CHIAVE D’ACCESSO

"Manuale minimo” per l’ufficio stampa

Perché il movimento pacifista è “invisibile” nella sua attività quotidiana?
Una piattaforma di riflessione per aumentare la competenza comunicativa.
Alessandro Marescotti

Il rapporto fra i giornalisti e i gruppi pacifisti non è dei migliori. Ci si lamenta (e spesso a ragione) che i media locali e nazionali “ignorano” i pacifisti. Qui non tratteremo della malafede. Cercheremo invece di vedere come si possono migliorare i comunicati stampa. Ci baseremo su alcune indicazioni di Giuliana Ledovi, esperta di uffici stampa. Il tutto frullato e mescolato con l’esperienza del pacifismo. Che ne verrà fuori? Ecco dunque venti consigli di base. I primi cinque riguardano le informazioni da scegliere: esse possono diventare notizie.
1) Avere il senso della notizia e della “notiziabilità” dell’informazione.
2) Curare la qualità e l’attendibilità dell’informazione.
3) Capire la domanda di notizie. Mettersi dall’altra parte e partire dai bisogni informativi del giornalista e del lettore, non da quelli comunicativi della propria organizzazione.
4) Essere capaci di indagini molto approfondite (usare i motori di ricerca), contestualizzarle rispetto al tempo e al luogo (regola essenziale della “notiziabilità”) e offrirle ai giornalisti: apprezzano molto chi fa risparmiare tempo.
5) Avere il senso del ritmo e della tempestività.
Ma non basta. La preparazione di un “comunicatore” deve essere studiata nei particolari. Ed ecco allora altri cinque consigli che chiamano in causa direttamente la relazionalità di chi si offre come fonte di notizie.
6) Essere collaborativi con le fonti giornalistiche.
7) Essere una fonte informata e mostrarsi competenti.
8) Essere onesti e non dire bugie.
9) Essere oggettivi e documentati.
10) Essere in grado di comprendere gli “stereotipi” sul pacifismo, capovolgendoli e offrendo un’informazione migliore e più attendibile di quella “ufficiale”. Ma non è tutto. Occorre infatti costruire un nostro “archivio” informativo che “faccia gola” al giornalista. Da ciò discendono le seguenti indicazioni.
11) Avere la propria scorta di informazioni, da aggiornare e arricchire sia per quantità sia per qualità.
12) Trasferire sul web la propria scorta di informazione.
13) Fare del proprio sito web uno strumento di servizio per i giornalisti, magari collegandoci una mailing list (essenziale e non ridondante) a loro dedicata.
14) Essere prossimi, accessibili e affidabili, con un archivio di contatti che possa interessare i giornalisti (importantissimo: riversare tutti i propri con tatti su un palmare o un cellulare-palmare e sincronizzarli con il computer).
15) Essere capaci di anticipare e prevedere le richieste dei giornalisti.
Alla “forma” della comunicazione abbiamo dedicato gli ultimi cinque consigli.
16) Essere attivi e creativi.
17) Saper trovare delle “storie” che “narrino” e incarnino il messaggio che si intende comunicare.
18) Saper tirare fuori la “miniera nascosta”; vi sono informazioni che non ci si accorge di possedere o che si danno per scontate ma che possono essere una “scoperta” per la grande maggioranza dei lettori.
19) Capire ciò che “merita” di essere comunicato distinguendolo da ciò che si vuole comunicare solo per esigenze di visibilità.
20) Capire come interessare il lettore mettendosi dal punto di vista di chi non è pacifista.
Sono venti consigli molto stringati, una sorta di “manuale minimo”: chi volesse un approfondimento dia un’occhiata alla “Guida alla comunicazione pacifista” che su http://italy.peacelink.org/peacelink stiamo costruendo e che offre qualche dettaglio operativo in più rispetto a quanto abbiamo sintetizzato. Infine è bene sapere che è fallimentare ripetere due volte un comunicato sullo stesso argomento: bisogna reinventare la “notiziabilità” del nuovo comunicato evidenziando l’elemento di novità. E se il giornalista scrive qualcosa che non gradiamo? Lamentiamoci solo in caso di imprecisioni gravi o di malafede. L’obiettivo è un articolo corretto, non favorevole.

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