Dalla protesta alla proposta
Sono
tutti impegnati tra riunioni e dibattiti. L’appuntamento di Firenze si
avvicina e le cose da preparare sono ancora tante. Erano attese diecimila
persone, ma sembra che ne arrivino molte di più. Vittorio Agnoletto,
portavoce del Social Forum italiano, dividendosi tra un telefono e
l’altro, trova il tempo di rispondere: “Proprio per questa grande affluenza
le aspettative sono molto alte. Crediamo che questo possa diventare un momento
centrale per mettere a punto la capacità del movimento di avanzare proposte.
Pensiamo possa essere un modo che rende evidente anche in Europa quel salto che
a livello internazionale è stato già compiuto con Porto Alegre. E cioè il
passaggio dalla capacità di contestare l’attuale ordine mondiale alla capacità
di proporre delle alternative concrete. Spero che questa capacità di proposta
riesca a legarsi alla radicalità e al protagonismo dei movimenti sociali.
Movimenti che sono poi i veri attori che devono tradurre nei fatti queste
scelte”.
Un cammino difficile
“Un
evento importante, di respiro internazionale, a cui parteciperanno” ci dice Giampiero
Rasimelli del Forum del Terzo Settore, “più di 20.000 persone da fuori
Italia. È il primo evento del genere che si configura in Europa e questo sarà
certamente molto importante”. “La partecipazione di movimenti e associazioni
europee è molto elevata.” prosegue Massimo Ferè di Pax Christi
“D’altra parte le sfide di cui si dibatterà attraversano un momento storico
che è anche tempo ‘costituente’ per il nostro continente. Oggi è in gioco
la costituzione della nuova Europa e tutti i grandi problemi, che finora sono
stati affrontati a livello mondiale (la globalizzazione, le politiche economiche
globali, i modelli di difesa, il ruolo degli eserciti, gli squilibri
sociali...), vanno riconsiderati in questo nuovo contesto europeo”. Agnoletto
esprime anche delle preoccupazioni: “Soprattutto sul piano delle difficoltà
organizzative e della assoluta scarsezza di risorse finanziarie. Questo è un
problema grosso.
Sul
resto abbiamo fatto un lavoro molto ampio, c’è stato un coinvolgimento
vastissimo di tante realtà. Ho l’impressione che si sia ricostruito un
percorso che tiene dentro non solo quelli che erano a Genova, ma anche realtà
che non avevano aderito al loro Social Forum. Questo percorso inclusivo,
costruito da un movimento che non è un partito né un’organizzazione, ha
richiesto tempi lunghi. Perché è un percorso ampio, pluralista, fortemente
democratico”. Non sono state poche le difficoltà di questo percorso, a parere
di Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace: “La
preparazione del Forum Sociale è un’attività abbastanza complicata e
complessa perché comporta la necessità di mettere insieme soggetti molto
diversi tra di loro. Siamo in ritardo nella preparazione dell’evento perché,
oltre alla preparazione del Forum Sociale Europeo, siamo stati costretti ad
affrontare problemi e crisi internazionali che ci impongono di aggiungere
iniziative a iniziative. Ci sono ancora alcuni problemi organizzativi e
logistici da risolvere, ma alla fine tutto dovrebbe riuscire per il meglio”.
Del resto, “i gruppi di lavoro sul programma stanno compiendo un’enorme
opera di sintesi delle proposte pervenute da tutta Europa”, ci ricorda Ferè.
La preparazione, dunque, non è stata semplicissima:“ Trovare un filo comune
tra le forze eterogenee che organizzano l’evento” è stata la maggiore
difficoltà secondo Giampiero Rasimelli.
Porto Alegre insegna
Secondo
Lotti “il primo problema è stato quello della promozione del Forum Sociale
Europeo. A Porto Alegre nel gennaio di quest’anno, l’appuntamento di
novembre avrebbe dovuto essere convocato da tutte le organizzazioni che erano
presenti al FSE. Invece, in Italia la convocazione è avvenuta a opera dei
movimenti che facevano capo al Social Forum invitando solo in un secondo momento
le altre organizzazioni e associazioni a partecipare. Questo ha portato, da un
lato, a una lunga estenuante perdita di tempo e, dall’altro, ha impedito che
questo evento nascesse senza troppe ombre e macchie, ma con l’ambizione di
estendere anche il coinvolgimento a tutti quelli che a Porto Alegre non
c’erano ma che condividono l’esigenza di costruire un’Europa di pace,
un’Europa più giusta, che sia fermento di giustizia e di democrazia nel
mondo”. “Ciò nonostante – continua Lotti - la Tavola della Pace ha deciso
di partecipare anche se non tutte le organizzazioni che ne fanno parte sono
necessariamente coinvolte. Abbiamo lavorato con la Rete Lilliput nella
preparazione del programma e dei relatori. Adesso che siamo impegnati nello
svolgimento di questa iniziativa, ci auguriamo che sia un contributo alla
costruzione di un’Europa della società civile. Anzi di un’Europa in cui la
società civile abbia un ruolo importante e centrale nella promozione della
giustizia e della pace”.
