ASSOCIAZIONI

I miei primi quarant’anni

Compie quarant’anni lo storico Gruppo Abele. Come essere in strada e fare cultura in modo nuovo. E intelligente.
Tonio Dell’Olio

Lo scorso dicembre, in occasione del quarantesimo di fondazione del Gruppo Abele, in tanti hanno scritto e posto in evidenza aspetti, contributi e iniziative proposte e realizzate. Il fatto che spesso ad essere evidenziate fossero le questioni più vicine alle sensibilità e alle competenze di chi scriveva… la dice lunga sul ventaglio di fronti in cui il Gruppo Abele è impegnato. In questa pagina mi preme definire una sorta di tributo a chi, in questi suoi “primi quarant’anni”, ha contribuito in modo determinante a far crescere nel nostro Paese una cultura della solidarietà intelligente, critica e politica.
Intelligente perché è stata capace di non cedere mai all’approssimazione e allo spontaneismo, creando strutture e metodi che frequentemente hanno rappresentato una vera e propria scuola. Sono infatti molte le proposte del Gruppo nella direzione della formazione di un volontariato consapevole e di una competenza dell’intervento sociale. Chi potrebbe dimenticare l’Università della Strada o l’intuizione degli operatori grezzi per giungere alla più recente Fabbrica delle “e” o della stessa Casa editrice?
In queste iniziative e in mille altre ancora il Gruppo Abele ha mostrato che è possibile essere presenti nel sociale producendo riflessioni e non solo servizi e assistenza. Soprattutto ha dimostrato che creare cultura della solidarietà è importante almeno quanto metterla in atto. In secondo luogo il Gruppo Abele non ha mai smarrito la propria capacità critica rispetto alle Gruppo Abele questioni di cui si è fatto carico. Dalle droghe all’omo sessualità, dalla tratta di esseri umani all’AIDS, dal disagio legato ai modelli familiari alla mediazione nei conflitti…è stato importante rilevare e denunciare le cause ultime delle forme di devianza e delle fatiche. Si è evitato insomma l’intervento settoriale asettico per coinvolgere sempre il contesto che provoca il disagio.
Infine la dimensione politica della solidarietà. Perché le cause possono essere rimosse alla radice e, in questa operazione, un contributo essenziale può fornirlo la politica e il pensare in termini politici. È il ragionare sui perché per denunciarli e rimuoverli. Facile immaginare che l’accusa più frequente dei detrattori delle attività del Gruppo sia di “far politica”. Ma Luigi Ciotti, fondatore e animatore infaticabile, ama rispondere così: “La politica è innanzitutto attenzione al bene comune, servizio alla città e al territorio, pertanto tutti sono chiamati, in tal senso, a fare politica. Qualcuno ha sostenuto che siamo di parte, e probabilmente non ha torto: siamo di parte nel senso che cerchiamo di stare da una parte sola. Dalla parte dei diritti, della giustizia e degli ultimi”. In tutti questi anni l’esperienza del Gruppo torinese è stata molto simile a quegli indiani che, scendendo da cavallo, ponevano l’orecchio sulla terra per anticipare ciò che stava per sopraggiungere.
E questo è stato primariamente un ruolo culturale di servizio a tutto il Paese a partire sempre dagli ultimi della classe. E se la cultura e la pratica dell’accoglienza possono essere considerate il filo conduttore della vita del Gruppo Abele, non c’è da meravigliarsi che oggi crescano come petali i settori della cultura e del lavoro, della cooperazione internazionale e della riflessione/spiritualità. Insomma quella che poteva essere considerata un’intuizione di servizio rivolta ai poveri generati dalla società del benessere, oggi è cresciuta ma non come una holding della carità, semmai come la capacità di fornire risposte nuove a situazioni e disagi prima inesistenti. E prima ancor che fornire risposte, gli operatori del Gruppo Abele sono stati abilissimi e attenti a porsi in ascolto. Pur nella crescita dei settori, la grande capacità è stata quella di non distrarsi mai dalle storie e dai volti, dalle persone con tanto di carne e di piaghe.
Per concludere: se questo è il bilancio dei “primi quarant’anni” cosa ci si deve aspettare per il futuro di questa preziosa espressione della società civile italiana? A spiegarcelo è ancora don Luigi Ciotti: “ Le realtà che operano nell’ambito del disagio, della pace e dell’ambiente hanno oggi una responsabilità gravosa. O riusciremo con lucidità a misurarci con le trasformazioni della società e a qualificarci come soggetti capaci di proposta politica, oppure ci candideremo a essere quella rete, a prevalente carattere assistenziale, che sarà sempre più chiamata a supplire la crisi dello Stato sociale, offrendo servizi a minor costo”.

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