CONFRONTO

Dalla protesta alla proposta

A colloquio con Vittorio Agnoletto, Flavio Lotti, Giampiero Rasimelli, Massimo Ferè e Luca Casarini.

A cura di Claudia Nobili e Rosa Siciliano
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Sono tutti impegnati tra riunioni e dibattiti. L’appuntamento di Firenze si avvicina e le cose da preparare sono ancora tante. Erano attese diecimila persone, ma sembra che ne arrivino molte di più. Vittorio Agnoletto, portavoce del Social Forum italiano, dividendosi tra un telefono e l’altro, trova il tempo di rispondere: “Proprio per questa grande affluenza le aspettative sono molto alte. Crediamo che questo possa diventare un momento centrale per mettere a punto la capacità del movimento di avanzare proposte. Pensiamo possa essere un modo che rende evidente anche in Europa quel salto che a livello internazionale è stato già compiuto con Porto Alegre. E cioè il passaggio dalla capacità di contestare l’attuale ordine mondiale alla capacità di proporre delle alternative concrete. Spero che questa capacità di proposta riesca a legarsi alla radicalità e al protagonismo dei movimenti sociali. Movimenti che sono poi i veri attori che devono tradurre nei fatti queste scelte”.

Un cammino difficile

“Un evento importante, di respiro internazionale, a cui parteciperanno” ci dice Giampiero Rasimelli del Forum del Terzo Settore, “più di 20.000 persone da fuori Italia. È il primo evento del genere che si configura in Europa e questo sarà certamente molto importante”. “La partecipazione di movimenti e associazioni europee è molto elevata.” prosegue Massimo Ferè di Pax Christi “D’altra parte le sfide di cui si dibatterà attraversano un momento storico che è anche tempo ‘costituente’ per il nostro continente. Oggi è in gioco la costituzione della nuova Europa e tutti i grandi problemi, che finora sono stati affrontati a livello mondiale (la globalizzazione, le politiche economiche globali, i modelli di difesa, il ruolo degli eserciti, gli squilibri sociali...), vanno riconsiderati in questo nuovo contesto europeo”. Agnoletto esprime anche delle preoccupazioni: “Soprattutto sul piano delle difficoltà organizzative e della assoluta scarsezza di risorse finanziarie. Questo è un problema grosso.

Sul resto abbiamo fatto un lavoro molto ampio, c’è stato un coinvolgimento vastissimo di tante realtà. Ho l’impressione che si sia ricostruito un percorso che tiene dentro non solo quelli che erano a Genova, ma anche realtà che non avevano aderito al loro Social Forum. Questo percorso inclusivo, costruito da un movimento che non è un partito né un’organizzazione, ha richiesto tempi lunghi. Perché è un percorso ampio, pluralista, fortemente democratico”. Non sono state poche le difficoltà di questo percorso, a parere di Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace: “La preparazione del Forum Sociale è un’attività abbastanza complicata e complessa perché comporta la necessità di mettere insieme soggetti molto diversi tra di loro. Siamo in ritardo nella preparazione dell’evento perché, oltre alla preparazione del Forum Sociale Europeo, siamo stati costretti ad affrontare problemi e crisi internazionali che ci impongono di aggiungere iniziative a iniziative. Ci sono ancora alcuni problemi organizzativi e logistici da risolvere, ma alla fine tutto dovrebbe riuscire per il meglio”. Del resto, “i gruppi di lavoro sul programma stanno compiendo un’enorme opera di sintesi delle proposte pervenute da tutta Europa”, ci ricorda Ferè. La preparazione, dunque, non è stata semplicissima:“ Trovare un filo comune tra le forze eterogenee che organizzano l’evento” è stata la maggiore difficoltà secondo Giampiero Rasimelli.

