POLITICA

Obiezione di un ottuagenario

Il degrado della politica. Il dissesto della Costituzione. Il rifiuto della guerra preventiva. La crisi della coscienza civile ma anche il silenzio della Chiesa. L'Italia vista con gli occhi di un padre che non ci sta, Oscar Luigi Scalfaro.

Paola Natalicchio

Oscar Luigi Scalfaro. Ha attraversato l'intera vita repubblicana, dall'Assemblea Costituente a tangentopoli, e oltre ancora. Oggi ha 86 anni e dopo aver ricoperto ogni sorta di carica di governo, compresa quella di Presidente della Repubblica, non è affatto stanco di occuparsi di politica. Siede ancora sui banchi del Senato, dai quali tuona ogni tanto discorsi che fanno tremare d'imbarazzo i colleghi più giovani (come quello contro la guerra in Iraq). E gira l'Italia in lungo e in largo a spiegare, con cortese intransigenza, che lui, allo sfacelo di questo Paese, proprio non ci sta.

Oscar Luigi Scalfaro, lei ha attraversato tutte le fasi politiche dell'Italia Repubblicana. Questa che stagione politica è?
Io sono solito dire che, avendo vissuto tutte le stagioni, da quella clandestina, quindi dall'8 settembre, fino a oggi, oggettivamente questa è la peggiore stagione politica. Due motivazioni. La prima è una carenza, per non dire un'assenza, di pensiero politico, perché si possono fare molte riforme, ma il pensiero dovrebbe essere qualcosa che precede l'azione. Quando l'azione precede il pensiero è un momento patologico. L'altra cosa molto delicata e grave è che c'è uno sgretolamento dei valori fondamentali, dei principi, dei punti di riferimento. Per esempio, sono giornate di grande entusiasmo per i risultati elettorali dell'Iraq. Tanta gente, pure col pericolo, è andata a votare. Io sono fra quelli che dicono che è un fatto grossissimo. Ho la sensazione che la maggior parte di loro sia andata a votare dicendo “finalmente ora decidiamo noi”. Questo è molto bello, ma credo che nessuno possa escludere il fatto che si è votato mentre c'è una guerra in corso, un'occupazione militare che condiziona fortissimamente la realtà. E quelli che dicono: “Dunque abbiamo fatto bene a fare la guerra, a mandare le truppe”, spostano totalmente l'impostazione. Dichiarare tutto lecito ciò che è avvenuto prima, è, sul piano giuridico e morale, una follia. Quindi abbiamo un'assenza di punti di riferimento.

Secondo lei qual è lo stato di salute della coscienza civile degli italiani? Ci stiamo rendendo conto della particolarità e della drammaticità, per certi versi, dell'attuale ciclo politico? E la Chiesa sta facendo abbastanza?
Ce ne stiamo rendendo conto parzialmente. Solo parzialmente. Con delle posizioni che non possono non preoccupare. Alla settimana sociale dei cattolici è intervenuto anche il cardinale di Milano, Tettamanzi, sulla democrazia in Italia. Ha detto che oggi ci sono due forze che premono: la telecrazia e la plutocrazia. Mi ha colpito molto, perché devo dire che il termine plutocrazia non lo avevo più sentito da quando lo usava Mussolini, ed ero un ragazzo allora. Queste parole avevano un riferimento piuttosto chiaro. Nella conclusione del suo intervento, il cardinale ha ribadito che non si può imporre un sistema di valori con la forza, perché ogni popolo ha il diritto di essere libero nella scelta. I giornali cattolici lo hanno totalmente censurato. E questo è indicativo della condizione di un certo mondo cattolico gerarchico. È una situazione da constatare. Non mi straccio le vesti, ma mi sembrerebbe sbagliato non sottolineare queste cose.

Insomma, i silenzi della Chiesa in questo momento politico pesano ancora di più degli altri?
Ci sono delle confusioni. Per stare a quella manifestazione, ricordo quando ha parlato il professor Casavola, che ha descritto la guerra come un fatto brutale, come criminalità. Non si era mai detto ufficialmente no alla guerra da parte del mondo cattolico. L'aveva detto il Papa; il mondo cattolico no, per non dar torto a chi governa oggi. Insomma, c'era un'attenuazione forte, per non dire un silenzio. Quando ha parlato Casavola quel pubblico selezionato di millecinquecento persone, è esploso. Significa che quella gente non è convinta di una certa linea dove pare la vogliano far camminare. In generale, comunque, quando in un Paese ci sono leggi che, anziché essere per la generalità dei cittadini, servono per uno, due o tre di loro, e per renderli diversi dagli altri (gli altri sono processati e tu no, ad esempio); quando uno che è stato ministro della Difesa, per rispondere di somme enormi che avrebbe ricevuto come avvocato, dice: “In fondo l'unica cosa che ho fatto è non averli denunziati al fisco”… allora siamo di fronte a un problema giuridico, ma anche morale. E il discorso è della morale universale, non cristiana o buddista. L'etica!

