Primavera delle coscienze
Colombia 1989
Maria Cardona è la sorella di Luis Alberto Cardona Mejía, difensore dei diritti umani, professore universitario e militante del PCC (Partito Comunista Colombiano). Il 4 aprile 1989 Luis Alberto viene assassinato dentro un microbus del trasporto locale, con 7 colpi di pistola alla faccia esplosi da 2 sicari dei cartelli del narcotraffico, con la complicità di attori istituzionali e politici corrotti.
Colombia Oggi
Maria ha da sempre portato avanti la lotta del fratello maggiore in favore della giustizia e della pace in Colombia. Oggi é attivista per la difesa dei diritti umani con il Comité Permanente por la Defensa de los Derechos Humanos, e per questo vittima di aggressioni e minacce che l’hanno portata a dover vivere in Spagna, prima di poter rientrare in Colombia, ma dovendosi costantemente spostare per motivi di sicurezza all’interno del suo paese. Maria in più occasione ci ricorda che l’impegno e la lotta nascono certamente dalla rabbia verso le ingiustizie ma devono essere sempre accompagnate dall’amore, la gioia di vivere e la poesia. Sono questi gli elementi propulsori delle sue e delle nostre battaglie.
Messico 2008
Yolanda Moran è la madre di Dan Jeremeel Fernández Morán, desaparecido il 19 dicembre del 2008, all’età di 34 anni nella località Torreón, Coahuila, regione del nord. Quella mattina, subito dopo, sarebbe dovuto andare a prendere i suoi cinque figli, ma non è mai arrivato a destinazione. Il 4 gennaio del 2009 Ubaldo Gómez Fuentes, tenente militare, viene arrestato mentre guidava la macchina di Dan. Il 25 marzo 2010 sono stati arrestati due militari latitanti, coinvolti nella sparizione di Dan, a Città del Messico. Tutti e tre i militari sono stati poi trovati morti in carcere e non si sa ancora chi sia l’effettivo mandante di questa sparizione.
Messico Oggi
Yolanda Moran ha dovuto lasciare la sua città per motivi di sicurezza e insieme alla figlia Grace Fernandez continuano a portare avanti la ricerca e la memoria di Dan insieme a tanti altri familiari messicani.
Per tale ragione il suo grido è “non sono solo la mamma di Dan, ma di più di 37.000 desaparecidos!””.
Puglia 1999
Hiso Thelaray parte dall’Albania insieme a suo cugino 17enne Simon Tragaj. Arrivano in Puglia dove iniziano a lavorare alla raccolta dei pomodori tra Cerignola e Borgo Incoronata. Hyso non sa però che non si può sfuggire a un sistema di controllo quale il caporalato. Si rifiuta di cedere ai ricatti dei caporali e si rifiuta di consegnare parte dei suoi guadagni. La sera del 5 settembre 1999, è in Italia da pochissimi mesi, Hyso e Simon vengono picchiati in un casolare. Partono nove colpi di arma da fuoco. Simon viene gambizzato. Hyso muore tre giorni dopo, l’8 settembre del 1999 a causa delle ferite riportate.
Albania oggi
Nel 2012 Ajada, una ragazza di origine albanese partecipa a un campo di Estate Liberi Mesagne, nella villa confiscata al boss della Sacra Corona Unita Donato Screti. Un pomeriggio all’ombra degli ulivi della villa confiscata, un volontario di Libera racconta la storia di Hyso. Quando il campo finisce e tutti si salutano, Ajada chiede e porta con sè una bottiglia di vino dal nome Hyso Teleray: deve trovare la famiglia di Hyso e consegnargliela. Raggiunti attraverso quel dono prodotto con passione su un bene tolto alle mafie e restituito alla comunità, oggi Erald e Sueda Demaj, i nipoti di Hyso, portano avanti la memoria dello zio in Albania e in Italia. Hyso è divenuto così un simbolo di riscatto e rinascita, creando un ulteriore ponte di memoria internazionale tra Italia e Albania.
