Oltre il “pensiero unico”
Il
“grande” Franco Zeffirelli, nell’editoriale de ‘La Nazione’ del 1°
settembre scorso, ha duramente criticato e offeso le autorità fiorentine per
aver offerto alle “bandacce” di questo “circo Barnum,” (così il famoso
regista definisce il Forum Sociale Europeo), “con i suoi pagliacci e
burattini”, una città come Firenze, “in palcoscenico per le loro
canagliesche esibizioni”. Pur non potendo vantare, come il nostro,
natali fiorentini, io, parmigiano d’origine e fiorentino da oltre 30 anni,
sono fiero che il prossimo Forum Sociale Europeo si svolga proprio a Firenze.
Firenze, con la sua cultura, la sua storia passata e presente, la Firenze di La
Pira, di don Milani, di Balducci e tanti altri
“disobbedienti creativi”, mi pare fatta su misura per ospitare questo
importante incontro.
Altro
che Circo Barnum...
Per
tre intensi giorni, una notevole variegata parte della società civile europea,
con anche rappresentanti provenienti da tutte le parti del mondo, si
ritroveranno insieme per studiare, dibattere, discutere, confrontare,
approfondire, fare proposte alternative, lanciare sfide profetiche e rendere
testimonianza della speranza, coltivata nel profondo di ciascuno dei presenti,
che “un altro mondo è possibile”. Anzi, un altro mondo è già
cominciato, proprio attraverso l’esperienza e la testimonianza coerente di
tanti “lillipuziani” che, in attesa del cambiamento, pure ineludibile, delle
regole e delle strutture che reggono e dominano attualmente il mondo, cercano di
cambiarlo, di rammendarlo come possono, là dove vivono, dove lavorano o
vorrebbero lavorare, dove studiano o vorrebbero studiare, dove mangiano, dove
fanno la spesa, dove soffrono e muoiono per fame, malattie, guerre,
esclusioni… Tutt’altro che un “circo Barnum”. Un popolo e come popolo,
diversamente composto: giovani e non, intellettuali e ruspanti, politici e
semplici cittadini, credenti e sedicenti atei, cattolici o di altre religioni,
persone impegnate nell’infinito arcipelago di associazioni che operano nel
sociale, nella difesa dell’ambiente, nella politica, nella cultura, e singole
persone fortemente preoccupate di come sta andando il mondo di oggi, violentato
da una minoranza arricchita di soldi e di potere contro una maggioranza
impoverita di tutto, salvo che di buon senso. Di “pericoloso”, per gente
come Zeffirelli e amici della destra italiana ed europea, questo popolo
porta con sé la ferma e convinta opposizione al neoliberalismo selvaggio e al
dominio del mondo da parte del capitale, dell’economia e della finanza e da
tutte le altre forme di imperialismo. Questo popolo è spinto dal
“pericoloso” impegno per la costruzione di una società democratica
planetaria fondata sulla Persona umana, nel rispetto di tutte le differenze
(tutte!), e schierato apertamente dalla parte degli ultimi, dei più poveri,
degli esclusi, da un capo all’altro della terra. Questi sono i
“pericolosi” valori in cui il “popolo” di Porto Alegre, il popolo del
Forum Sociale Europeo, crede e per i quali si impegna, convinto che, come diceva
Martin Luther King, “le nostre vite cominceranno a finire, il giorno in cui
resteremo silenziosi di fronte alle cose che contano”.
Le cose che contano
Il
prossimo Forum Sociale Europeo sarà un’occasione efficace per gridare a
tutti, da Firenze “città sul monte”, come la chiamava La Pira, i valori in
cui crediamo, perché amiamo la vita, quella degli altri come le nostre, e
vogliamo impegnarle prioritariamente al servizio degli esclusi (quelli che Berlusconi
considera “rimasti indietro”), per la difesa dei diritti fondamentali di
tutti. “Le cose, i valori che contano…”. Verificarli tra noi,
approfondirli, creare nuove strategie per affermarli e realizzarli ovunque,
ascoltare le esperienze alternative già in atto un po’ ovunque, proporre
nuove strade di giustizia e di liberazione, di solidarietà, di armonia globale
in tutto il Creato, quindi di pace. Questi i semplici impegnativi
obiettivi del Forum Sociale Europeo di Firenze. Non essendo affatto né
pagliacci né burattini, con buona pace del serafico Zeffirelli, di fronte alle
cose che contano non possiamo e non vogliamo rimanere silenziosi, né inattivi.
