Moolaadé
In Africa non è facile essere donna. Moolaadé mostra l’eroismo
Il film in breve
Collè Ardo è l’unica donna del villaggio a non aver escisso la figlia. Non volendo subire l’escissione, quattro bambine si rifugiano a casa sua e lei decide di proteggerle (Moolaadé significa protezione). Collè Ardo tende una corda all’ingresso del suo carré e nessuno potrà entrare. Nel villaggio uomini, donne, anziane, il capo della comunità sono contro Collè Ardo, ma lei resiste, mostrandosi determinata e alle stesse donne che chiedono spiegazioni cerca di presentare le proprie ragioni e quelle delle bambine. Neanche il marito di Collè Ardo riesce a difenderla ed è lui stesso che la frusta pubblicamente; l’unico uomo che ha il coraggio di difenderla è costretto a lasciare il villaggio. Ma nella scena finale del film mentre bruciano le radio e i registratori, la cinepresa inquadra un’antenna televisiva contro il cielo limpido quasi a voler dire che l’Africa, il suo popolo e quel villaggio allargato oltre i confini del territorio in cui si
svolge il racconto, imparando a rispettare il passato sono tenuti a guardare al futuro con maggior rispetto delle differenze, dei diritti umani.
Dentro il film
Il film non spiega, né fa vedere le mutilazioni delle donne africane, parla con delicatezza degli effetti mostrando le cicatrici sulla pancia di Collè Ardo. Tuttavia per avere una comprensione completa del contenuto del film occorre avere un quadro di riferimento che sintetizzo qui di seguito senza trattenermi su tutti i particolari. L’escissione è una mutilazione del sesso femminile a cui vengono sottoposte le fanciulle senegalesi giunte alla pubertà. Viene praticata attraverso un rito tradizionale presso diverse etnie africane. Si tratta dell’ablazione del cappuccio della clitoride o dell’intera clitoride o di un abbinamento delle due pratiche.
L’infibulazione implica simultaneamente l’escissione della clitoride e delle piccole labbra, l’ablazione della pelle interna delle grandi labbra seguita dalla sutura di esse. Le condizioni settiche dell’intervento, gli strumenti utilizzati, l’assenza di anestesia rendono l’operazione e il periodo di cicatrizzazione insopportabili, a volte provocano la setticemia o la morte, e sempre febbri altissime. In seguito le donne saranno più soggette a infezioni di ogni tipo e, soprattutto nel caso dell’infibulazione potranno avere figli solo con parto cesareo. L’infibulazione prevede una defibulazione eseguita alle nozze col pugnale dello sposo. Quest’ultima pratica è adempiuta in alcune zone della Somalia, del Sudan, in Ciad, in Eritrea e nel sud dell’Egitto. Il nostro Paese con la legge n. 7 del 9 gennaio 2006 si è uniformato al “protocollo di Maputo” e prevede sanzioni penali per far emergere dalla clandestinità queste pratiche che si stanno radicando anche in Italia, come in altri Paesi occidentali, e di cui pochi conoscono le implicazioni a livello sanitario e sociale.
Oggi alcuni pensano che la scomparsa di queste pratiche debba venire dall’interno di questi Paesi e che un’ingerenza esterna potrebbe essere ritenuta di natura colonialista, negando, in un certo modo, l’universalità dei diritti umani. Nel 1984 il Comitato Interafricano, riunito a Dakar, ha considerato queste pratiche come un attacco alle donne, non solo alla loro salute. A Pechino nel 1995 tali pratiche vengono incluse fra le violenze sessuali. Una legislazione repressiva circa questo argomento è stata introdotta in Sudan, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Senegal e Togo, ma la legge non sempre viene applicata e nei villaggi più interni di tali Paesi non arriva neanche l’informazione.
Il film di Ousmane Sembene si fa vettore per la diffusione di informazioni e fa in modo che la considerazione, il rispetto e la stima verso le donne siano responsabilità di tutta l’umanità.