OBIEZIONE

Serbia. Dove l’obiezione è un miraggio

L’assurda storia di due obiettori serbi che diventa tragica normalità.
Igor Seke
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Secondo la costituzione della Repubblica Federale di Jugoslavia (articolo 137) e la legge iugoslava sulle Forze armate (articolo 297) è consentito prestare servizio civile al di fuori delle istituzioni militari (in organizzazioni sanitarie e di soccorso, organizzazioni per la riabilitazione dei disabili o in qualunque altra istituzione di interesse comune).

Igor - Goran

In base a questi articoli, due obiettori di coscienza, Igor Seke di Ruma e Goran Miladinovi di Leskovac, presentano ai rispettivi distretti militari la domanda per svolgere un servizio civile che sia reale e al di fuori dell’esercito iugoslavo. Ma le loro domande subiscono sorti diverse. Nella sua domanda, Igor Seke dichiara che intende prestare servizio civile per ragioni di coscienza e per questioni etiche e morali in quanto mai sarebbe capace di uccidere un altro essere umano o considerarlo un nemico nel momento in cui quest’ultimo sia costretto a portare un’uniforme. Egli crede fermamente nella nonviolenza, nel dialogo e nell’aiuto reciproco; di conseguenza ha deciso di non appoggiare

Il 4 settembre scorso, Igor Seke, l’obiettore autore di questo articolo, si è dovuto presentare alla caserma di Pljevlja, in Montenegro. Lì si è dichiarato ancora una volta obiettore di coscienza. Dopo 9 giorni è stato sottoposto a visita psichiatrica e dichiarato rivedibile per un anno.

o praticare mai (direttamente o indirettamente) provvedimenti che implichino l’uso della violenza nei processi per la risoluzione dei conflitti. Igor dichiara inoltre che la sua coscienza (e il diritto alla libertà di coscienza è riconosciuto dalla Costituzione della RFJ) gli impone di opporsi alla violenza in qualsiasi situazione e di essere in favore di soluzioni costruttive che non causino vittime umane o devastazioni materiali. Che fine fa la domanda di obiezione di Igor? Viene rifiutata in quanto il richiedente avrebbe dovuto presentarla nel 1993, quando l’attuale legge non era ancora stata approvata e quando Igor aveva solo 17 anni.

Armi inutili?

Nella spiegazione inviatagli dal distretto militare di Sremska Mitrovica (nel distretto di Srem) il colonnello Savo Mrdja dichiara inoltre che: “Non è chiaro il perché il richiedente affermi nella sua lettera che in nessuna circostanza ucciderebbe un essere umano, visto che è generalmente e storicamente ben noto che durante il servizio militare nell’esercito iugoslavo nessuno è costretto ad uccidere; è inoltre risaputo che l’esercito iugoslavo non addestra i suoi soldati ad attaccare nessuno, non ha mai avuto tale intenzione nel corso della sua storia. Al contrario, le reclute dell’esercito iugoslavo vengono addestrate a proteggere le loro vite, quelle dei loro familiari, dei loro connazionali e a proteggere i loro territori”. Per quanto riguarda la possibilità di effettuare il servizio civile in alcune organizzazioni o istituzioni al di fuori del sistema dell’esercito iugoslavo i militari scrivono a Igor: “L’articolo 297 della legge iugoslava sull’esercito prevede che il servizio civile debba essere prestato in unità e istituzioni dell’esercito iugoslavo e del Ministero Federale della Difesa, così che la richiesta di prestare servizio in un’organizzazione sanitaria, di soccorso o similare non può essere accettata in quanto nessuna di queste organizzazioni vuole avere tale persona nel suo staff”. È interessante notare come l’esercito iugoslavo parli a nome di tali organizzazioni, in particolare quando è noto che lo stesso esercito ha risposto in modo negativo alla proposta della Croce Rossa Jugoslava affinché il servizio civile possa essere prestato (anche sotto il controllo dell’esercito jugoslavo) nelle proprie organizzazioni locali. Suona inoltre incredibile che le stesse organizzazioni previste dalla legge allo stesso tempo non vogliano accettare obiettori di

Ultime dalla Grecia

Ricordate il caso dell’obiettore greco Lazaros Petromelidis? Ne avevamo parlato nel numero di maggio 2002 di Mosaico. Ebbene, Il 17 settembre scorso si è svolto il processo d’appello. La Corte Militare di Atene ha deciso di rinviare il giudizio ad altra data ma anche ordinato l’arresto di Petromelidis (40 anni, padre di un bambino di 9) e il suo trasferimento nel carcere di Corydallos per il reato di “insubordinazione in tempo di mobilitazione generale delle Forze armate”. È il terzo arresto che Petromelidis subisce dal 1998 a motivo della sua obiezione di coscienza, quando era stato detenuto illegalmente per molti giorni e poi rilasciato senza nemmeno le scuse delle autorità militari. Essendosi rifiutato di prestare un servizio civile sette volte più lungo del servizio militare e invocando l’abolizione delle clausole discriminatorie per gli obiettori, Petromelidis era stato condannato, in prima istanza, a 4 anni di prigione. Nel 1999 era stato rilasciato con la condizionale, ma subito dopo era stato nuovamente arruolato e, quindi, nuovamente arrestato. Insomma, una situazione kafkiana all’ombra dell’Acropoli che la dice lunga sull’atteggiamento delle autorità greche nei confronti di chi non vuol servire la patria in armi, una patria, non dimentichiamolo, che è ancora ufficialmente in guerra (contro la Turchia, per la questione cipriota). Il 19 settembre Petromelidis è stato rilasciato dietro il pagamento di cauzione.

