I care
Parole profetiche che richiamano una opportuna resistenza.
“Non
posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di ‘obbedirla’.
Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi ‘degli
uomini’ da osservarle quando sono giuste. Quando invece vedranno che non sono
giuste essi dovranno battersi perché siano ‘cambiate’. La leva ufficiale
per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva
dello sciopero” (Don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù,
LEF, Firenze 1966, pp. 37 e ss.). In queste parole taglienti ed essenziali, nel
più autentico stile milaniano, possiamo riconoscere l’anima e il fondamento
della cittadinanza responsabile, della nonviolenza attiva, della stessa
Costituzione della Repubblica. In quelle parole c’è il fulcro del
“fondamento sul lavoro” della Repubblica democratica, quando si fa
riferimento alla leva dello sciopero, alla forza del debole e alla sanzione del
sopruso. In quelle parole c’è la profondissima radice del secondo comma
dell’articolo 3 della Costituzione (“È compito della Repubblica rimuovere
le situazioni di fatto che impediscono libertà ed eguaglianza, sviluppo della
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Costituzione italiana, articolo 2
Con
gli occhi dei ragazzi
Il
ragionamento da cui muove don Milani è di profilo altissimo e affonda le sue
radici nei temi profetici della giustizia e della salvezza (“Non salveremo il
mondo – egli scrive – ma ci salveremo almeno l’anima”); radici che sono
punto di partenza per una visione schiettamente laica della Gerusalemme
celeste (“Non ci saranno più templi perché l’Agnello – cioè il
figlio dell’uomo – sarà il tempio; non sarà più necessaria la luce del
sole, perché l’Agnello – cioè il figlio dell’uomo – sarà la
lampada” – Ap. 21; 22, 23), che don Milani esprime molto bene nei suoi
scritti. Profilo altissimo nelle parole e negli scritti di don Lorenzo, parole
che spesso ci riportano alla Lettera a Diogneto e ai filoni della
tradizione e della cultura cristiana, che, prima della Costituente, si
espressero nel Codice di Camaldoli e poi esplosero in Costituente, dopo la
bestialità nazifascista, come punto di superiore unità del popolo
italiano, condiviso da tutti (marxisti, liberali, azionisti, monarchici) senza
steccati, ma come faticoso consenso su dettati di sapienza e cultura storica,
che non aveva bisogno di menzionare comuni radici cristiane, ma che quelle
radici viveva al presente in una forte tensione di giustizia e di libertà.
“Il ragazzo non è ancora penalmente imputabile e non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a esercitarli domani ed è perciò da un lato nostro inferiore perché deve obbedirci e noi rispondiamo di lui, dall’altro nostro superiore perché decreterà domani leggi migliori delle nostre. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i ‘segni dei tempi’, ‘indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno’ e che noi vediamo solo in modo confuso”.
Don Lorenzo Milani
Politica
alta
La
grande portata storica, culturale e profetica dei valori espressi nella Carta
Costituzionale diveniva attuale in ogni tempo, si vestiva di presente, nel
ricordo profondo di una storia comune di sofferenza e di distruzione, con lo
sguardo rivolto a quel futuro che le nuove generazioni avrebbero realizzato in
pace, in libertà e in democrazia. Con il trionfo della persona cui la
Costituzione ambiva si disegnava il suo naturale sviluppo attraverso il lavoro e
l’inserimento nelle formazioni sociali in cui la stessa persona esplica la
propria personalità. Questa visione di radici antiche rivolte verso il futuro
più lontano era supportata da una tensione forte, non solo formale, ma
soprattutto sostanziale, che portava a blindare la Costituzione per i tempi e
per tutti i problemi futuri attraverso il comma secondo dell’articolo 3: non
c’è – né ci sarà – nessuna novità che non sia già vecchia alla luce
di questa norma cardine. Giorgio Bocca, su “la Repubblica” del 25 aprile
scorso, nell’articolo titolato: I valori da salvare, esprimeva queste
considerazioni; le stesse che don Lorenzo Milani esponeva attraverso
l’illuminante parabola degli “eserciti che marciano agli ordini della classe
dominante” e che conclude con la condanna dell’idolatria della Patria.
È, quindi, l’anima del popolo italiano che genera la Costituzione e
che dalla Costituzione è espressa. Un’anima di civiltà, di cultura, di arte,
di scienza, di fede e di fedi, di grandi sofferenze e di miserie, di ataviche
debolezze e ignoranze, di grandi speranze, di lotte civili. Anima che don Milani
ha ben disegnato quando ha proposto in termini essenziali, il principio della
responsabilità: “[...] Ognuno deve sentirsi responsabile di tutto”, cioè
quando propone ai suoi ragazzi (ma anche a tutto il mondo) “[...] il motto I
care è il contrario esatto del motto fascista me ne frego”.
Proprio in questi due motti sta il salto epocale di qualità che ha fatto tutto
il popolo italiano con la Costituzione. I care è veramente il simbolo
della Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo.
Difendere
la Costituzione
I care significa sovranità su se stessi e per gli altri, libertà e responsabilità, giustizia, legalità, eguaglianza, diritti innati e doveri inderogabili, solidarietà, pace, accoglienza, condivisione, sollecitudine, apertura, rispetto verso tutti soprattutto se minoranze, sacralità della vita, sanità e tutela della salute per tutti, scuola per tutti, famiglia, lavoro, partecipazione democratica non solo ai processi politici ma anche a quelli economici e sociali, autonomia, garanzia di sviluppo, rimozione degli ostacoli di fatto che impediscono sviluppo ed eguaglianza o pari opportunità. I care significa andare al fondo della legge e non fermarsi ai formalismi; significa “ragionevolezza costitutiva di rapporti civili, giuridici, economici e politici” come la Corte Costituzionale costantemente insegna: la legge per l’uomo, si potrebbe dire parafrasando il Vangelo, e non l’uomo per la legge. I care, quindi, è trasparenza, democrazia e responsabilità. Proprio in questi ultimi tempi abbiamo assistito a un vero e proprio attacco alla Costituzione, progettato da oltre trent’anni in una villa nei dintorni di Arezzo, e in questi giorni siamo tutti impegnati a difendere la nostra Carta costituzionale nel prossimo referendum confermativo. Per uscire dal vicolo cieco in cui le classi dominanti hanno tentato in tutti i modi di ricacciare il popolo italiano, occorre riscoprire in tutto il suo valore la Costituzione; occorre rendersi conto che tutto il mondo ce la invidia. Per riscoprire i valori della Costituzione un magistrato, nel gennaio del 2002, ha indicato la strada, quando ha gridato in una occasione e in una forma solenne: “Resistere, resistere, resistere!”. È il verbo che ha generato la Costituzione e con il quale oggi essa va difesa. Don Milani indica una strada: “...il voto [...] e lo sciopero” ma i suoi ragazzi, in Lettera a una Professoressa, vanno ancora più in profondità: “Cercasi un fine [...] bisogna che sia grande e che vada bene per tutti e che non richieda altro che essere uomini. [...] Il fine giusto è amare il prossimo”.