Cina

Fonte: Misna

Pechino ha deciso di tramutare in ergastolo la condanna a morte contro il monaco tibetano Tenzin Delek Rinpoche, detenuto in
Cina in relazione a un attentato dinamitardo commesso nell'aprile 2002. Lo riferisce l'agenzia 'Xinhua' (Nuova Cina), precisando che la decisione è stata presa dall'Alta corte del popolo della provincia di Sichuan, nel sudovest del Paese, perché
negli ultimi due anni Tenzin Delek Rinpoche (vero nome: A'an Zhaxi) ha mantenuto una buona condotta. Nato a Litang, nel Sichuan, nel 1950, Tenzin Delek è stato protagonista di battaglie ambientaliste, sociali e religiose nella sua provincia. Dal 1982 al 1987 visse in India, dove studiò sotto la supervisione del Dalai Lama, leader tibetano in esilio dal 1951 in territorio indiano. Dal suo maestro venne riconosciuto come 'tulka', ovvero lama reincarnato. Tornato in Cina nel 1987, Tenzin Delek fondò monasteri, ospedali, scuole e orfanotrofi ma i suoi rapporti con le autorità cinesi si guastarono nel 1993, quando si oppose ai tentativi di disboscamento attuati dal governo nelle aree tibetane. Arrestato nell'aprile 2002 con un altro monaco, Lobsang Dhondup, 28 anni, i due vennero accusati dell'attentato avvenuto agli inizi di quello stesso mese nella piazza principale di Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan. I due monaci furono entrambi condannati a morte il 2 dicembre 2002 ma il 26 gennaio 2003 la sentenza venne eseguita solo per Lobsang Dhondup; Tenzin Delek si vide sospendere la condanna per due anni. Le autorità spiegarono che, in caso di buona condotta, allo scadere di quel periodo di tempo la sentenza sarebbe stata tramutata in ergastolo, cosa che è effettivamente avvenuta. Alcuni osservatori rilevano che, per quanto il monaco sia riuscito a evitare la morte, la prospettiva di scontare il carcere a vita è comunque estremamente pesante, considerata la particolare durezza del regime carcerario locale; inoltre si ipotizza che le autorità di Pechino possano usare il provvedimento come strumento di propaganda per contrastare le accuse di violazioni dei diritti umani spesso formulate nei loro confronti dalla comunità internazionale.

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