DIRITTO

Quale Europa nel nuovo ordine mondiale?

Le norme e i principi fondativi dell’Unione Europea,
ma anche le relazioni con le altre aree del pianeta.
Può nascere una vera politica estera comune?
Marco Mascia

L’Unione Europea (UE), in questo momento di grandi e profonde trasformazioni strutturali del sistema della politica internazionale, non ha (ancora) un progetto organico, una visione unitaria, di ordine mondiale. Si può però intravedere una molteplicità di tasselli fra loro sinergici che, se organicamente messi insieme, potrebbero delineare una strategia di ordine mondiale. Il primo di questi è sicuramente rappresentato dall’<>articolo 6 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) in base al quale l’UE fonda le proprie istituzioni e politiche sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, stato di diritto, nonché sui diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il rilievo politico di questa norma, introdotta nel 1997 con il Trattato di Amsterdam, è di tutta evidenza se si considera che l’UE partecipa sempre più dei caratteri della statalità (cittadinanza europea, istituzioni sopranazionali che governano, adottano leggi, emanano sentenze, moneta unica, parlamento eletto a suffragio universale, ecc.) e che nel sistema dell’UE si decide molto – sempre di più – e con vincoli immediati nei confronti dei cittadini.

Verso una politica estera comune?
Il contenuto dell’articolo 6 è stato ulteriormente arricchito e ampliato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, che può essere considerata la prima parte della Costituzione europea. Un secondo tassello è costituito dall’articolo 11 del TUE, contenente principi e obiettivi della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) . Tra gli obiettivi troviamo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite, dell’Atto finale di Helsinki e della Carta di Parigi per una nuova Europa; la promozione della cooperazione internazionale; lo sviluppo e il consolidamento della democrazia e dello stato di diritto, nonché il rispetto dei diritti umani. L’UE dunque riconosce la centralità dell’ONU, in quanto autorità sopraordinata per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e ne fa propri i principi ispiratori, tra i quali ricordiamo il divieto dell’uso della forza, l’obbligo della soluzione pacifica delle controversie internazionali, la cooperazione internazionale, il rispetto dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli. L’UE inoltre condivide gli strumenti del sistema di sicurezza collettiva che l’ONU è statutariamente deputata a gestire e che si articolano in due aree di operatività: quella della composizione pacifica, ovvero negoziale, delle controversie (Cap. VI) e quella della risoluzione delle medesime con l’impiego di misure coercitive, anche militari (Cap. VII). Il richiamo a tali principi è puntualmente ribadito nelle “Conclusioni” della Presidenza del Consiglio europeo di Göteborg con riferimento alla (ancora embrionale) Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD) : “Lo sviluppo della PESD rafforza la capacità dell’Unione di contribuire alla sicurezza e alla pace internazionali conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L’Unione europea riconosce al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”. Oltre alle disposizioni del TUE sulla politica estera e di sicurezza, si devono richiamare anche quelle contenute nel Trattato CE (TCE) relative alla cooperazione allo sviluppo e alla tutela dell’ambiente. L’art. 177 dedicato alla cooperazione allo sviluppo afferma che “la politica della Comunità nel settore della cooperazione allo sviluppo favorisce lo sviluppo economico e sociale sostenibile dei PVS, la lotta contro la povertà, lo sviluppo e il consolidamento della democrazia e dello stato di diritto, il rispetto dei diritti umani” e che la Comunità e gli Stati membri “rispettano gli impegni e tengono conto degli obiettivi riconosciuti nel quadro delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali”. Significativo è anche l’art. 174 del TCE, che richiama, tra gli obiettivi della Comunità, quello di “promuovere sul piano internazionale misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale”. Un altro tassello della visione europea dell’ordine mondiale è contenuto nella Convenzione di Cotonou, che regola i rapporti tra l’Unione Europea e i Paesi cosiddetti ACP (Africa, Caraibi e Pacifico). In questa Convenzione un intero capitolo è dedicato ai diritti umani e al ruolo della società civile. Un principio importante enunciato nella convenzione di Cotonou è quello dell’interdipendenza e dell’indivisibilità di tutti i diritti umani: civili, politici, economici, sociali, culturali, individuali e collettivi. Principio che tuttavia non troviamo enunciato negli articoli del TUE relativi alla politica estera e di sicurezza comune e che sarebbe opportuno esplicitare anche per questo settore della politica europea.

Nel cuore del Mediterraneo
Un altro importante tassello sono i cosiddetti “accordi di associazione” con i Paesi terzi. Tra questi si segnalano quelli con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Nel 1995, sotto la presidenza spagnola dell’UE, è stata adottata la Dichiarazione di Barcellona e avviato il cosiddetto partnerariato euromediterraneo. La Dichiarazione di Barcellona è molto simile nella sua struttura all’Atto Finale di Helsinki in quanto si articola in tre cesti o canestri: il dialogo politico, la dimensione umana e la cooperazione economica e finanziaria. A questi cesti corrispondono altrettanti obiettivi: costruire una zona di pace e di stabilità fondata sui principi di rispetto dei diritti umani, democrazia e stato di diritto, nonché sui principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani; creare una zona di libero scambio euromediterranea che, nel lungo periodo, dovrebbe portare alla creazione di un mercato comune; promuovere la collaborazione nei settori sociale, culturale e delle relazioni umane così da favorire nella regione un processo di democratic institution building ovvero di costituzione e sviluppo di istituzioni democratiche e di organizzazioni di società civile. Ma l’obiettivo prioritario del partnerariato con i 12 Paesi della sponda sud del Mediterraneo è quello di dar vita a una vera e propria Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza nel Mediterraneo. Si noti, a tal riguardo, che tra i 12 Paesi della sponda sud, ci sono anche Israele, Siria e Palestina: è quindi un contesto diplomatico che può rivelarsi fecondo anche e soprattutto per il ruolo che l’UE può e deve giocare per favorire il processo di pace in Medioriente. La struttura e i contenuti della Dichiarazione di Barcellona del 1995 rispondono puntualmente ai requisiti della human security, come successivamente ribadito nei documenti delle istituzioni comunitarie e delle conferenze ministeriali euromediterranee. La ratio del processo di Barcellona è dunque quella che ha recepito l’equazione tra rispetto dei diritti umani (e quindi più democrazia, stato di diritto e sviluppo economico e sociale) e sicurezza.

