ULTIMA TESSERA

Appuntamento il 29 novembre

Brunetto Salvarani

Un decennio fa Sergio Quinzio, grande e atipico intellettuale cristiano, rileggeva così il senso della guerra del Golfo: “La croce e la mezzaluna sembrano ormai profilarsi come bandiere del Nord ricco e del Sud povero in cui è diviso il pianeta”. Una simile profezia risulta di bruciante attualità, oggi: dopo l’11 settembre, dopo gli appelli scomposti allo “scontro di civiltà”, e la recrudescenza di un terrorismo fondamentalista che dal Medio Oriente alla Cecenia, dall’Indonesia alla Nigeria strumentalizza i simboli dell’Islam per cercare di affermarsi, appunto, come il portavessilli dei “dannati della terra”. Cos’ha da dire il mondo delle religioni e delle Chiese a tale proposito? Parecchio, ritengo: alla luce di quanto sta accadendo è, infatti, urgente un vero e proprio salto di qualità nell’impegno, per quanto impervio, del dialogo interreligioso. Che contiene già in sé serie motivazioni, a partire dal radicamento biblico per giungere a documenti quali la conciliare “Nostra Aetate” e la recente “Charta Oecumenica” europea, oltre che a tanti segnali di bruciante attualità, dall’inquietante ondata di islamofobia al sapore xenofobo della legge sull’immigrazione sino alle reazioni negative riservate al processo di multireligiosità in corso. E sul quale, invece, di solito poco si investe sul piano ecclesiale, considerandolo al più patrimonio di qualche “maniaco” e relegandolo all’ultimo posto della pastorale. Su questa linea, dallo scorso novembre – erano trascorse poche settimane dagli attentati dell’11 settembre – alcune centinaia di cristiani di svariate confessioni (cattolici, evangelici, ortodossi), molti responsabili di ordini missionari, non pochi laici e una manciata di leader musulmani hanno sottoscritto un “Appello ecumenico” affinché quanto era purtroppo accaduto non mettesse in discussione le iniziative di partnership in corso (info: www.ildialogo. org). Con un obiettivo concreto, e controcorrente al clima imperante: una Giornata da dedicare espressamente al dialogo interreligioso, soprattutto al dialogo cristianoislamico.
Com’è noto, da tempo esiste una “Giornata nazionale per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraicocristiano”, felicemente collocata dai vescovi italiani al 17 gennaio, preludio della tradizionale “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”. A indicare una prospettiva precisa: se ci sono state gravi rotture fra cristiani, lungo la storia, è in primo luogo perché ce n’è stata una ben più traumatica alla base, quella tra i Gentili e la Sinagoga. La Giornata cristianoislamica, è ovvio, sarebbe una cosa assai differente, non solo perché celebrata in chiave ecumenica, ma soprattutto perché diverso è il legame tra cristiani e musulmani rispetto a quello tra cristiani e Israele, “radice che ci porta” per la Lettera ai Romani. Ora, peraltro, l’istituzione di un appuntamento simile coi musulmani “di casa nostra” appare una necessità e un segno dei tempi, da portare avanti per ora, direi, più sul piano interculturale, civile e della conoscenza reciproca che su quello squisitamente religioso e teologico. Una data adatta per l’iniziativa potrebbe essere l’ultimo venerdì di Ramadan (nel 2002, cade il 29 novembre), anche per rilanciare l’ottima intuizione di Giovanni Paolo II che lo scorso anno, nel cuore della guerra afgana, aveva chiesto di condividere il tradizionale digiuno islamico. Già da quest’anno, il 29 novembre, verranno organizzati “ad experimentum” in tutta la penisola momenti di discussione e di studio, testimonianze, riflessioni comuni, e altro ancora, come la condivisione della rottura del digiuno in parecchie moschee aperte per l’occasione ai nonmusulmani. In ogni caso, penso valga davvero la pena di cominciare a discuterne, con franchezza e senza timori. Il dialogo interreligioso – beninteso, un dialogo critico, non ingenuo e per di più “a caro prezzo” – c’interpella ormai in profondità, singoli e Chiese, e non possiamo permetterci di far finta di nulla. La vera “convivialità delle differenze”, di cui è stato profeta don Tonino Bello, si costruisce anche con gesti così.

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