coscienza al proprio interno. Nel caso di Goran Miladinovic la sua richiesta è stata accettata (sebbene non sia stata presentata nel 1993, ma 9 anni più tardi) ma nella risposta si dichiarava che tale servizio doveva essere prestato nelle istituzioni medicomilitari di Nis. Goran aveva chiaramente dichiarato di voler effettuare servizio civile e non militare, ma le autorità militari gli hanno raccomandato di farsi visitare da uno psichiatra civile e farsi rilasciare un documento di richiesta visita presso le istituzioni medico-militari di Nis che avrebbero determinato la sua inabilità al servizio militare.

Incontro al vertice

In qualità di rappresentante dell’ Ufficio Europeo dell’Obiezione di Coscienza, nel luglio scorso Igor Seke ha anche incontrato i rappresentanti del Ministero Federale della Difesa per discutere sul servizio civile prestato presso istituzioni sanitarie nelle modalità prescritte dalla legge. Secondo il generale Radovanovic, assistente del Ministro della difesa, sulla base del regolamento del Dipartimento della Difesa Civile, il servizio civile può essere prestato in 31 istituzioni sanitarie che coprono il territorio della Repubblica Federale Jugoslava. Igor ha mostrato la mappa, compilata dal Beoc, dei Paesi che in Europa riconoscono l’obiezione di coscienza e consentono di prestare servizio civile: solo Repubblica Federale di Jugoslavia, Bosnia ed Herzegovina e Albania sono ancora contrassegnate con il colore nero. Ma il generale ha insistito perché la Jugoslavia venisse rimossa dalla lista dei Paesi che non prevedevano il servizio civile, in quanto secondo le sue parole, l’esercito jugoslavo è un’istituzione aperta e democratica. Anche se consapevoli che il vero servizio civile si misura solo in caso di guerra, Igor e Goran hanno deciso di fare questo passo innanzi tutto perché fermamente convinti che lo Stato debba iniziare ad accettare gli obiettori di coscienza come un normale gruppo sociale in modo da consentire a centinaia di giovani di non essere più trattati come “casi psichiatrici”; il che, tra le altre cose, potrebbe renderli non abili a ottenere la patente di guida o causar loro problemi nella ricerca di un lavoro.

La pecora nera

Che cosa insegna la vicenda di questi ultimi due obiettori di coscienza? Anzitutto che il diritto all’obiezione di coscienza e al servizio civile praticamente non esiste nella Repubblica Federale di Jugoslavia. Inoltre, che non esiste una interpretazione unitaria di quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge, sia a livello centrale sia a livello periferico. È chiaro che gli obiettori di coscienza sono visti come persone con problemi psichici (Leskovac) o persone che nessuno vuole nel proprio staff (Ruma), sebbene la questione del motivo per cui l’esercito desideri reclutare tali persone rimane aperta. Inoltre, il servizio che non prevede l’uso delle armi presso istituzioni economicomilitari è concepito molto al di sotto degli standard internazionali e viene confuso come obiezione di coscienza sebbene si tratti di puro servizio militare e non come servizio alternativo. Purtroppo, non esiste alcun indicatore per il quale nel prossimo futuro i diritti degli obiettori di coscienza nella Repubblica Federale di Jugoslavia possano migliorare. Infine, per completare il quadro dell’atteggiamento verso quanti rifiutano di impugnare le armi e di essere addestrati a uccidere, non si deve dimenticare la situazione di coloro che prestano servizio militare senza armi, un servizio basato su un duro lavoro fisico e per il quale gli obiettori sono costretti a indossare uniformi e avere gli stessi obblighi dei soldati in armi. L’ultimo esempio di negligenza nei confronti di questi obiettori è il modo in cui il servizio senza armi è stato ridotto nel gennaio di quest’anno. Infatti, il servizio senza armi è stato sì ridotto da 24 a 13 mesi, ma solo a partire da coloro che lo hanno iniziato nel settembre 2001: tutti gli altri dovranno comunque farsi due anni di caserma! Fino a quando gli obiettori serbi continueranno a essere discriminati e a vedere calpestati i loro diritti?

 

Traduzione di Luana Rodriguez (Traduttori per la Pace)

 

 

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