La vergogna della guerra e il nuovo impero
Quando il Papa dice che “la guerra è stata ripudiata, prima che dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla coscienza di una gran parte dell’umanità, salva la liceità della difesa contro l’aggressore”, dice chiaramente che l’umanità è contro questa vergogna.
Si era voluta far passare l’idea che la guerra non fosse contro un popolo, ma contro un regime, ed anzi che si riducesse a una caccia a Saddam: era lui che doveva morire. Può darsi che ci riusciranno, ma intanto il regicidio è stato avvolto in un genocidio; e quella che in realtà è in corso non è la guerra dell’America contro un regime, ma piuttosto la guerra di un regime governante l’America contro l’Iraq, che si difende come fa ogni Paese aggredito ed invaso, quale che sia il suo regime. L’America stessa non si riconosce nella guerra a cui il suo governo l’ha portata; è possibile che con la “vittoria” la maggioranza dell’opinione pubblica si ricompatti attorno alla Casa Bianca; ma i giorni del conflitto hanno mostrato al comando un gruppo di potere che sembra non avere niente in comune con l’America che amavamo e che siamo abituati a conoscere.
Al vertice del potere americano abbiamo visto insediata una setta invasata, intrisa di pensiero apocalittico, che parla di un “nuovo secolo americano” e con un diluvio di fuoco vuole liberare l’Iraq da Saddam e poi “liberare il mondo dal male”. È una cosa nuova anche per l’America, e non basta l’11 settembre a spiegarla. Il fatto è che è venuta allo scoperto e ha preso il potere negli Stati Uniti una nuova destra radicale, diversa dall’altra destra americana, illuminista e laica, che si è alternata al potere con il partito democratico nel corso del XX secolo, il cui emblema si poteva considerare Kissinger, per il quale la cosa da fare era “la diplomazia della restaurazione”. Si trattava di una visione regressiva, ma comportava un certo multilateralismo, aveva bisogno della NATO e accettava il ruolo del diritto internazionale e delle Nazioni Unite.
La nuova destra, che ha trovato nel giovane Bush il suo strumento e la sua maschera, ha spostato ancora più indietro le lancette dell'orologio. Sorprendentemente nel documento sulla nuova strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, pubblicato nel settembre scorso, Bush ha affermato che per la prima volta il mondo si trovava in una situazione favorevole quale non si era mai data dal XVII secolo, al sorgere degli Stati-nazione. Il modello non è più dunque la Santa Alleanza ottocentesca, il modello è il secolo nel quale l’isola inglese, voltando le spalle all’Europa, aveva preso il mare per fondare l’Impero britannico. È di quell’Impero che gli Stati Uniti ora raccolgono l’eredità: ma questa volta un Impero veramente planetario ed americano; la formula ufficialmente enunciata è che gli Stati Uniti non devono avere – e le loro Forze armate non permetteranno che abbiano – alcuna Potenza non solo superiore a loro, ma neanche eguale a loro.
Il “Progetto per il XXI secolo americano”, lanciato nel 1997 da molti che sono oggi tra i più influenti esponenti dell’Amministrazione Bush era questo; e molte proposizioni che erano contenute nel documento programmatico di questa Associazione del settembre 2000, prima delle elezioni presidenziali, si ritrovano ora trasfuse nel documento di Bush del settembre 2002 sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti: sicurezza che di fatto viene fatta coincidere col dominio sul mondo. È il documento in cui viene teorizzata la solitudine americana: se gli altri non ci stanno, vi si dice più volte, gli Stati Uniti faranno da soli. L’Impero impone di schierarsi: come ha detto Bush, o con noi o contro di noi. La Chiesa conosce gli Imperi, e tutto vuole tranne che avere a che fare con un Impero puritano modello 2000.
L’Impero di cui gli Stati Uniti vanno a piantare le basi nella fatidica terra tra i due fiumi, fa saltare gli equilibri della globalizzazione, i ricchi non stanno più tutti dalla stessa parte, l’Europa è accerchiata e dovrà scegliere ora, finalmente, che cosa vuol essere. La storia si riapre. Negli stessi Stati Uniti si riaprirà la partita sul ruolo mondiale dell’America, la cultura delle sette non è in grado di governare il mondo, anche se è in grado di combatterlo. Le speranze non sono spente: sopra i fiumi di Babilonia, alle fronde dei salici non lasciamo appese le nostre cetre, a oscillare lievi al triste vento.
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