A proposito di etica, abbiamo parlato a lungo su queste pagine di guerre giuste e ingiuste. Il rifiuto della guerra ha a che fare con l'etica?
Ci sono state divisioni anche sulla guerra preventiva. C'è un editoriale del gennaio scorso su Civiltà cattolica in cui si dice che la guerra preventiva è contro il diritto internazionale, perché rende possibile il diritto di aggressione come legittima difesa, secondo la logica per cui “io attacco, altrimenti prima o poi vengo fatto fuori”. Beh, questa logica fu usata per primo da Erode, che in quanto a prevenzione fu un capostipite, perché ha fatto ammazzare tutti i bambini al di sotto dei due anni, per evitare che tra loro crescesse chi sarebbe potuto diventare re al suo posto! La guerra è stata un errore grave. La frase pronunciata dal Presidente del Consiglio quando era presidente degli Esteri fu: “Noi siamo amici di Bush e quindi siamo con Bush”. Io gli dissi: “Noi siamo amici dell'America, e quindi di Bush, e abbiamo il dovere di dirgli che sta sbagliando tutto”. È questo un rapporto di amicizia. Amicus Plato, sed magis amica veritas. Questo è stato detto non da un terziario dominicano o francescano dell'epoca, perché la frase certamente precede la nascita di Cristo. E so di non sapere fu detto da un certo Socrate, che non andava a messa tutti i giorni. Non era un seguace di San Francesco, perché quelle cose non c'erano ai suoi tempi. Però è una frase formidabile, perché il danno al mondo non lo fanno quelli che sanno, ma quelli che sanno di sapere.

Lei si è fatto promotore di una grossa Campagna in difesa dei valori della nostra Costituzione. Perché le riforme costituzionali in atto non vanno bene?
Io sono contro questa riforma perché è uno stravolgimento della Costituzione italiana. La nostra Costituzione ha messo in piedi uno Stato che è una repubblica democratica parlamentare. È parlamentare perché democrazia è governo di popolo. Il Parlamento, quindi, può mandare a casa il Governo e comunque lo segue nella sua strada, per criticarlo, per commentarne l'operato, per appoggiarlo. Questo rapporto oggi è ammazzato, perché il Presidente, che sceglie i ministri, si presenta in Parlamento e presenta un programma ma il Parlamento non può dargli un voto di fiducia o sfiducia. Allora si scardina l'impostazione di fondo del rapporto Parlamento/Governo. Poi dovrebbe esserci un capo dello Stato che sia garante e abbia dei poteri. Quello più forte è lo scioglimento del Parlamento. Di colpo, questo potere passa al Primo Ministro. Attenzione, non passa nemmeno al Governo, ma al Primo Ministro. Lo scioglimento avviene per decreto del capo dello Stato, ma è una forma farisaica, perché il Primo Ministro ne è l'esclusivo responsabile. Quindi è un dictat. Il Capo dello Stato firma come potrebbe firmare un commesso, una marionetta: sotto dettatura. Se questo diventa Carta Costituzionale, i cittadini che vanno a votare scelgono delle persone che non sono libere e che hanno la spada di Damocle del capo dell'Esecutivo, che non è nemmeno più legato al Parlamento. Sessant'anni fa c'era la dittatura. Sessant'anni nella vita di un popolo sono nulla. Si è già dimenticato che cosa è avvenuto con uno che aveva tutti i poteri? Dico solo, teniamoci pronti ad andare al referendum e a preoccuparci che il voto sia consapevole e quindi davvero responsabile.

Che indicazione si sente di dare a chi voglia concretamente opporsi a come stanno andando le cose nel nostro Paese?
Non gettare mai la spugna. La gente talvolta sembra avere l'impressione di una battaglia già persa. Eppure le battaglie sui principi bisogna continuare farle, senza discussioni teoriche ma coi piedi per terra. Non c'è dubbio che avere in mano tutti i mezzi di comunicazione consente di riempire la testa alle persone, ad esempio sulla riduzione delle tasse. Certo è che in questo momento si stanno agevolando le classi agiate senza provvedere anzitutto alle classi disagiate. Quante sono le famiglie che oggi non riescono a coprire con il loro introito i trenta giorni del mese? Questo numero è aumentato. Non è un fatto da poco.

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