Né intendiamo adeguarci al “pensiero unico” dominante, come vorrebbero i
politici che sfilano nel teatrino della politica di mestiere, al grido di “siamo
tutti americani!” per giustificare oggi, (come ieri fecero per l’Afghanistan
dove nulla o quasi è risolto!!!), la guerra all’Iraq in nome della lotta al
terrorismo, convinti che noi siamo così stupidi da non accorgerci che la vera
ragione è il petrolio… Così non possiamo “bere” che la crisi d’acqua
in certe parti d’Italia e del mondo, come le piogge eccezionali di questi mesi
nelle Americhe, in Europa e in Asia siano colpa delle nuvole, come ha scritto,
molto efficacemente e con competenza, l’amico Petrella in “Solidarietà
internazionale” (n° 4/02). Così come non è colpa solo degli Africani se in
quel grande e ricco continente si muore sempre di più per miseria, fame, guerre
e malattie… Quando tutto il sistema è organizzato sulla ricerca del profitto
a ogni costo, quando da parte dei nostri governi occidentali si continua a
ripetere in tutte le tonalità del pentagramma che la soluzione di tutti i mali
del mondo arriverà dal mercato, dalle borse finanziarie, dall’economia, dalla
produzione e dai consumi, soprattutto dai consumi… a noi sembra più che
doveroso esprimere il nostro dissenso e proporre valide alternative, che diversi
dei nostri gruppi, lo ripeto, stanno sperimentando in molte parti del mondo.
Proporre la violenza - sia chiaro! - nemmeno quella sia pur diabolicamente
felpata che passa attraverso la forza della comunicazione di massa che, ahimè!,
noi non possediamo, non fa parte della nostra cultura. La vera violenza sta
altrove. Fuori dal nostro modo di pensare e di vivere, fuori anche dal Forum
Sociale Europeo. I nostri, durante il Forum di Firenze e non solo, non saranno
(speriamo) discorsi accademici, meno che meno ideologici, sia pure sapienziali,
cioè pieni di sapienza, di saggezza, di documentazione scientifica e di impegni
concreti possibili a tutti gli Umani. Basta scorrere i titoli delle 18 plenarie
in programma nelle tre mattinate, e soprattutto la struttura dei 150 e più
seminari previsti.
Non solo parole
Qualcuno
dirà che, comunque, queste tre giornate non saranno poi molto diverse dai
grandi “summit” dei cosiddetti G8 o da quelli mondiali quali i più
recenti di Roma e di Johannesburg, le cui immagini, terribilmente sconcertanti,
abbiamo ancora davanti agli occhi. Assordanti rumori di grancassa, per poco,
troppo poco o nulla di fatto. Parole, parole, soltanto parole. I poveri, la
gente comune, possono aspettare… Aspettare invano, non solo gli aiuti
economici e le decisioni politiche indispensabili per alleviare la loro
sofferenza fisica. Aspettare invano anche il gesto di attenzione, di presenza,
di interesse cui hanno soprattutto diritto, nella loro situazioni di debolezza
e, talvolta, anche di impotenza. Bush, in particolare, ha brillato per la sua
ripetuta assenza, impegnato com’è con i suoi cagnolini a preparare la caccia
a Saddam Husseim, dopo aver perso le tracce di Bin Laden. A Firenze, al Forum
Sociale Europeo, la gente comune, i poveri, gli esclusi, saranno tra le
preoccupazioni principali dei partecipanti. Anzi, abbiamo voluto che siano anche
“i partecipanti”, per evitare ciò che normalmente accade: si parla di fame
senza gli affamati, di povertà senza i poveri, di immigrazione senza gli
immigrati, di Africa senza gli Africani… Infine, la gente comune presenterà
le proprie esperienze. Esperienze che costituiscono una risposta valida,
efficacemente alternativa ai nuovi “dogmi” del liberismo selvaggio.
Esperienze per una migliore qualità della vita. Economia sociale/solidale,
consumo critico e stili di vita come resistenza e proposta politica, bilanci di
giustizia, la forza della nonviolenza anche nella soluzione dei conflitti
armati, e tante altre esperienze. Non discorsi teorici, quindi, ma discorsi che
nascono, che si fondano sulla vita delle nostre associazioni e di noi stessi. Da
ciò che facciamo. Da come cerchiamo di vivere. Dentro questi discorsi, ci sta,
dunque, la nostra vita, le scelte di ciascuno di noi, le nostre incoerenze e i
nostri limiti, il nostro entusiasmo, ma soprattutto la nostra speranza che è la
nostra certezza: un altro mondo è possibile, un altro è già cominciato. Un
mondo in quella prospettiva universale, che già il grande poeta bengalese
Rabindranath Tagore indicava più di 70 anni fa: “Il mondo è un piccolo
villaggio; e in questo piccolo villaggio o c’è pane e pace per tutti, o non
c’è per alcuno.”