Voto immigrato
Si allunga la lista dei comuni che lo consentono.
L’iniziativa del comune di Genova nelle parole del sindaco Pericu.
I Comuni di Venezia, Ragusa, Delia, Roma, Cesena, Firenze e Forlì. Le Province di Genova, Cremona e Reggio Emilia. O ancora le Regioni Sicilia ed Emilia Romagna.
È lunga la lista degli enti del governo territoriale impegnati a riconoscere agli stranieri non comunitari, regolarmente in Italia, il diritto di voto alle elezioni amministrative. Le forme e le modalità variano da realtà a realtà, ma gli amministratori locali percepiscono i cittadini immigrati come una risorsa per lo sviluppo sociale e democratico non certo come un problema.
L’autonomia dei comuni
Esemplare è, a questo proposito, l’iniziativa del Comune di Genova che la scorsa estate ha inserito nel proprio Statuto il diritto di voto nelle elezioni amministrative ai cittadini extracomunitari.
“Siamo convinti – ha dichiarato a Mosaico di pace il sindaco del capoluogo ligure, Giuseppe Pericu – che l’integrazione passi attraverso il
a) siano in possesso di carta di soggiorno;
b) abbiano risieduto legalmente e abitualmente in Italia nei cinque anni precedenti alle elezioni;
c) abbiano risieduto legalmente e abitualmente nel territorio comunale nei due anni precedenti alle elezioni.
La scelta del Comune di Genova ha, però, posto rilevanti questioni di carattere giuridico dal momento che non è per tutti pacifico che la materia del diritto di voto agli immigrati sia di competenza degli Enti locali. “Dal nostro punto di vista – replica Pericu – questa scelta è giuridicamente sostenibile in quanto nell’ordinamento italiano, dopo la riforma della Costituzione, i Comuni vengono indicati come l’espressione più vicina e più alta della comunità alla quale si riferiscono, capaci di interpretarne i bisogni e le istanze. Il valore degli statuti è stato in questo modo ‘costituzionalizzato’. D’altro canto su questo fronte gli Enti locali sono in prima linea: chi viene da Paesi lontani a lavorare nelle nostre città ha bisogno di un’abitazione, di assistenza sanitaria, di poter usufruire di servizi, di luoghi di aggregazione, di spazi per attività culturali e religiose”.
Solo il primo di tanti
Indubbiamente il gesto politico lanciato ha colpito nel segno. Molti altri Comuni hanno seguito l’esempio di Genova, magari senza spingersi fino al pieno riconoscimento dell’elettorato attivo e passivo nell’elezione di Sindaco e Consigli Comunali ma, più cautamente, consentendo il diritto di voto agli
extracomunitari nelle elezioni degli organi subcomunali (consigli di circoscrizione), nei referendum consultivi o in altre forme di partecipazione popolare come le elezioni speciali dei quattro “consiglieri aggiunti”, che si sono svolte a Roma lo scorso anno.
Eppure il Governo ha subito cercato di arginare questo proliferare di iniziative emanando una circolare che, attestandosi su posizioni molto restrittive, perentoriamente esclude la possibilità di consentire agli immigrati in Italia qualsiasi forma di partecipazione alla vita democratica delle città.
Questa posizione è stata però censurata dal Consiglio di Stato che, in una sua recente pronuncia, ha pienamente riconosciuto agli Enti locali la facoltà di inserire nei propri Statuti il diritto di voto agli extracomunitari, quanto meno per i consigli di circoscrizione e per i referendum consultivi.
Successivamente anche l’ANCI ha emesso una nota indirizzata a tutti i Sindaci con cui propone a questi ultimi “di considerare l’opportunità di modificare gli Statuti in modo da attribuire agli stranieri il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni comunali, a partire dai consigli circoscrizionali fino alle elezioni del consiglio comunale”.
A questo punto si attende solo che il Parlamento intervenga a disciplinare per legge la materia, prendendo atto di questa realtà e del sentimento, sempre più diffuso nel Paese, di chi ritiene sia giunto il momento di riconoscere agli extracomunitari i medesimi diritti di cittadinanza di chi ha avuto la fortuna di nascere in Italia.