Padova 21 Marzo 2019
Maria Cardona, Yolanda Moran, Grace Hernandez, Erald e Sueda Demaj hanno partecipato alla Giornata Nazionale per la Memoria e l’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il 21 marzo a Padova e alle iniziative di avvicinamento in molte regioni d’Italia. Testimoniando le loro storie, condividendo una memoria viva che non ha confine, e approfondendo la situazione dei loro Paesi vicini e lontani. Tra loro c’è stata anche chi ha avuto modo di condividere la propria storia all’assemblea nazionale dei familiari delle vittime innocenti delle mafie della rete di Libera, momento annuale, tenutosi a Venezia Santa Lucia dall’8 al 10 marzo, di confronto e conoscenza profonda delle storie di dolore dei singoli, ma anche di riconoscimento reciproco, a partire dalla volontà di uscire dal proprio isolamento per ritrovarsi in una comunità che supera i confini nazionali. La “Primavera della coscienze” da 24 anni riporta la memoria al passo con la storia per leggere il presente e costruire un futuro di convivenza civile e pacifica fondante sulla giustizia sociale, sulla dignità e la libertà di ogni persona. È così che sono scese in piazza il 21 marzo in tutta Italia e non solo più di un milione di persone in migliaia di luoghi in Italia, ma anche in America Latina, Europa e Africa. Movimenti di vittime e familiari che instancabilmente urlano i nomi di chi è stato ucciso o sequestrato ingiustamente per chiederne giustizia, ottenere la verità e costruire le condizione affinché non riaccada più (no repetición). Un lavoro che viene arricchito dal portale Vivi – dando spazio alle biografie delle vittime innocenti delle mafie i cui 1011 nomi sono ricordati ogni 21 marzo nella Giornata della memoria e dell’impegno.
A questo elenco, quest’anno sono stati aggiunte le seguenti vittime:
Marielle Franco – 2018 Brazil
Josué Giraldo Cardona – 1996 Colombia
Victor Vargas Sinay – 2013 Guatemala
Gersain Cardona Martinez – 2009 Messico
Davide Casellato – 2005 Slovakia
Rhys Milford Jones – 2007 Liverpool, England
Engin Gunes – 2018 Marsiglia, Francia
Eunice – 2018 Bruxelles, Belgio
Kamelia Boncheva – 2012 Bulgaria
Viktoria Marinova – 2018 Bulgaria
Camilo Carlos Antonio Tobar – 2012, Ecuador
Abdellatif Mathlouthi – 2012, Tunisia
Mohamed Bassem Jeridi – 2012,Tunisia
Antonia Locatelli – 1992, Rwanda
Luc Nkulula – 2018, RD Congo
Dan Jeremeel Fernàndez – 2008, Messico
Luis Alberto Cardona Mejia – 1989, Colombia
Amparo del Carmen Tordecilla Trujillo – 1989, Colombia
Come ci scrive dal Guatemala Carlo Sansonetti, presidente dell’associazione partner ALAS, Sulla Strada, che ha proposto il nome del piccolo Victor – 10 anni, morto con la sua mamma mentre lavoravano a lume di candela nella costruzione di fuochi di artificio: “Perché ci sono vittime delle mafie che diventano doppiamente invisibili, in vita e, poi, anche in morte. Sono parte del ‘popolo’, non sono difensori di diritti e di giustizia perché non hanno mai saputo cosa voglia dire ‘diritto’ e hanno sempre vissuto sotto il giogo esistenziale dell’ingiustizia. La povertà estrema rompe i fili, tutti i fili, che sono connessione indispensabile fra gli esseri umani di una società... è all’oceano di famiglie estremamente povere che arrivano, come avvoltoi, i padroni delle marche più importanti dei fuochi artificiali e dei petardi in Guatemala (come in tutta l’America Latina). In questo modo gli alti costi delle misure di sicurezza sono completamente abbattuti dalla mancanza di qualsiasi sicurezza nella vita dei più poveri”.
Questa oggigiorno è una delle tante facce delle mafie contro cui ci battiamo!