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Ricerca per la pace e lotta al terrorismo

Inaugurato a Firenze il corso di laurea triennale per "Operatori per la Pace"
Alberto L'Abate

Il 15 gennaio scorso, nel prestigioso Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, Johan Galtung ha tenuto la lezione inaugurale del II anno Accademico del corso di laurea in “Operatori per la Pace”. Galtung, uno dei più noti ricercatori per la pace del mondo, è autore del primo manuale delle Nazioni Unite per la trasformazione nonviolenta dei conflitti, e direttore di Transcend, una organizzazione che riunisce i più importanti ricercatori e operatori per la pace internazionali. Galtung ha sviluppato il tema Ricerca per la pace e lotta al terrorismo.
La sua tesi è che per gli studiosi e i ricercatori per la pace l’11 settembre 2001 non è stato un fatto inatteso,


Il corso di laurea in “Operatori per la Pace”, promosso dalle Facoltà di Scienze Politiche e di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze, si articola in un unico curriculum e ha la durata di 3 anni.
Secondo i proponenti, “i laureati di questo corso di laurea svolgeranno attività professionali nella pubblica amministrazione, nelle organizzazioni non governative e del terzo settore, nelle istituzioni educative, nel sistema della cooperazione sociale e culturale e in particolare nelle organizzazioni internazionali” con attività lavorative del tipo “mediatori dei conflitti, operatori della cooperazione alla pace, esperti per la progettazione ed il monitoraggio di interventi per la prevenzione e la trasformazione nonviolenta dei conflitti, esperti al coordinamento di attività nell’ambito degli interventi di cooperazione alla pace, operatori dei Centri di Ricerca per la Pace, di Centri per la Mitigazione, la Mediazione e la Trasformazione e Risoluzione nonviolenta dei conflitti, formatori di formatori alla educazione alla pace, alla nonviolenza, e allo sviluppo umano, sociale ed economico”.

Per informazioni:
http://www.scpol.unifi.it/
e
http://www.scform.unifi.it/scform/default.htm
se non per il metodo usato. Infatti il terrorismo, cui Galtung assimila anche certi metodi di lotta utilizzati da molti Stati, è passato dall’uso delle “bombe ma senza aerei”, agli “aerei con bombe”, infine all’uso, in quella circostanza, degli “aerei come bombe”. Ma sui fatti dell’11 settembre Galtung ha sostenuto che la meraviglia è stata semmai quella che non siano avvenuti prima. Egli, infatti, facendo riferimento agli studi di alcuni ricercatori statunitensi, fa notare come gli Stati Uniti siano stati impegnati, dal 1945 a oggi, in 67 conflitti globali.
Calcoli di dissidenti della CIA danno a 6 milioni i morti per operazioni segrete americane dopo la seconda guerra mondiale. Altri 6 milioni di morti (soprattutto in Corea, Vietnam, ed Indonesia, nell’Asia Orientale) sarebbero il risultato della violenza diretta, aperta, e molto maggiori (circa 100.000 al giorno) quelli dovuti alla violenza strutturale (a causa della miseria e malnutrizione derivanti dalla monetizzazione di tutta l’economia nel mondo, e all’impoverimento dei ceti marginali a questa collegata).Secondo Galtung tutti questi morti hanno accumulato una dose elevatissima di odio verso gli USA che prima o poi avrebbe dovuto esplodere, come è avvenuto nei fatti dell’11 settembre.
Quanto alla guerra contro l’Iraq, egli parla di almeno due ordini di cause reali concomitanti. Il primo, il carattere manicheo (tutto il bene da una parte e tutto il male dall’altra) dei due fondamentalismi che si confrontano in questa cosiddetta guerra al terrorismo, da una parte quello cristiano-ebraico di Bush e Sharon, dall’altra quello islamico, in particolare della setta wahhabita. Il secondo, la ricerca del controllo, diretto o indiretto, delle fonti del petrolio di tutto il Medio Oriente.
E Galtung conclude il suo intervento sulla guerra contro l’Iraq, che lui ritiene molto probabile anche senza che si siano trovate prove reali di quanto viene contestato a questo Paese, proponendo, in tal caso, di organizzare una resistenza nonviolenta con il boicottaggio dei prodotti statunitensi, in particolare delle compagnie petrolifere da questi controllate, e aumentando il numero di scudi umani in quel Paese.
E propone che l’Europa faccia la richiesta di una Conferenza dell’ONU, a cui gli USA partecipino solo come osservatori, per trattare i problemi di tutto il Medio Oriente che sono alla base di questo conflitto, compreso il rapporto tra Israele e Palestina.

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