Un anno, da Locri a Cremona
Il cammino verso Cremona, per la prossima Marcia Nazionale per la Pace del 31 dicembre 2002, parte da lontano. Sgorga dalla salita che unisce Locri con la città medioevale di Gerace, perché è proprio in questo percorso che si è svolta l’ultima giornata. In salita, dalla cattedrale di Locri a quella millenaria di Gerace, con una folla di circa cinquemila persone. Abbiamo pregato, danzato e ascoltato racconti di perdono e di pace. Il tema era incisivo, anche per la nostra terra, la Locride, segnata dal sangue ma anche fortificata dal coraggio e dalla speranza della sua gente: il perdono unito alla giustizia, come le colonne che sostengono il grande arcobaleno della pace, in un triangolo inscindibile.
Un anno dopo, i cartelli che indicano la marcia per la pace, sull’antica strada, ci sono ancora. Ingialliti, ma curiosi, nella loro tenacia di esserci. Quasi a dirci che non si è trattato di una giornata, di una festa, di un’occasione, ma di una scelta che cammina ancora con noi. Tutti i giorni, nel cuore della comunità cristiana e nel cuore delle persone.
Per questo è bello ripercorrere, a rapidi tratti, la strada che unisce Locri a Cremona. Cioè la marcia dello scorso anno con quella di quest’anno.
Locri e Cremona sono due città distanti e molto, molto diverse. Eppure, in quest’occasione le unisce un filo rosso di coraggio e di speranza.
Lo snodo della giustizia
Erano stati raccolte delle offerte nella cattedrale, con una destinazione precisa: costituire una cooperativa di nomadi, per la raccolta del ferro e dei rifiuti ingombranti, con l’aiuto della Caritas. Ebbene, tenacemente voluta dalla direttrice Caritas e da tanti volontari, sostenuta dalla Pastorale del Lavoro, con l’impegno diretto del Vescovo, questo piccolo miracolo si è compiuto. E tutti sappiamo come non sia facile lavorare con gli zingari. Commovente vedere, dal notaio, quel giorno di maggio, questi amici che firmavano stentatamente, ma con ostinazione. Fatica ma dignità. Non elemosina, ma lavoro. Non accattonaggio, ma raccolta intelligente e organizzata.
La pace allora è giustizia, perché passa dal lavoro. E il Sud soffre di questo nodo non risolto. Cremona forse meno. Ma qui, nelle colline di Calabria, questo svincolo che porta alla giustizia come premessa alla pace è segnato dalla mafia che ricatta, dal contesto che scoraggia, dalla disoccupazione che incide dentro il cuore e rinchiude gli orizzonti della speranza. Ecco allora la continuazione delle iniziative di cooperazione agricola nei piccoli frutti, anche e soprattutto quando la mano malavitosa ha ferito e calpestato queste iniziative, alla fine di giugno. Un gesto vile e vandalico, che non ha fermato ma ha fatto riscoprire, in una sorta di provvidenziale trasformazione, nuove risorse e nuovo coraggio tra i giovani contadini colpiti. Quasi a dirci che anche dove la speranza è violata si può ricostruire e ricominciare.
Per la dignità di un popolo
Anzi, il ricostruire dona un vigore nuovo alla pace. E l’abbiamo constatato a Ramallah, visitata come delegazione di Pax Christi, nel maggio scorso. Giorni brevi ma intensissimi in Palestina, che hanno lasciato nel cuore una serie precisa di itinerari di pace. Nella delegazione erano presenti i Vescovi mons. Bettazzi e Bona, diversi sacerdoti e giovani, con l’unico desiderio di condividere un pezzetto di storia e di passione con il popolo palestinese ferito. Ma lo sguardo si è subito allargato, per la conoscenza diretta anche del mondo ebraico, tramite il dialogo con un gruppo aperto e compatto di Rabbini, i rabbini dei diritti umani, che ci hanno permesso di valutare la situazione da diversi punti di vita, per arrivare alla grande affermazione che attraversa le prospettive future: dare dignità di Stato al popolo Palestinese, per poter così dare sicurezza al popolo Ebraico. Due valori in uno. Due realtà inseparabili, come l’ordito e la trama. È questa l’unica strada che permetterà di risolvere un conflitto così complesso e rinchiuso su se stesso.
Un tema che tornerà prepotente nelle strade e nelle chiese di Cremona, con una virulenza sempre maggiore, purtroppo, proprio perché non si è stati capaci di impostare il problema come sopra indicato, cioè come da anni lo chiede il mondo cattolico, Vaticano in testa! Locri e Cremona in questo senso si fanno ancora più vicini. Perché la stessa preghiera fatta in quella notte, ripetuta da noi Vescovi sui vari luoghi di dolore, soprattutto a Ramallah, torneremo a elevarla al cielo, con rinnovato vigore nelle chiese di Cremona.
