Dossier

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Supermarket delle armi
A cura di Diego Cipriani


Poco più di un anno fa, un analogo dossier di “Mosaico di pace” denunciava la corsa al riarmo che l’11 settembre aveva innescato, o meglio: aveva contribuito a rafforzare. A riprova di ciò, citavamo l’allarme lanciato dal Sipri secondo il quale, nel corso del 2000, erano stati spesi circa 800 miliardi di dollari per armamenti.
A un anno di distanza, la situazione non è affatto migliorata. Lo stesso Sipri aggiorna la cifra, per il 2001, a 839 miliardi di dollari con una media di 137 dollari per ciascun abitante della terra. Il 50% di queste spese sono state sostenute da cinque Stati. E nulla fa credere che nel 2002, e l’anno prossimo, tali cifre siano destinate a diminuire. È dei giorni scorsi la firma del presidente Bush della nuova legge di spesa per il Pentagono che prevede uno stanziamento di 355,4 miliardi di dollari (per intenderci: circa 357 miliardi di euro, poco meno di 700.000 miliardi di vecchie lire), con un incremento di 37 miliardi di dollari.
Quella delle armi potrebbe, a questo punto, sembrare una questione troppo grande e per soli esperti. E invece, anche con queste pagine, cerchiamo un po’ di capire quali nuove strategie militari vengono inaugurate per rendere il nostro pianeta sempre più armato. Durante la “guerra fredda” si pensava che non si sarebbe potuto andare oltre quella soglia di morte costituita dagli arsenali atomici delle due superpotenze. L’analisi della situazione internazionale ci conferma che la scienza e la tecnologia applicate agli armamenti non conoscono crisi (come dimostrano le nuove armi nucleari, chimiche e biologiche che vengono sfornate) e che sempre nuove guerre sono “necessarie” al complesso industriale-militare che (come la storia del secolo scorso ci ha insegnato) influenzano i governi determinandone le scelte politiche. La stessa battaglia che in Italia si sta combattendo per la difesa della legge 185/90 sul commercio delle armi dimostra come lo scenario degli armamenti sia molto più ampio dei confini nazionali e ha bisogno di un coinvolgimento transnazionale del popolo della pace.

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