Anche
Rasimelli è ottimista sulla possibile convivenza delle diverse “anime” che
contribuiscono alla preparazione di questa iniziativa e che si sentono parte del
Forum Sociale Europeo: “Il movimento, discutendo, ha trovato la volontà per
esprimere una ricerca, un’elaborazione di pensiero e questo costituisce una
priorità, un obiettivo politico e non soltanto un metodo di lavoro. Il
raggiungimento di questo obiettivo è stato possibile anche grazie alla
definizione, in modo certo e irrevocabile, dei caratteri precisi di nonviolenza
di questo movimento”. Secondo Ferè le diversità possono avere il loro peso
“soprattutto per quel che riguarda gli eventi ‘pubblici’. Serrato è
stato, infatti, il dibattito sulla opportunità di organizzare cortei o
manifestazioni o di scegliere invece gesti ‘diversi’ e ugualmente
significativi”. Convinta dell’importanza del Forum, Pax Christi ha scelto di
essere presente – continua Ferè -“per affermare innanzitutto che i temi
affrontati sono argomenti che riguardano tutti. Non devono prevalere diffidenze,
scomuniche o vanti di primogenitura, bensì l’umile e attenta voglia di
dialogare e confrontarsi per costruire insieme ‘un altro mondo possibile’.
In questo momento storico per tutto il mondo e per l’Europa in particolare la
posta in gioco è altissima. Sta a noi cogliere la sfida e i ‘segni’ di
questi tempi”. Per completezza di informazione, Ferè spiega che Pax Christi
parteciperà al Forum in un duplice modo: in quanto membro della Tavola della
Pace e della Rete Lilliput parteciperà a tutti i seminari e le iniziative che
queste realtà proporranno. Come movimento di ispirazione cristiana, si è fatta
carico di promuovere, in collaborazione con altre realtà, due seminari che
porteranno all’attenzione del Forum il contributo e il ruolo delle religioni
nella costruzione della nuova Europa.
Sull’importanza
di un confronto serrato insiste anche Luca Casarini, portavoce dei Centri
sociali del Nord Est: “Pensiamo che il modo migliore per costruire un buon
Social Forum Europeo sia quello di spostarci in Europa, di conoscerla, di
confrontarci. Per questo stiamo viaggiando molto, stiamo incontrando reti
sociali, collettivi, associazioni che si riferiscono più o meno direttamente al
discorso della disobbedienza. Crediamo che in questo modo si possa costruire un
meccanismo di attrazione e discussione di realtà vere rispetto al Social Forum
Europeo. Abbiamo fatto incontri in Grecia, in Germania, in Francia, andremo a
Copenaghen. Il nostro modo di contribuire al Forum sociale europeo è quello di
girare l’Europa per discutere prima”. Anche da parte sua le aspettative sono
molte, soprattutto che “sia un grande momento di incontro e discussione, di
confronto tra reti sociali che effettivamente, nei loro luoghi di provenienza,
stanno sperimentando la battaglia per l’altro mondo possibile. Al di là
dell’attrazione che potrà avere il Forum Sociale Europeo per coloro che sono
interessati soggettivamente ad ascoltare e vedere, è importante che sia anche
un momento operativo”.
Tante anime
Il
Forum sociale europeo nasce con più anime. “Una cosa molto positiva”,
secondo Casarini che aggiunge: “da un lato c’è una tensione a dare
continuità a Porto Alegre. Questo è presente soprattutto in quelli che stanno
seguendo tutte le riunioni operative che preparano la struttura del Forum
Sociale europeo. Quest’anima ha dato modo in questi due anni di costruire il
movimento dei movimenti. L’altra anima è più informale, più legata a fatti
concreti che possono succedere prima del Forum Sociale Europeo. Per esempio, in
Italia il no alla guerra o lo sciopero generale. Questa seconda anima è più da
movimento ed è quella nella quale ci riconosciamo di più. Ci sono poi quelli
che si preparano per trovare uno spazio per esporre i loro progetti e materiali.
