Cantare l'inquietudine
Ogni autore ha un frammento della sua opera che ne riassume il percorso, la vicenda; non in modo esaustivo ma secondo la logica della confessione di sé, dell'idea del raccontarsi.
Lindberg – Lettere da sopra la pioggia è una delle canzoni di Ivano Fossati che ho amato di più, proprio per questa capacità di raccontare una persona, prima ancora che una storia.
Scontato pensare che il cantautore genovese, qui, volesse raccontare la sua vicenda: e così facendo ci abbia dato modo di raccontare meglio la nostra.
La mia, di sicuro.
Scorrendo i suoi dischi, salta all'occhio l'originalità del suo percorso artistico, per ispirazioni e riferimenti: l'orecchio conferma quest'impressione, dicendoci che siamo di fronte a uno dei musicisti più dotati del panorama italiano.
Il suo album più recente è la registrazione di uno dei concerti dell'ultimo tour, totalmente acustico, cioè realizzato con l'amplificazione di strumenti
1981 – Panama e dintorni
1983 – Le città di frontiera
1984 – Ventilazione
1986 – 700 giorni
1988 – La pianta del tè
1990 – Discanto
1992 – Lindbergh – Lettere da sopra la pioggia
1993 – Dal vivo: volumi 1 e 2
1996 – Macramè
2000 – La disciplina della terra
2003 – Lampo viaggiatore
2004 – Dal vivo volume 3
La dimostrazione di una capacità di espressione musicale assoluta: un'abilità che va riconosciuta a Ivano anche sul piano dei contenuti, nella tessitura delle canzoni, che non può dimenticare, se vuol esprimere sapienza, spessore e sapore dei testi.
Stranieri come angeli
Proprio da questo suo ultimo lavoro è stata tratta la versione – appunto – acustica di una canzone pubblicata per la prima volta dieci anni fa, Mio fratello che guardi il mondo, che adesso dà carne a un'iniziativa di sostegno a Amnesty International, diffusa in prossimità di quel 10 dicembre che resta nel calendario, si spera senza appassire nell'interesse dei più, come memoria di quanto costi, in molti luoghi del mondo, lo scarso rispetto dei diritti essenziali degli esseri umani.
Una canzone importante per tutti coloro che hanno a cuore la vicenda di quelli che conoscono l'estraneità di un'altra terra, la fatica di altre lingue, altri panorami: chi ha memoria forse si ricorderà che Fossati la cantò qualche anno fa, da ospite, al festival di Sanremo.
Una canzone che parla di immigrazione, di lavoro, di dignità, che fu introdotta, in quella sede, da un versetto della Lettera agli Ebrei:
“In Italia, come altrove in Europa, l’opinione pubblica tende a identificare le persone che cercano riparo dalle violazioni dei diritti umani come portatrici di problemi. Invece sono persone che hanno problemi. La loro fuga è l’effetto, tragico ed evidente, del fallimento dell’azione della comunità internazionale nella tutela dei diritti umani”: così Marco Bertotto, presidente della sezione italiana di Amnesty.
La reazione della Lega Nord fu – come al solito – emblematica per rozzezza e stupidità.
Fossati ha nel suo repertorio molte canzoni che illustrano sensibilità per chi soffre, è escluso, si difende con la fantasia in un mondo difficile.
Sguardo di inquietudine
Nell'ultimo album, Lampo viaggiatore, Pane e coraggio, anch'essa dedicata al tema dell'immigrazione, si è meritato il premio di Amnesty International: ma già in Lusitania (da Discanto), la prospettiva dell'emigrante dice la necessità di leggere e interpretare la propria società con gli occhi (e lo stomaco) dell'ultimo arrivato, secondo un'elegia non banale di chi è costretto ad andarsene dal proprio Paese, un'epica del coraggio di chi è costretto a partirsene dal proprio mondo, colta nel momento in cui ci si affaccia su di un altro.
Nell'album che ha rappresentato il congedo artistico di quel grande autore che è stato Fabrizio De Andrè, Anime salve, scritto giustappunto con Fossati, Smisurata preghiera, tratta liberamente dall'opera narrativa e poetica di Alvaro Mutis, riassume la tensione a mettersi dalla parte dei sofferenti, i silenziati, i marginalizzati.
Tutto questo disco è tessuto di dolente sensibilità, come di malinconia che
E sì che l’Italia sembrava un sogno/ Steso per lungo ad asciugare/ Sembrava una donna fin troppo bella/ Che stesse lì per farsi amare/ Sembrava a tutti fin troppo bello/ Che stesse lì a farsi toccare
E noi cambiavamo molto in fretta/ Il nostro sogno in illusione/ Incoraggiati dalla bellezza/ Vista per televisione/ Disorientati dalla miseria/ E da un po’ di televisione
Pane e coraggio ci vogliono ancora/ Che questo mondo non è cambiato/ Pane e coraggio ci vogliono ancora/ Sembra che il tempo non sia passato/ Pane e coraggio commissario/ Che c’hai il cappello per comandare/ Pane e fortuna moglie mia/ Che reggi l’ombrello per riparare
Per riparare questi figli/ Dalle ondate del buio mare/ E le figlie dagli sguardi/ Che dovranno sopportare/ E le figlie dagli oltraggi/ Che dovranno sopportare.
Questo compito dovrebbe avere l'artista: inquietare a partire dall'osservazione, sia pur poetica, della realtà, del divenire di mondi e individui.
Un'inquietudine positiva, che muova domande difficili ed essenziali: perché è difficile vivere bene senza il coraggio della verità, senza la volontà di esprimere quel valore con cu si legge l'esistenza altrui (e quindi anche la propria).
Non è un caso se il live di Fossati si conclude con una splendida versione a sola voce de Il disertore di Boris Vian: affermare il valore della vita significa ricordare quanto è importante imparare a dire di no, quando la coscienza richiede prendersi responsabilità di quanto accade.