Riassumo tutto il mio dire in un’immagine. Mentre tornavo con l’aereo della EL AL, da Tel Aviv a Roma, nella prima mattinata di Giovedì 16 maggio, nella preghiera delle Lodi incrociavo il bel salmo 87 (86), “Sion madre di tutti i popoli”, che così canta: “Le sue fondamenta sono sui monti santi, il Signore ama le porte di Sion...ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia tutti là sono nati. Si dirà di Sion: “L’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo la tiene salda”....e danzando canteranno: Sono in te tutte le mie sorgenti!”.
Quell’immagine poetica mi ha stretto il cuore. È il grande sogno di Dio. Ma la realtà mi aveva reso triste: nell’aeroporto Ben Gurion, forse l’unico civile della Palestina, usato sia dagli Ebrei che dagli Arabi, non c’è una sola scritta in arabo. Solo ebraico e inglese. I due popoli, chiamati a danzare insieme, qui sono di fatto annullati in uno solo, che non vuole o ha paura a far spazio all’altro.
Una pedagogia di pace
Un augurio per Cremona: si possa cantare a più voci, con un ritmo che raccoglie tutti i popoli, del Nord e del Sud del mondo, ebrei e palestinesi, ricchi e poveri, residenti e immigrati, cattolici e evangelici.
Del resto, proprio dalla marcia della Pace di Gerace, è stato rilanciato nella nostra chiesa locale la spinta ecumenica, perché a Gerace c’è una chiesetta antica, san Giovannello, che quella sera abbiamo visitato, pregando intensamente, durante la Marcia. Una chiesa affidata alla Chiesa greco-ortodossa di Venezia. Piccola ed antica, è stata ed è luogo di preghiera perché la pace sia creata proprio dall’incontro tra le varie fedi cristiane. Un cammino ecumenico che ha trovato un rilancio nella nostra terra dopo il pellegrinaggio di S.S. Bartolomeo I° alle nostre Chiese calabresi e in quella di Locri-Gerace, nel marzo 2001.
Abbiamo restituito questa visita il 12 luglio scorso, al Fanar di Costantinopoli, città crogiolo di popoli e di colori, in una nazione ponte, come la Turchia, proiettata verso l’Asia ma insieme legata sempre più all’Europa. Luoghi come questi richiedono proprio una pedagogia di pace, che si impara dal confronto leale e rispettoso, dalla conoscenza storica delle ragioni dell’altro, fiduciosi per ogni volto incontrato nei suoi colori diversi. Allora si sapranno confrontare, in modo fecondo, Islam e Cristianesimo, per la crescita di tutti. È questo il grande nodo culturale di oggi.
Un impegno permanente
E tra Locri e Cremona, mi piace segnalare in questo cammino di formazione, una rubrica, l’angolo della responsabilità, semplice ma fedelmente seguita, sul nostro settimanale interdiocesano L’Avvenire di Calabria. Ha permesso di rilanciare i grandi temi di quella giornata della pace, di ricuperare tanti insegnamenti di don Giorgio Pratesi, nostro venerato maestro di Pace. La sua luce brilla sempre più, come ha brillato quella notte nelle Cattedrali della Locride. Come brillerà ancor più la luce di Don Primo Mazzolari. A Cremona risentiremo di certo, in quella notte, la sua voce vigorosa ed appassionata, lucida denuncia delle nostre pigrizie, che sono il vero ostacolo sul sentiero della pace.
La giornata di Cremona poi avrà un altro grande testimone, vero punto di riferimento, dal volto buono ma dal cuore profetico: Papa Giovanni, che ci riaffida la sua enciclica Pacem in terris, a 40 anni di distanza. Anni che l’hanno resa ancora più bella, più coraggiosa, più limpida.
La prossima Giornata sarà appunto l’occasione per rileggerla e rimeditarla. Eccone lo slogan mediatico: Pacem in terris: impegno permanente!
Basti una citazione, che unisce idealmente Locri a Cremona: “la pace rimane solo suono di parole se non è fondata su quell’ordine che il presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato ed integrato dalla carità, e posto in atto nella libertà!” (n. 89).
Buon cammino a tutti i fedeli marciatori, cui auguro la stessa mitezza di clima che ci ha avvolto a Gerace, lieti di ritrovarci insieme per pregare, danzare e costruire un futuro di pace,
* Vescovo di Locri-Gerace, Presidente Commissione Pastorale Sociale e del Lavoro della Cei