È positivo che ci siano tutti questi fermenti. Credo però che un’anima vada
sconfitta ed è quella che pensa al Forum Sociale come a un grande congresso di
partito dove riprodurre burocrazie invece che relazioni”. Una preoccupazione
che non è soltanto di Casarini. “Credo però che stiamo procedendo bene
nell’organizzazione”, aggiunge Agnoletto, “e quindi questo pericolo penso
possa essere scongiurato. Siamo riusciti a trovare una strada per lavorare
insieme mantenendo e valorizzando le diversità all’interno di una cornice
comune che è quella del Forum Sociale Mondiale e della Carta dei principi di
Porto Alegre. I principi sono molto chiari: contro la globalizzazione
neoliberista, contro la guerra e contro il terrorismo, rifiuto della violenza.
Questo è il nostro orizzonte politico e in questo orizzonte c’è un ventaglio
di realtà sociali, di Ong, di sindacati, vastissimo. Hanno aderito persino i
Ces, i sindacati europei. Anche questa è una cosa molto importante, se pensiamo
che a Genova i sindacati erano rimasti per conto loro”. Agnoletto non ha dubbi
sulla forza che il Forum può avere, “soprattutto sul tema della guerra. Ci
siamo resi conto che fare un dibattito sul mondo che vogliamo non può
prescindere dal collocare tutte le tematiche in uno scenario di guerra. Siamo
convinti che la guerra non è un fatto casuale, che ci può essere oggi e non
c’è domani, ma sta iscritto in questo ordine mondiale, è una faccia di
questa globalizzazione neoliberista. Non per niente Bush la chiama la guerra
permanente. Allora, quando discutiamo di ambiente, di lotta alla fame, di tutela
della salute, dobbiamo sapere che lo facciamo in un mondo che dovrà convivere
con questo modello di sviluppo e con queste guerre. C’è tutto un intreccio
tra le conseguenze ambientali e anche sanitarie della guerra. Verrà presentato
uno studio che dimostra come i conflitti modifichino il contesto sociale in modo
da portare a un diffondersi delle patologie epidemiche. Andremo a vedere
l’impatto della guerra non solo sull’economia, ma sul tessuto sociale. Il no
alla guerra che verrà da Firenze sarà una cosa molto forte e sarà collegato a
pensare modelli di sviluppo differenti. Andremo da grandi dibattiti teorici, per
esempio, il significato delle religioni nella tematica violenza-nonviolenza a
discorsi molto concreti, del come portare, per esempio all’interno del
parlamento europeo la proposta della Tobin Tax”.
No alla guerra
Anche
Casarini è abbastanza ottimista sulla forza che il Forum potrà avere e spiega
cosa si aspetta dall’appuntamento di Firenze: “Quando parliamo di movimento
dei movimenti dobbiamo ricordarci che con questo termine vogliamo indicare un
qualcosa che muta, che continuamente si muove, che non è definibile, che non è
comprimibile. Il Forum sociale europeo è uno spazio pubblico che va creato
perché si incrocino, si contaminino, si produca meticciato fra reti sociali
differenti su obiettivi comuni. Mi aspetto che ci si confronti su cosa
intendiamo per Europa e cosa facciamo per costruire l’altra Europa possibile.
È un nodo fondamentale che questo Forum sia operativo, dia delle indicazioni
precise e riesca a trovare obiettivi comuni che mettano insieme le differenze,
anche se temporaneamente e non su tutto. Evitare che sia una kermesse,
per quanto alternativa e simpatica, ma che non produce indicazioni concrete. Mi
aspetto che escano appuntamenti, iniziative, che servano a combattere il
neoliberismo, le sue ingiustizie, le guerre, le discriminazioni razziali in
Europa”. Soprattutto, aggiunge Flavio Lotti, “speriamo che tutto si svolga
con grande spirito di ascolto. È la prima volta, dopo molti anni, che si
realizza un incontro del genere in Europa. È importante allora che non venga
considerato semplicemente come un evento, ma come l’inizio di un cammino tra
le varie parti che si incontreranno in questo appuntamento. Le aspettative sono
essenzialmente queste: ascoltare e avere la capacità di progettare un cammino
futuro. Un cammino che deve avere come punti fermi il ripudio della violenza in
ogni sua forma, non soltanto la guerra, dunque, ma anche altri episodi.
