IMMIGRAZIONE

Evento inesorabile

Gli immigrati nel nostro Paese sono 3.035.000 e appartengono a 190 etnie.
Tutti i dati della Caritas.
Pino Gulia (ACLI, Coordinatore Area Immigrazione Nazionale)

Alla fine del 2005 gli immigrati regolari presenti in Italia erano 3.035.000, cioè il 5,2% della popolazione italiana. È, questa, una popolazione giovane che ha tra i 15 e i 44 anni. Questo il primo dato che balza subito agli occhi leggendo il XXVI Dossier statistico immigrazione 2006, redatto dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Migrantes. Quando si parla di presenza di immigrati viene in mente l’idea di un gruppo omogeneo di persone, ripartite equamente su tutto il territorio nazionale. E invece non è così. Gli immigrati in Italia appartengono a circa 190 etnie, cui corrispondono altrettante lingue e provengono da ogni continente. “Ogni 10 stranieri, 5 sono europei (soprattutto dall’Est Europa), 2 africani, 2 asiatici, 1 americano. In Nord Italia risiede il 59,5% degli immigrati, nel Centro vi è il 27% e nel Meridione il 13,5%. Le province con il più alto tasso di incidenza della popolazione straniera sono: Prato con il 12,6%, Brescia con 10,2%, Roma con 9,5%, Pordenone con il 9,4%, Reggio Emilia 9,3%, Treviso 8,9%, Firenze 8,7%, Modena 8,6%, Macerata e Trieste con 8,1%”. Questi dati e queste percentuali ci dicono quanto siano importanti politiche di integrazione se si vuole costruire una società in cui la conflittualità sia a bassa soglia. Purtroppo vanno aumentando azioni di discriminazione nei confronti di cittadini e lavoratori immigrati ma anche molestie nei loro confronti che certamente non aiutano a costruire una pacifica convivenza.

Casi di discriminazione razziale si sono avuti in maggioranza nel Nord Italia, investendo ambiti lavorativi, di accesso all’abitazione, nella scuola, nei servizi pubblici. I permessi di soggiorno sono il 62,6% per motivi di lavoro e il 29,3% per famiglia: questi dati indicano la stabilità del processo migratorio e quindi del progetto migratorio. Gli immigrati sono ormai parte significativa e stabile della nostra società. Raramente la società d’accoglienza è consapevole del fatto che si tratta di persone “in cambiamento”, proiettate sul futuro e che, nonostante le loro aspirazioni iniziali, faranno parte in modo stabile e definitivo della nostra società. Lo sforzo cui sono chiamati oggi i politici, gli amministratori, i responsabili dell’educazione è quello di coagulare, su progetti socializzanti, obiettivi sociali concreti e di interesse comune (educativi, socio sanitari, assistenziali, culturali, religiosi, del tempo libero).

Nel lavoro

Secondo le previsioni Eurostat/Istat, i giovani lavoratori italiani (15-44 anni) diminuiranno di 1.350.000 unità nel 2010 (di 3.209.000 unità nel 2020) e per quella data si prevede un raddoppio dell’attuale presenza numerica degli immigrati. Gli italiani più anziani (45-64 anni) aumenteranno di 910.000 unità nel 2010 (di 1.573.000 unità nel 2020). Il trend avrà ripercussioni sul mercato lavorativo, dove gli immigrati sono destinati a esercitare un peso crescente. Sul totale delle assunzioni annuali, gli immigrati incidono per un sesto. Uno ogni dieci occupati è nato in un Paese extracomunitario. Sono 173.000 i nuovi lavoratori stranieri assunti per la prima volta nel 2005 (per l’11,6% in agricoltura, per il 25,6% nell’industria e per la restante quota nei servizi). 130.969 gli immigrati titolari di azienda (con un aumento del 38% rispetto al 2005): le attività si concentrano nei settori dell’edilizia e del commercio, dove crescente è anche il coinvolgimento delle donne.

La banca dati dell’Inps conferma però le basse retribuzioni dei lavoratori immigrati: mediamente, la metà di quelle degli italiani. Notevoli le differenze anche in considerazione del sesso, del luogo e del settore di lavoro. Molto elevata la partecipazione sindacale: sono 526.320 gli immigrati iscritti rispetto al totale di 5.776.269 lavoratori sindacalizzati.

