La legge del mare
Ripartiamo dalle Nazioni Unite.
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) è un punto di riferimento del diritto internazionale.
I crimini di cui sono vittime i migranti, quando cercano di fuggire verso una vita dignitosa e con i diritti umani rispettati, non erano ancora una preoccupazione globale al momento della firma dell’Unclos e quindi le sue disposizioni devono essere riviste e adattate per far fronte a questa minaccia. Le nuove sfide riguardano la protezione dei diritti umani, i soccorsi, il trasporto sicuro e lo sbarco nei porti di scalo delle navi di soccorso, il rispetto della legge sui rifugiati e la lotta contro il traffico e la tratta di esseri umani causa di conflitti, terrorismo, persecuzione e disprezzo per le diversità etniche e culturali. L’Unclos ha regolato la salvaguardia della vita in mare e la lotta contro la schiavitù, in base agli articoli 3 e 4 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
I soccorsi dei migranti in mare rispettano un chiaro obbligo nei confronti della vita e dell’integrità delle persone che obbliga gli stati a ordinare una nave battente qualsiasi bandiera ad aiutare persone trovate in pericolo in mare e a prevenire e punire il trasporto di schiavi nelle navi autorizzate a battere bandiera nazionale. L’Unclos ordina che chiunque accolga rifugiati a bordo di una nave, qualunque sia la sua bandiera, sia ipso facto libero. Si apre un’area di riflessione su ciò che significa liberare un migrante clandestino per la realizzazione dei suoi diritti umani. Un’altra disposizione è quella del diritto di personale di navi da guerra di salire a bordo di navi di qualsiasi bandiera quando vi è un ragionevole motivo di sospettare che la nave sia impegnata anche nel commercio di schiavi. Le navi che trasportano migranti in condizioni pericolose potrebbero essere sospettate di attività legate alla schiavitù.
Criminalità organizzata
Passiamo alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale e ai relativi Protocolli. Il Protocollo contro il traffico di migranti per via terrestre, marittima e aerea stabilisce che con tratta di migranti “si intende l’acquisto, al fine di ottenere direttamente o indirettamente, un beneficio finanziario o di altro materiale, dell’ingresso illegale di una persona in uno stato membro, di cui la persona non è cittadino o residente permanente”. Il testo aggiunge che gli stati membri “coopereranno nella massima misura possibile per prevenire e reprimere il traffico di migranti via mare, in conformità con il diritto internazionale del mare”. Il protocollo contesta l’Unclos poiché introduce una serie di azioni aggiuntive che possono essere intraprese dagli stati nella lotta contro questo crimine. Ad esempio, uno stato membro che sospetti che una nave utilizzi la sua bandiera per il traffico di migranti, può chiedere l’aiuto di altri partner per impedire l’uso della nave a tale scopo. Il Protocollo consente a uno stato membro che sospetti di una nave che eserciti la libertà di navigazione ed esponga la bandiera di un altro stato membro, di avvisare quello stato e chiederne l’autorizzazione a intervenire con le necessarie contromisure.
Uno stato membro che adotta misure contro una nave è obbligato a garantire la sicurezza e il trattamento umano delle persone a bordo con azioni specifiche a proteggere le vittime del traffico. Qualsiasi misura adottata in mare ai sensi del protocollo Unclos può essere effettuata solo da navi da guerra o aerei militari o da altre navi o aeromobili chiaramente contrassegnati e identificabili come in servizio pubblico.
Infine, la tragedia dei migranti che cercano di attraversare il mare verso l’Europa dalla Libia, ha portato il Consiglio di sicurezza ad adottare una serie di risoluzioni che consentono un intervento più forte in mare. Il bombardamento del campo profughi nel paese africano e il recente annegamento di migranti in fuga che potrebbero aver provocato più di 150 vittime, ha portato le Nazioni Unite ad assicurare il sostegno alle operazioni di salvataggio effettuate dalle navi di organizzazioni umanitarie e a riavviare lo sforzo di salvataggio regionale europeo nel Mare Nostrum. L’Unhcr ha inoltre invitato i paesi terzi a consentire ai migranti di sbarcare e avviare l’iter per ottenere asilo o soggiorni temporanei al fine di evitare i numerosi rischi che dovrebbero affrontare se rimpatriati in Libia. L’appello di papa Francesco nel suo discorso all’Angelus del 28 luglio è stato in questa direzione.
Assistenza e vigilanza
Le risoluzioni sollecitano gli stati membri e le organizzazioni a fornire assistenza ai migranti e alle vittime della tratta di esseri umani recuperati in mare al largo delle coste della Libia conformemente al diritto internazionale. Chiedono agli stati membri e all’organizzazione regionale le cui navi e aeromobili navali operano in alto mare e nello spazio aereo di vigilare sul traffico di migranti e di tratta di esseri umani e dissuadere la loro prosecuzione in collaborazione con la Libia. Chiedono inoltre agli stati di ispezionare, come consentito dal diritto internazionale, al largo della costa della Libia, tutte le navi senza insegne, compresi gommoni, canotti e piccole barche, avendo ragionevoli motivi per ritenere che siano state, sono o saranno a brevissimo utilizzate dalle organizzazioni criminali organizzate per il contrabbando o traffico di esseri umani dalla Libia. Il Consiglio di Sicurezza, al fine di salvare le vite minacciate dei migranti e delle vittime della tratta di esseri umani a bordo di tali navi, ha deciso di autorizzare gli stati membri a ispezionare a largo delle coste libiche le navi sospettate di praticare il traffico di migranti o la tratta di esseri umani dalla Libia, in circostanze eccezionali e per periodi determinati, attraverso organizzazioni regionali impegnate nella lotta contro il traffico di migranti e di esseri umani. Il riferimento al diritto internazionale riserva chiaramente quest’autorizzazione alle navi o agli aeromobili della Marina.
La migrazione via mare, come tutti sappiamo, è uno scenario in cui queste tragedie si moltiplicano e in cui le organizzazioni criminali hanno trovato un’opzione redditizia per le loro entrate immorali. Ma l’obbligo di salvaguardia della vita e dell’integrità nei confronti delle persone in difficoltà in mare è stato vergognosamente dimenticato da molti e il tentativo dell’organizzazione internazionale di superare il mancato rispetto di tale obbligo da parte di alcuni paesi non solo è stato denunciato ma anche punito.
È giunto quindi il momento di iniziare a rivisitare il quadro del diritto internazionale del mare per promuovere l’obbligo di riconoscere i diritti umani in mare e per prevenire, reprimere e punire la violazione di tali diritti. Ciò è indispensabile nell’ambito di un nuovo schema che rafforzi i poteri della comunità mondiale per conto di quelle vittime di tanti crimini subiti nel tentativo di cercare una vita migliore mentre fuggono da crimini di cui sono vittime nei loro paesi di origine.
Si raccomanda, infine, di iniziare a rivedere alcune disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare al fine di rispondere con più efficacia alla tragica realtà del traffico di migranti e del mare, sulla base del protocollo contro il traffico di migranti vie terra, mare e aria e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.
Traduzione a cura di Alessandro Riggi