Forum Sociale Europeo. La sfida del cambiamento
Firenze
si candida a diventare la capitale sociale dell’Europa. Tra il 6 e il 10
novembre, almeno 10mila persone provenienti da tutto il mondo animeranno il
Forum Sociale Europeo: trenta grandi conferenze, centinaia di seminari e workshops,
attività culturali e una grande manifestazione per lo sviluppo e la pace che
coinvolgerà la città. Sarà un percorso di discussione e confronto che
attraverserà tre principali temi: globalizzazione e liberismo, guerra e
pace, diritti-cittadinanza- democrazia, che racchiudono un ragionamento
sull’Europa considerata per il suo ruolo di grande potenza politica ed
economica e per la fase di mutamento interno che mette a rischio le conquiste
sociali acquisite nell’ultimo secolo.
A partire da Porto Alegre
Ci
vorrà ancora qualche settimana per conoscere il dettaglio del programma:
infatti il confronto per la scelta degli interventi è solo ora nella sua fase
decisiva, e chi vorrà potrà seguire questa passaggio delicato attraverso il
sito www.fse-esf.org. Alcune scelte sono però chiare sin d’ora e
confermano che bisogna evitare di trasformare questo incontro in un
“carosello” di pensatori e accademici e cercare invece di dare voce a chi
vive nei movimenti e nella realtà sociale. Il Forum di Firenze non si concluderà
con l’adozione di un documento comune, nel rispetto della complessità dei
movimenti che si riconoscono nella Carta dei Princìpi di Porto Alegre;
molto probabilmente saranno presentati appelli, proposte per iniziative e
Campagne dai tanti e diversi segmenti di questo movimento dei movimenti, a
partire dall’Assemblea dei Movimenti Sociali, che si riunirà a
Firenze proprio in coda al Forum Sociale Europeo. Il grande laboratorio di
costruzione di questo evento ha iniziato a lavorare con la conclusione del Forum
di Porto Alegre, dove è stata presa la decisione di sostenere lo svolgimento di
Forum continentali e regionali. È una trama organizzativa che deve la
sua complessità all’obiettivo irrinunciabile di dare vita a un’esperienza
di vero profilo europeo e che sia anche rispettosa della ricchezza culturale
della società civile. Un percorso fatto di conferenze preparatorie
internazionali, che alla fine saranno state quattro e la “carovana”
dell’organizzazione si sarà spostata dal Belgio all’Austria, alla Grecia e
alla Spagna; a questi incontri poi bisogna aggiungere una serie di riunioni più
o meno ristrette.
Una
babele di lingue e di popoli, un fatto che non va dimenticato.
L’Europa, sotto questo punto di vista, è molto meno unita di quanto si possa
pensare e quindi le discussioni e le proposte devono essere rielaborate in
inglese, francese, spagnolo, greco e russo. Durante i giorni del Forum, per gli
incontri è prevista la traduzione in sei diverse lingue e si pone un enorme
problema di finanziamento che, pur volendo, non si può minimizzare, con
tutti i problemi di reperimento delle risorse (rapporti con le istituzioni
locali, sponsorizzazioni) e di discriminazione che comporta. Questo è solo uno
degli elementi del fitto lavoro organizzativo necessario per lo svolgimento del
Forum: stabilire un rapporto positivo con le istituzioni e la città, trovare le
strutture per centinaia di eventi oltre che l’ospitalità per migliaia di
persone.
La pazienza di costruire
L’elemento
nazionale rischia anche di influenzare la definizione del programma degli
interventi, dove è riemersa l’esigenza di trovare uno spazio adeguato per
ogni raggruppamento nazionale. Gli italiani in questo percorso hanno
dimostrato una maggiore flessibilità rispetto a quella di altri compagni di
viaggio e, ad esempio, ci siamo sempre sforzati di esprimerci in una lingua
diversa dalla nostra. È una sfida per il futuro e bisognerà verificare se il
nostro impegno all’internazionalizzazione troverà nei prossimi anni degli
eredi all’altezza. È un processo di respiro internazionale che presenta ovvi
limiti, fra i quali sicuramente quello dei tempi e dei costi e quindi quello del
rischio dello scivolamento verso la politica di professione e cioè
l’esclusione delle forze più genuine della società. Si tratta di
un’esperienza che mette a dura prova la capacità di autorganizzazione
della società civile e, se dobbiamo riconoscere i limiti, bisogna anche essere
chiari nel dire che la critica che viene mossa della mancanza di trasparenza o
della presunta segretezza è ingenerosa. La scelta di svolgere tutte le riunioni
in modo aperto, alle quali hanno partecipato diverse migliaia di persone, è la
migliore dimostrazione di una scelta nel senso dell’apertura, che però si
scontra con un muro di difficoltà materiali. Nelle riunioni plenarie e dei
gruppi di lavoro - programma, organizzazione ed allargamento della rete - si
deve costantemente fare un lavoro faticoso e paziente per ricostruire gli
equilibri fra organizzazioni e culture. Sono equilibri instabili messi a rischio
dai molti interessi che mettono in dubbio la rappresentanza e le legittime
aspettative dei tanti che vogliono partecipare. Il gruppo di lavoro italiano
sembra essere quello più complesso e ricco di esperienze culturali e politiche,
cha vanno dai partiti di sinistra al movimento dei forum sociali e ai movimenti
di base laici e di ispirazione religiosa; una ricchezza che è difficile
ritrovare negli altri paesi.
Vecchi e nuovi compagni di strada
La
costruzione dell’evento è forse più importante dell’evento stesso. In quattro
giorni di incontri e discussioni si può raggiungere poco senza aver
investito risorse, tempo e ragionamento nell’esperienza di costruzione di reti
e di alleanze. Si tratta di imparare a conoscersi e a lavorare insieme intorno a
comuni obiettivi. Si può dire che questa esperienza è forse la più larga fra
quelle che abbiamo vissuto negli ultimi anni. All’interno di questo percorso
ad esempio troviamo sicuramente molti dei protagonisti dell’esperienza di Genova
- alcune grandi associazioni nazionali, il sindacalismo di base - ai quali si
accompagna la presenza vitale di alcune reti che questa volta hanno deciso di
puntare su un evento complesso e difficile con il Forum Sociale. Penso in
particolare alla Tavola della Pace e al Forum Permanente del Terzo
Settore, che hanno trovato un modo proficuo di lavorare insieme alla Rete
Lilliput; forse non poteva essere diversamente visto il legame che queste
esperienze hanno con il Forum di Porto Alegre. Importantissimo anche il
riavvicinamento delle organizzazioni sindacali più grandi, presenti attraverso
la confederazione europea dei sindacati. Siamo tutti animati dalla spinta al
cambiamento, dall’impegno per la costruzione di rapporti economici, sociali e
politici più equi e capaci di rispondere ai bisogni dell’umanità. Firenze è
il luogo dove rafforzare le premesse per questo cambiamento. La sfida sarà
quella di fare entrare queste risorse ed energie nel circuito dei processi
politici e istituzionali dove le decisioni vengono prese. Questa è la sfida che
bisogna tener in mente percorrendo la strada che ci porta a Firenze e che ci
vedrà probabilmente ancora uniti quando dovremo difendere la pace o affermare i
diritti dell’umanità.