MUSICA

Sulla strada della protesta

Joan Baez e Donovan: l’impegno civile di una generazione.
Vincenzo Dell'Olio

Fino a ora il nostro treno si è fermato solo nelle stazioni principali, quelle più grandi e famose. È giunto però il momento di dare uno sguardo a due tappe

da The universal soldier (Donovan)
…lui combatte con missili e con lance
sembra un trentunenne ma
é solo un diciassettennte
…È cattolico, é Hindu
e ateo, Mussulmano
un buddista, un battista e un ebreo
e lui sa che non dovrebbe uccidere…
e lui sta combattendo per il Canada,
sta combattendo per la Francia
sta combattendo per gli USA
sta combattendo per i Russi
e sta combattendo per il Giappone
e lui pensa che noi vogliamo
dar fine alla guerra in questo modo
lui combatte per la democrazia,
lui combatte per i rossi
lui dice, é per la pace di tutti…
lui é quello che da il suo corpo
come arma per la guerra…
questo non é il modo
per dar fine alla guerra.

intermedie, quelle che, magari meno conosciute, restano sempre affascinanti e ricche di significati.
Vicinissima alla sosta Bob Dylan è quella Joan Baez. Contigua lo è non solo per motivi ideologici, ma anche perché le loro vite ebbero modo di incrociarsi non solo artisticamente. L’impegno politico e lo straordinario soprano espresso dalla sua voce la condussero alla celebrità fin dai primi album all’inizio degli anni ‘60. Si avvicinò al movimento pacifista, e quasi inevitabilmente all’esordiente Dylan sempre in prima fila nelle marce per la pace e nei sitin di quegli anni. Nel ‘63 cantò alla marcia su Washington di Martin Luther King. Fu nel ‘64 che emerse con maggior veemenza la vena protestatoria che la condusse spesso al centro di disordini e finanche all’arresto.
L’immagine di disobbediente civile cucitale addosso sembra aver lasciato un segno più profondo della sua produzione folk, quasi totalmente acustica, capace di offrire, comunque, perle interpretative esportate grazie a lei in tutto il mondo: Where Have All The Flowers e Gone We Shall Overcome, autentico inno
da The Ballad of Sacco e Vanzetti (Joan Baez)
…La bellezza dell’animo umano
la volontà di cercare i nostri sogni
Così le masse brulicanti
attraverso l’oceano
verso una terra di pace e di speranza…
La legge è contro di noi!
La polizia sa come rendere un uomo
un colpevole o un innocente…
Contro di noi è il potere dell’oro!
Contro di noi è l’odio razziale!
il semplice fatto
che noi siamo poveri.
Mio caro padre, io sono
un prigioniero
Non ti vergognare
nel parlare del mio crimine
crimine di amore e di fratellanza…
Figlio mio…I più deboli,
che cercano aiuto
perseguitati e le vittime
Sono tuoi amici e compagni nella lotta
si, loro talvolta
cadono proprio come tuo padre…

pacifista, di P. Seeger, Where Are You Now My Son,e soprattutto le dylaniane Farewell Angelina, Blowin’ in the wind e Forever Young.
Per incontrare una Baez cantautrice bisogna fare un salto in avanti fino alla metà degli anni ‘70, ma i risultati non deludono, basti pensare a Diamonds And Rust e alla toccante the Ballad of Sacco e Vanzetti che narra la vicenda di due emigranti italiani ingiustamente condannati a morte.
I suoi concerti erano qualcosa di più di una carrellata di canzoni, le lunghe introduzioni, infatti, trasformavano l’appuntamento musicale in un chiaro incontro politico. Nel ‘67 a un’esibizione in Italia presentò un pezzo dicendo “Sento sulle spalle la responsabilità del mio Paese, gli Stati Uniti d’America, aggressore in Vietnam e intendo oppormi con tutte le mie forze a questa violenza e a ogni altro tipo di violenza”.
Sulla strada della protesta altro stop forzato appare quello dedicato a Donovan, nome d’arte dello scozzese Philip Leitch, che rappresentò l’incarnazione degli ideali hippie per i giovani inglesi degli anni ‘60. La sua musica, densa di contaminazioni orientali, mostrava l’apertura culturale in atto verso nuove forme d’espressione. Spesso paragonato a Bob Dylan ne fu, in un certo senso, l’opposto. Le atmosfere medievali, cavalleresche e sognanti delle sue ballate erano, infatti, ben differenti dal realismo inchiodato a terra dell’americano. Catch The Wind e Colours furono nel ‘65 fra i primi successi.
Gli accurati arrangiamenti e la sua voce fioca si accompagnarono dapprima al tipico sound acustico dell’epoca e successivamente a sonorità elettriche, jazz e soul. Nacquero pezzi come Sunshine Superman, Season Of The Witch e Celeste. La fine degli anni ‘60, invece, fu segnata dalla musica psichedelica e pop di Mellow yellow e delle fiabesche Lalena, Barabajagale e Atlantis. I ‘70 e gli ‘80 rappresentarono anni di sperimentazione e produzioni meno brillanti country e punk a dimostrazione di una difficile ricollocazione del cantautore al di fuori del magico periodo del peace & love.

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