Dossier

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Un impegno permanente
A cura di Gianni Novelli e Antonio Thiery

Stati Uniti e Unione Sovietica a metà dell’ottobre 1962 erano arrivati a un soffio dallo scatenamento di una guerra atomica per la crisi dei missili con testata nucleare a Cuba. Dal Vaticano un Papa ottantaduenne aveva osato l’impossibile e si era rivolto direttamente ai Capi delle due superpotenze: “Con la mano sulla coscienza ascoltate il grido angoscioso che da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti ai vecchi, dalle persone alle comunità, sale verso i cielo: pace! pace! Noi rinnoviamo oggi questa solenne invocazione”.
Quell’appello aveva prodotto il miracolo; non solo le navi sovietiche invertivano la rotta, ma iniziava una stagione di dialogo e disgelo tra le due superpotenze. Il Papa ne fu profondamente commosso e decise di spendere le sue energie (sapeva che gliene restavano poche) alla preparazione di un solenne documento sul dovere di costruire la pace. Si circondò di collaboratori fedeli e illuminati. Ascoltò e discusse con critici e oppositori.
L’11 aprile 1963, giovedì santo, firmò la sua enciclica “sul dovere di costruire la pace per tutti i popoli nella verità, nella giustizia, nella carità e nella libertà”. Due mesi dopo si spegneva: “Offro la mia vita per la pace nel mondo”. Sono passati quarant’anni da quell’addio. In questo numero di Mosaico di pace abbiamo voluto riproporre, in allegato, il testo integrale dell’enciclica e, nel dossier, alcuni contributi che la fanno comprendere meglio e ne facilitano l’attualizzazione.
Giorni fa una professoressa romana, dopo aver letto la Pacem in terris, diceva: “È formidabile, è modernissima, sembra un documento scritto dai noglobal!”. Questa enciclica fu subito definita da Giorgio La Pira (che era stato tra i principali ispiratori, e del quale riportiamo una presentazione) ‘il manifesto per un mondo nuovo’.
Crediamo che non sia da nostalgici rifarsi a essa per continuare a costruire oggi percorsi di educazione alla pace.

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