Per un bilancio e un agire partecipato
l’esperienza dei “bilanci partecipativi”?
È ormai risaputo che l’esperienza del bilancio partecipativo nasce nel contesto sociale brasiliano e, proprio a Porto Alegre, si è configurato come uno strumento per la trasformazione delle politiche urbane. Può essere inteso anche come processo educativo che, da un lato porta a una maggiore conoscenza delle necessità dei cittadini, e dall’altro fa crescere in loro una coscienza dei diritti e doveri, delle difficoltà in cui spesso si trova a operare l’Ente locale, della necessità di uscire da un certo atteggiamento ipercritico e individualista.
L’esperienza di Porto Alegre, con i forum sociali mondiali, ha segnato (sta segnando) profondamente il dibattito in alcune città italiane (tra queste, Venezia), favorendo la crescita di realtà di partecipazione, più o meno organizzate, indipendenti da quelle istituzionali, ma capaci di ottenere dall’amministrazione comunale spazi non solo consultivi. Certamente l’idea brasiliana non può essere calata pari pari nei nostri contesti sociali. Ci sono diversità culturali, politiche, ambientali che vanno tenute presenti. Ma questa idea di costruire un bilancio sociale, come lo ha definito il Sole-24ore, dedicandogli di recente un interessante articolo, sta offrendo vasti campi di sperimentazione anche nel nostro Paese. Un numero sempre maggiore di Enti locali vede il Bilancio Partecipativo come lo strumento in grado di valorizzare al meglio il contenuto delle scelte politiche e di rendere più comprensibili ai cittadini le logiche e le modalità con le quali si va a costruire il bilancio. Non solo dunque un documento contabile che espone un rendiconto, ma la verifica di un lavoro di ascolto, di coinvolgimento della città che è avvenuto nei mesi che precedono la programmazione e trovano puntuale riscontro nei risultati di gestione.
A Venezia, come credo anche in altre città, si sta ridefinendo la rappresentanza cittadina, favorendo la crescita di delegazioni miste, sociali e istituzionali, dando vita a forum sociali tematici (anziani, disabili, ambiente), entrando in rapporto con comitati di cittadini che si occupano di elettrosmog, traffico, moto ondoso... Lo stesso sta avvenendo con le associazioni culturali, sociali, di volontariato, che con spirito combattivo, sanno imporsi, in termini positivi, sull’amministrazione per negoziare e progettare interventi che allargano la pratica democratica, l’attenzione agli esclusi, la solidarietà verso gli immigrati e i molti soggetti a rischio. Una delega specifica per il Bilancio Partecipato è stata assegnata dal sindaco a un assessore, proprio per marcare un percorso che si renderà maggiormente visibile e concreto con il bilancio 2004. Percentuali significative di bilancio verranno riservate a decisioni della base, attraverso il coinvolgimento dei Consigli di quartiere e delle realtà organizzate. Ci dovranno essere assemblee pubbliche e dibattiti. Ma va anche ricordato che si sta parlando di un percorso non semplice, né scontato. Anzi, faticoso e che non sempre produrrà risultati positivi. Rimane in agguato l’idea della imposizione di parte, delle logiche corporative, incapaci di una visione d’insieme. Ma proprio qui sta il ruolo dell’Amministrazione comunale, delle persone che, attraverso assemblee, usando le tecniche della soluzione dei conflitti, del dialogo, della ragione e non dell’egoismo, debbono saper “contaminare” la macchina comunale con le spinte più genuine e solidali dell’immaginario sociale.
Il Bilancio Partecipato può essere una occasione favorevole per rimotivare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica su un progetto di città più ricca di legami sociali e culturali, più sicura perché solidale e non chiusa alla sofferenza e alla povertà di tante persone, anche clandestine, che solcano le nostre strade e sfiorano le nostre case, una città più democratica perché più partecipata, più sostenibile perché fondata su uno sviluppo economico cooperativo, dove anche l’agire per la pace e l’affermazione dei diritti umani in tempo di guerra, trovi sostegno e risorse per poter incidere sia nei percorsi culturali che in quelli politici.