I rapporti con gli USA
Si deve inoltre ricordare che in tutti gli accordi di associazione l’Unione Europea ha inserito la cosiddetta “clausola dei diritti umani” secondo cui nei confronti di un Paese che non rispetta i diritti umani potrebbe scattare la sospensione dell’esecuzione dell’accordo. Questo è un problema rilevante perché l’UE è consapevole che la sospensione degli aiuti non favorisce la promozione dei diritti umani, ma, come è ben noto, avrebbe un effetto negativo sulla popolazione e rafforzerebbe il regime. Un tassello fondamentale è rappresentato dal forte e convinto sostegno che l’UE sta dando alla Corte Penale Internazionale, osteggiata dagli Stati Uniti fin dalla Conferenza di Roma (1998), quando fu adottato lo Statuto. Il 14 maggio 2002 l’UE ha adottato la Dichiarazione dell’Unione Europea sulla posizione degli Stati Uniti nei confronti della Corte penale internazionale, nella quale si afferma tra l’altro: “L'Unione Europea prende atto con grave disappunto della decisione del 6 maggio 2002 con cui gli Stati Uniti annunciano formalmente che non intendono ratificare lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale e che si considerano svincolati da ogni obbligo giuridico derivante dalla firma dello Statuto il 31 dicembre 2000. Pur rispettando i diritti sovrani degli Stati Uniti, l'Unione europea rileva che questo atto unilaterale può avere conseguenze indesiderate sull'elaborazione dei trattati multilaterali e in generale sullo stato di diritto nelle relazioni internazionali”. Mai prima d’ora il Consiglio dell’Unione aveva usato parole così forti nei confronti

Fuori l’Europa dalla guerra.
Fuori la guerra dalla storia.
In un momento di forte preoccupazione mondiale e di discussione sui primi articoli della Convenzione europea, urge un contributo di ciascuno perché l’Europa nascente sia fondata sul ripudio della guerra. La Campagna per l’articolo 1 della Convenzione Europea, promossa dalla Tavola della Pace e a cui aderiscono Rete di Lilliput e Movimento Federalista Europeo, chiede che nell’articolo 1 della Costituzione europea sia scritto a chiare lettere che: “L´Europa ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli. L´Europa contribuisce alla costruzione di un ordine internazionale pacifico e democratico; a tale scopo promuove e favorisce il rafforzamento e la democratizzazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e lo sviluppo della cooperazione internazionale”. La nuova Europa deve ripudiare la guerra. Per sempre. Mosaico di pace desidera aggiungere la propria voce a sostegno di questa Campagna. All’interno della rivista i lettori troveranno il modulo di sottoscrizione e adesione alla Campagna che potranno firmare e diffondere.

dell’Amministrazione americana. Lo Statuto della Corte è entrato in vigore il 1° luglio 2002, a seguito della sessantesima ratifica. Oggi gli Stati che lo hanno ratificato sono 89. La Corte ha cominciato a funzionare nel mese di marzo del 2003. Un ulteriore tassello di ordine mondiale lo troviamo in alcuni documenti conclusivi dei vertici di capi di Stato e di Governo, l’ultimo dei quali si è svolto nel maggio 2002, a Madrid, tra i massimi rappresentanti dei 15 Paesi membri dell’UE e quelli dell’America Latina e dei Caraibi. Nella Dichiarazione politica adottata dal vertice, i leaders politici dichiarano di condividere i principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite e riconoscono che le relazioni internazionali devono fondarsi sul diritto internazionale dei diritti umani e sul multilateralismo. Altri importanti tasselli della visione UE dell’ordine mondiale li ritroviamo nelle posizioni e nelle strategie comuni del Consiglio europeo, nelle Comunicazioni della Commissione europea, nelle Risoluzioni del Parlamento europeo, nonché nei documenti presentati dall’UE alle Conferenze mondiali delle Nazioni Unite. In conclusione, possiamo senz’altro affermare che, quanto meno da un punto di vista giuridicoformale, gli elementi principali della visione UE dell’ordine mondiale sono la Carta delle Nazioni Unite, il diritto internazionale, il multilateralismo, la sicurezza multidimensionale, il rispetto dei diritti umani, ovvero dell’insieme organico di norme, principi e sistemi di garanzia contenuti nelle convenzioni giuridiche internazionali in materia, la giurisdizione penale internazionale. La grande sfida che si indirizza alle organizzazioni e ai movimenti di società civile solidarista è quella di far si che l’UE, avvalendosi della sua ricchezza economica, del suo peso politico e della credibilità che (nonostante tutto) si è conquistata in sede internazionale, si faccia attore costituente di un nuovo ordine mondiale più umano, pacifico e democratico e si faccia protagonista del potenziamento e della democratizzazione delle Nazioni Unite. L’UE, soprattutto dopo la grande mobilitazione per la pace del 15 febbraio, deve e può essere ciò che è la sua società civile.

Note

docente di Sistema Politico dell’Unione Europea nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova, Vice Direttore del Centro Diritti Umani della stessa Università.

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    docente di Sistema Politico dell’Unione Europea nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova, Vice Direttore del Centro Diritti Umani della stessa Università.
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