Caccia aperta tutto l’anno
Centocinquanta giornalisti e operatori dei media uccisi nel corso del 2005: un record. È il frutto della “cultura della negligenza e dell’indifferenza” che circonda gli omicidi e che rende la professione giornalistica più pericolosa che mai.
È la denuncia che la IFJ (Federazione Internazionale dei Giornalisti, che rappresenta oltre mezzo milione di giornalisti in più di 110 Paesi) ha lanciato il 23 gennaio scorso nel presentare il rapporto 2005 sui giornalisti divenuti “bersaglio” o vittime della violenza omicida. Il Segretario generale della FIJ, Aidan White, ha colto l’occasione per criticare i governi che non prendono sul serio questi casi. “In più del 90% dei casi” ha detto “scarse indagini sono effettuate dalle autorità e solo una minoranza di killer sono assicurati alla giustizia”. Il tutto per un intreccio di “corruzione nella polizia, d’incompetenza del mondo giudiziario e d’indifferenza politica che fa sì che la caccia ai giornalisti e agli altri lavoratori del settore sia aperta tutto l’anno”. White ha anche denunciato come scandalosi i casi di immunità
accordata agli assassini di giornalisti.
Ma White ne ha anche per i governi democratici, colpevoli anch’essi di chiudere gli occhi sulla crisi causata dalla violenza nei confronti dei media: “In Iraq, dove gli operatori dei media osano a mala pena camminare in strada, ci sono 18 casi di omicidi irrisolti di giornalisti da parte di soldati USA. Giustizia vorrebbe che fossero condotte indagini appropriate. In caso contrario, il sospetto che i giornalisti siano ormai bersaglio dei militari non diminuirà”. Il rapporto della FIJ stima che 89 dei giornalisti e lavoratori dei media morti nell’esercizio della loro professione siano stati assassinati senza pietà da sicari politici o criminali, mentre altri 61 sono morti a causa di disastri intervenuti nella loro missione, come nel caso di 48 vittime a Teheran di un incidente aereo.
La FIJ ha in programma di organizzare manifestazioni in varie parti del mondo il prossimo 8 aprile per richiamare l’attenzione sul tema dell’impunità. La data sceltà è quella dell’anniversario dell’attacco degli Stati Uniti all’Hotel Palestine a Bagdad, durante il quale due giornalisti, Taras Protsyuk della Reuters e José Couso, della spagnola Telecinco, rimasero uccisi. Un altro reporter, Tareq Ayyoub, morì lo stesso giorno nel bombardamento USA agli uffici di Al Jazeera sempre nella capitale irachena.
Il rapporto di quest’anno rende anche conto del programma di solidarietà e aiuto della Federazione. Un appello speciale lanciato agli inizi del 2005 all’indomani del disastro dello tsunami di fine 2004 (che causò la morte o la scomparsa di circa 89 giornalisti e operatori dei media) ha permesso di raccogliere più di 100.000 euro in 25 Paesi. Con essi, sono stati effettuati aiuti ai parenti delle vittime del maremoto, così come alle vittime del terremoto in Pakistan, nel quale sono morti anche 3 giornalisti. “In questo modo” conclude White “dimostriamo il volto della solidarietà tra giornalisti in un’epoca in cui i lavoratori dei media conoscono più rischi che in passato”.