Porto Alegre insegna

Secondo Lotti “il primo problema è stato quello della promozione del Forum Sociale Europeo. A Porto Alegre nel gennaio di quest’anno, l’appuntamento di novembre avrebbe dovuto essere convocato da tutte le organizzazioni che erano presenti al FSE. Invece, in Italia la convocazione è avvenuta a opera dei movimenti che facevano capo al Social Forum invitando solo in un secondo momento le altre organizzazioni e associazioni a partecipare. Questo ha portato, da un lato, a una lunga estenuante perdita di tempo e, dall’altro, ha impedito che questo evento nascesse senza troppe ombre e macchie, ma con l’ambizione di estendere anche il coinvolgimento a tutti quelli che a Porto Alegre non c’erano ma che condividono l’esigenza di costruire un’Europa di pace, un’Europa più giusta, che sia fermento di giustizia e di democrazia nel mondo”. “Ciò nonostante – continua Lotti - la Tavola della Pace ha deciso di partecipare anche se non tutte le organizzazioni che ne fanno parte sono necessariamente coinvolte. Abbiamo lavorato con la Rete Lilliput nella preparazione del programma e dei relatori. Adesso che siamo impegnati nello svolgimento di questa iniziativa, ci auguriamo che sia un contributo alla costruzione di un’Europa della società civile. Anzi di un’Europa in cui la società civile abbia un ruolo importante e centrale nella promozione della giustizia e della pace”.

Anche Rasimelli è ottimista sulla possibile convivenza delle diverse “anime” che contribuiscono alla preparazione di questa iniziativa e che si sentono parte del Forum Sociale Europeo: “Il movimento, discutendo, ha trovato la volontà per esprimere una ricerca, un’elaborazione di pensiero e questo costituisce una priorità, un obiettivo politico e non soltanto un metodo di lavoro. Il raggiungimento di questo obiettivo è stato possibile anche grazie alla definizione, in modo certo e irrevocabile, dei caratteri precisi di nonviolenza di questo movimento”. Secondo Ferè le diversità possono avere il loro peso “soprattutto per quel che riguarda gli eventi ‘pubblici’. Serrato è stato, infatti, il dibattito sulla opportunità di organizzare cortei o manifestazioni o di scegliere invece gesti ‘diversi’ e ugualmente significativi”. Convinta dell’importanza del Forum, Pax Christi ha scelto di essere presente – continua Ferè -“per affermare innanzitutto che i temi affrontati sono argomenti che riguardano tutti. Non devono prevalere diffidenze, scomuniche o vanti di primogenitura, bensì l’umile e attenta voglia di dialogare e confrontarsi per costruire insieme ‘un altro mondo possibile’. In questo momento storico per tutto il mondo e per l’Europa in particolare la posta in gioco è altissima. Sta a noi cogliere la sfida e i ‘segni’ di questi tempi”. Per completezza di informazione, Ferè spiega che Pax Christi parteciperà al Forum in un duplice modo: in quanto membro della Tavola della Pace e della Rete Lilliput parteciperà a tutti i seminari e le iniziative che queste realtà proporranno. Come movimento di ispirazione cristiana, si è fatta carico di promuovere, in collaborazione con altre realtà, due seminari che porteranno all’attenzione del Forum il contributo e il ruolo delle religioni nella costruzione della nuova Europa.

Sull’importanza di un confronto serrato insiste anche Luca Casarini, portavoce dei Centri sociali del Nord Est: “Pensiamo che il modo migliore per costruire un buon Social Forum Europeo sia quello di spostarci in Europa, di conoscerla, di confrontarci. Per questo stiamo viaggiando molto, stiamo incontrando reti sociali, collettivi, associazioni che si riferiscono più o meno direttamente al discorso della disobbedienza. Crediamo che in questo modo si possa costruire un meccanismo di attrazione e discussione di realtà vere rispetto al Social Forum Europeo. Abbiamo fatto incontri in Grecia, in Germania, in Francia, andremo a Copenaghen. Il nostro modo di contribuire al Forum sociale europeo è quello di girare l’Europa per discutere prima”. Anche da parte sua le aspettative sono molte, soprattutto che “sia un grande momento di incontro e discussione, di confronto tra reti sociali che effettivamente, nei loro luoghi di provenienza, stanno sperimentando la battaglia per l’altro mondo possibile. Al di là dell’attrazione che potrà avere il Forum Sociale Europeo per coloro che sono interessati soggettivamente ad ascoltare e vedere, è importante che sia anche un momento operativo”.