Un’altra Genova non deve più accadere. Sarebbe grave, ed è uno dei pericoli
che temo, se il Forum non si pronunciasse contro ogni forma di violenza. E poi
spero che appaia chiaramente la volontà di partecipare alla costruzione di
un’Europa pacifica, democratica, aperta al resto del mondo e che veda
protagonisti i popoli della comunità. Su questi punti speriamo si possa
convergere, anche provenendo da esperienze assai diverse. E infine ci aspettiamo
che si valorizzino le diversità, ma senza far prevalere ideologismi che servano
semplicemente a ribadire l’identità di qualcuno senza creare delle
convergenze vere sui problemi da affrontare”. La presenza della Tavola della
Pace nel Forum Sociale Europeo ha una propria specificità che Lotti individua,
innanzitutto, nella “promozione della pace, nel contesto della drammatica
attualità di oggi in cui è importante più che mai riflettere sui problemi
della pace e della guerra per fa sì che l’Europa e la società civile europea
assumano fino in fondo questa politica della pace che stiamo tentando di
costruire in Italia. Questo significa poco ideologismo: significa coniugare pace
e nonviolenza con i diritti umani, pace e politica, azioni concrete di
solidarietà nel proprio territorio con azioni di pace e cooperazione
internazionale. Affinché il movimento della pace in Europa possa crescere e
affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti, a partire da quella che è alle
porte della decisione degli Stati Uniti di scatenare una guerra contro l’Iraq.
Sarebbe importante ridiscutere il problema della sicurezza internazionale”.
Le
aspettative
E
torniamo alle aspettative, tante, positive e lungimiranti. Ferè si aspetta
“che emerga, come a Porto Alegre, il volto di una società civile matura e
responsabile che è sempre più capace non solo di analisi e di denuncia ma
anche e soprattutto di progetto e costruzione. Fondamentale questo in un
passaggio storico in cui il tradizionale mondo politico stenta ad avere progetti
e visioni di ampio respiro sui grandi problemi che affliggono il mondo oggi”.
Lotti si attende “una volontà di ascolto reciproco, oltre alla volontà di
dialogo. È importante “che si vada a Firenze non solo per dire quello che si
pensa, ma, anche per ascoltare quello che gli altri hanno da dire” e si augura
“che, grazie a questo ascolto, cresca anche una volontà di mettere da parte
l’ideologismo per ricercare un’alleanza tra tutti coloro che vogliono
cambiare questo mondo per promuovere la globalizzazione della solidarietà, dei
diritti umani e della giustizia”. Conclude appellandosi alla volontà di tutti
di lavorare “per costruire questa grande alleanza che deve essere fatta tra
coloro che condividono questi obiettivi, lavorando fuori o dentro le
istituzioni. Se questo movimento dovesse essere anti-istituzionale o dovesse
mancare questo spirito di forte collaborazione, credo che finirebbe per produrre
ben poco”. Secondo Rasimelli “sarà un evento spettacolare, di discussione,
che farà vedere quanto su questo tema ci sia in termini di energia, di
iniziative, di elaborazione culturale, in modo più ampio di quanto non si
percepisca nella realtà quotidiana”. Poche parole, infine, per convincere gli
indecisi …. Lotti propone loro di partecipare “perché i tempi sono così
gravi, bui e grigi che dobbiamo fare ogni sforzo per cercare insieme di uscire
da questo tunnel. Abbiamo bisogno certamente di metterci in gioco un po’
tutti, ribadendo i nostri principi, i nostri valori, ma aperti anche a un
confronto ampio, aperto, con coloro che magari oggi ci sembrano più lontani”.
Rasimelli ricorderebbe agli indecisi che “se c’è una critica o un disagio
si deve esprimere per confrontarsi con altre posizioni” e Ferè farebbe
appello alle parole di don Tonino Bello. “Ogni cristiano ha il compito di
essere costruttore di un mondo di Pace: la Pace è la ‘Convivialità delle
differenze’. Questo Forum sarà il luogo delle differenze, non dobbiamo
nascondercelo; sarà il luogo dove si incontreranno identità talvolta
profondamente diverse e che arrivano da percorsi diversi. Ma non dobbiamo avere
paura della diversità! È proprio qui il segreto, la chiave di volta che ha
fatto di Porto Alegre, e che farà di questo Forum un evento carico di profezia
e di originalità. Il Forum vorrà essere il luogo di incontro conviviale di
tutte queste differenze... il laboratorio di una Pace possibile. Il luogo per
guardare, ciascuno con la sua originalità ma insieme, il futuro e chiedersi
ancora una volta ‘sentinella... quanto resta nella notte?’ Per questo
soprattutto chi si professa credente non può sentirsi estraneo a quanto accadrà
a Firenze”.