemellaggio fu siglato l’11 novembre 1988, e nell’atto di indirizzo fu il consiglio comunale a proporre un’intesa che testimoniasse l’impegno di Assisi a favore della pace e del dialogo tra Palestina e Israele e tra le grandi religioni monoteiste nella logica della tolleranza e della cooperazione pacifica. Proprio in quest’ottica voglio ricordare la conferenza del 19 ottobre del 2017 nella sala della conciliazione del palazzo comunale a un anno dalla scomparsa di Shimon Peres: la città Serafica ha voluto commemorare la vita e l’opera del presidente dello Stato d’Israele, premio Nobel per la pace, cittadino onorario di Assisi, e celebrare la firma dell’accordo di collaborazione tra la Fondazione Giovanni Paolo II e il Centro Peres per la pace e l’innovazione.
In conclusione, da Assisi, città simbolo della pace, come primo cittadino mi sento di mandare un grande saluto, che sia di fratellanza e di speranza, di dialogo e di condivisione, di impegno concreto verso gli ultimi e i poveri, che sia, restando in tema, di buona politica.