Tante anime

Il Forum sociale europeo nasce con più anime. “Una cosa molto positiva”, secondo Casarini che aggiunge: “da un lato c’è una tensione a dare continuità a Porto Alegre. Questo è presente soprattutto in quelli che stanno seguendo tutte le riunioni operative che preparano la struttura del Forum Sociale europeo. Quest’anima ha dato modo in questi due anni di costruire il movimento dei movimenti. L’altra anima è più informale, più legata a fatti concreti che possono succedere prima del Forum Sociale Europeo. Per esempio, in Italia il no alla guerra o lo sciopero generale. Questa seconda anima è più da movimento ed è quella nella quale ci riconosciamo di più. Ci sono poi quelli che si preparano per trovare uno spazio per esporre i loro progetti e materiali. È positivo che ci siano tutti questi fermenti. Credo però che un’anima vada sconfitta ed è quella che pensa al Forum Sociale come a un grande congresso di partito dove riprodurre burocrazie invece che relazioni”. Una preoccupazione che non è soltanto di Casarini. “Credo però che stiamo procedendo bene nell’organizzazione”, aggiunge Agnoletto, “e quindi questo pericolo penso possa essere scongiurato. Siamo riusciti a trovare una strada per lavorare insieme mantenendo e valorizzando le diversità all’interno di una cornice comune che è quella del Forum Sociale Mondiale e della Carta dei principi di Porto Alegre. I principi sono molto chiari: contro la globalizzazione neoliberista, contro la guerra e contro il terrorismo, rifiuto della violenza. Questo è il nostro orizzonte politico e in questo orizzonte c’è un ventaglio di realtà sociali, di Ong, di sindacati, vastissimo. Hanno aderito persino i Ces, i sindacati europei. Anche questa è una cosa molto importante, se pensiamo che a Genova i sindacati erano rimasti per conto loro”. Agnoletto non ha dubbi sulla forza che il Forum può avere, “soprattutto sul tema della guerra. Ci siamo resi conto che fare un dibattito sul mondo che vogliamo non può prescindere dal collocare tutte le tematiche in uno scenario di guerra. Siamo convinti che la guerra non è un fatto casuale, che ci può essere oggi e non c’è domani, ma sta iscritto in questo ordine mondiale, è una faccia di questa globalizzazione neoliberista. Non per niente Bush la chiama la guerra permanente. Allora, quando discutiamo di ambiente, di lotta alla fame, di tutela della salute, dobbiamo sapere che lo facciamo in un mondo che dovrà convivere con questo modello di sviluppo e con queste guerre. C’è tutto un intreccio tra le conseguenze ambientali e anche sanitarie della guerra. Verrà presentato uno studio che dimostra come i conflitti modifichino il contesto sociale in modo da portare a un diffondersi delle patologie epidemiche. Andremo a vedere l’impatto della guerra non solo sull’economia, ma sul tessuto sociale. Il no alla guerra che verrà da Firenze sarà una cosa molto forte e sarà collegato a pensare modelli di sviluppo differenti. Andremo da grandi dibattiti teorici, per esempio, il significato delle religioni nella tematica violenza-nonviolenza a discorsi molto concreti, del come portare, per esempio all’interno del parlamento europeo la proposta della Tobin Tax”.

No alla guerra

Anche Casarini è abbastanza ottimista sulla forza che il Forum potrà avere e spiega cosa si aspetta dall’appuntamento di Firenze: “Quando parliamo di movimento dei movimenti dobbiamo ricordarci che con questo termine vogliamo indicare un qualcosa che muta, che continuamente si muove, che non è definibile, che non è comprimibile. Il Forum sociale europeo è uno spazio pubblico che va creato perché si incrocino, si contaminino, si produca meticciato fra reti sociali differenti su obiettivi comuni. Mi aspetto che ci si confronti su cosa intendiamo per Europa e cosa facciamo per costruire l’altra Europa possibile. È un nodo fondamentale che questo Forum sia operativo, dia delle indicazioni precise e riesca a trovare obiettivi comuni che mettano insieme le differenze, anche se temporaneamente e non su tutto. Evitare che sia una kermesse, per quanto alternativa e simpatica, ma che non produce indicazioni concrete. Mi aspetto che escano appuntamenti, iniziative, che servano a combattere il neoliberismo, le sue ingiustizie, le guerre, le discriminazioni razziali in Europa”. Soprattutto, aggiunge Flavio Lotti, “speriamo che tutto si svolga con grande spirito di ascolto. È la prima volta, dopo molti anni, che si realizza un incontro del genere in Europa. È importante allora che non venga considerato semplicemente come un evento, ma come l’inizio di un cammino tra le varie parti che si incontreranno in questo appuntamento. Le aspettative sono essenzialmente queste: ascoltare e avere la capacità di progettare un cammino futuro. Un cammino che deve avere come punti fermi il ripudio della violenza in ogni sua forma, non soltanto la guerra, dunque, ma anche altri episodi. Un’altra Genova non deve più accadere. Sarebbe grave, ed è uno dei pericoli che temo, se il Forum non si pronunciasse contro ogni forma di violenza. E poi spero che appaia chiaramente la volontà di partecipare alla costruzione di un’Europa pacifica, democratica, aperta al resto del mondo e che veda protagonisti i popoli della comunità. Su questi punti speriamo si possa convergere, anche provenendo da esperienze assai diverse. E infine ci aspettiamo che si valorizzino le diversità, ma senza far prevalere ideologismi che servano semplicemente a ribadire l’identità di qualcuno senza creare delle convergenze vere sui problemi da affrontare”. La presenza della Tavola della Pace nel Forum Sociale Europeo ha una propria specificità che Lotti individua, innanzitutto, nella “promozione della pace, nel contesto della drammatica attualità di oggi in cui è importante più che mai riflettere sui problemi della pace e della guerra per fa sì che l’Europa e la società civile europea assumano fino in fondo questa politica della pace che stiamo tentando di costruire in Italia. Questo significa poco ideologismo: significa coniugare pace e nonviolenza con i diritti umani, pace e politica, azioni concrete di solidarietà nel proprio territorio con azioni di pace e cooperazione internazionale. Affinché il movimento della pace in Europa possa crescere e affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti, a partire da quella che è alle porte della decisione degli Stati Uniti di scatenare una guerra contro l’Iraq. Sarebbe importante ridiscutere il problema della sicurezza internazionale”.

Le aspettative

E torniamo alle aspettative, tante, positive e lungimiranti. Ferè si aspetta “che emerga, come a Porto Alegre, il volto di una società civile matura e responsabile che è sempre più capace non solo di analisi e di denuncia ma anche e soprattutto di progetto e costruzione. Fondamentale questo in un passaggio storico in cui il tradizionale mondo politico stenta ad avere progetti e visioni di ampio respiro sui grandi problemi che affliggono il mondo oggi”. Lotti si attende “una volontà di ascolto reciproco, oltre alla volontà di dialogo. È importante “che si vada a Firenze non solo per dire quello che si pensa, ma, anche per ascoltare quello che gli altri hanno da dire” e si augura “che, grazie a questo ascolto, cresca anche una volontà di mettere da parte l’ideologismo per ricercare un’alleanza tra tutti coloro che vogliono cambiare questo mondo per promuovere la globalizzazione della solidarietà, dei diritti umani e della giustizia”. Conclude appellandosi alla volontà di tutti di lavorare “per costruire questa grande alleanza che deve essere fatta tra coloro che condividono questi obiettivi, lavorando fuori o dentro le istituzioni. Se questo movimento dovesse essere anti-istituzionale o dovesse mancare questo spirito di forte collaborazione, credo che finirebbe per produrre ben poco”. Secondo Rasimelli “sarà un evento spettacolare, di discussione, che farà vedere quanto su questo tema ci sia in termini di energia, di iniziative, di elaborazione culturale, in modo più ampio di quanto non si percepisca nella realtà quotidiana”. Poche parole, infine, per convincere gli indecisi …. Lotti propone loro di partecipare “perché i tempi sono così gravi, bui e grigi che dobbiamo fare ogni sforzo per cercare insieme di uscire da questo tunnel. Abbiamo bisogno certamente di metterci in gioco un po’ tutti, ribadendo i nostri principi, i nostri valori, ma aperti anche a un confronto ampio, aperto, con coloro che magari oggi ci sembrano più lontani”. Rasimelli ricorderebbe agli indecisi che “se c’è una critica o un disagio si deve esprimere per confrontarsi con altre posizioni” e Ferè farebbe appello alle parole di don Tonino Bello. “Ogni cristiano ha il compito di essere costruttore di un mondo di Pace: la Pace è la ‘Convivialità delle differenze’. Questo Forum sarà il luogo delle differenze, non dobbiamo nascondercelo; sarà il luogo dove si incontreranno identità talvolta profondamente diverse e che arrivano da percorsi diversi. Ma non dobbiamo avere paura della diversità! È proprio qui il segreto, la chiave di volta che ha fatto di Porto Alegre, e che farà di questo Forum un evento carico di profezia e di originalità. Il Forum vorrà essere il luogo di incontro conviviale di tutte queste differenze... il laboratorio di una Pace possibile. Il luogo per guardare, ciascuno con la sua originalità ma insieme, il futuro e chiedersi ancora una volta ‘sentinella... quanto resta nella notte?’ Per questo soprattutto chi si professa credente non può sentirsi estraneo a quanto accadrà a Firenze”.

 

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