Questo esprime la necessità di essere meglio tutelati sul piano del riconoscimento della professionalità, dei diritti contrattuali e della prevenzione.

Qualche considerazione

A Ellsi Island, a New York, al Museo della Migrazione dove viene ricostruita la storia dell’emigrazione negli USA, di quella emigrazione che ha fatto l’America e che è stata determinante nel costruire la democrazia e la ricchezza di questo continente, c’è, tra i tanti ricordi dell’emigrazione italiana, una frase detta da un cittadino italiano emigrato all’inizio del Novecento e che recita più o meno così: “Quando dovevo partire per l’America mi dissero che avrei trovato strade lastricate d’oro. Quando sono arrivato in questo nuovo mondo queste strade non l’ho trovate, anzi le strade non erano nemmeno lastricate. A dirla tutta, quelle strade l’ho dovute lastricare io!”.

Oggi l’America rende omaggio con profonda gratitudine a quei migranti che con la propria fatica, con le umiliazioni subite, con la speranza di un futuro migliore, hanno davvero “lastricato d’oro le strade”. Il dossier statistico ci “racconta”, con dei numeri, la migrazione di oggi: delle attese e delle speranze di uomini, di donne e bambini che lasciano tutto per affrontare un “nuovo mondo” nella speranza di costruirsi un futuro. Lo fanno con dei sogni (le strade lastricate d’oro), lo fanno con l’impatto crudele di un inserimento nelle nuove società duro e spesso umiliante (i lavori che gli autoctoni non vogliono più fare, malpagati, senza riconoscimento per le professionalità assunte nei propri Paesi). Lo fanno nella inconsapevole certezza che con il loro coraggio stanno costruendo un “nuovo mondo”, appunto!

La pubblicazione annuale del dossier è un pungolo: dovremmo cominciare anche noi, italiani, a rendere omaggio a questa popolazione che ha scelto di vivere con noi. A loro spesso noi affidiamo, senza riconoscerlo, quanto di più caro abbiamo, i nostri anziani e i nostri figli; a loro chiediamo di lavorare in agricoltura, nella panificazione, perché possiamo quotidianamente imbandire le nostre tavole. A loro chiediamo di lavorare in quei posti che noi abbiamo abbandonato ma che sono parte della nostra ricchezza (dagli altiforni alle manifatture). Sarebbe bello che il nuovo anno veda nascere una nuova legge sull’immigrazione lungimirante e dignitosa!

Oltre i numeri

I dati freddi del Dossier ci raccontano anche di queste fatiche, di queste umiliazioni, delle difficoltà a farsi accettare: una normativa restrittiva e particolarmente penalizzante nei confronti di chi immigra; i pregiudizi che accompagnano l’immigrato ancor prima di arrivare in Italia (il 40% degli italiani crede che gli immigrati siano dediti alla criminalità).

Circa 860.000 persone straniere si trovano in condizioni di disagio abitativo: questa carenza determina problemi sia di carattere anagrafico (i problemi di carattere abitativo, pur legalmente soggiornanti, non permette di iscriversi come residenti) sia di salute (si pensi ai bambini sottomessi continuamente allo stress dello spostamento o alla precarietà dell’abitazione, con inevitabili ricadute negative sull’andamento scolastico). Oltre la metà degli stranieri vorrebbe sentirsi maggiormente partecipe della vita della città in cui vive e in cui lavora: il diritto di voto amministrativo sarebbe un traguardo significativo. Gli immigrati e le loro famiglie esprimono una grande ricchezza. Sono, infatti, persone fortemente motivate a realizzare un progetto di miglioramento socioeconomico a beneficio della propria famiglia in Italia e di quelle nel Paese di origine. Provengono da orizzonti culturali diversi, tuttavia sono accomunati da una ancora forte esperienza di solidarietà e coesione sociale.

Per questo motivo l’immigrazione è una fonte di rinnovamento per le nostre società svuotate e senza coraggio. Padre Davide Maria Turoldo già nel 1990 ebbe l’intuizione di comprendere una cosa che noi facciamo ancora fatica a comprendere e che cioè l’immigrazione sarebbe stata per noi tutti un “evento”... “Analizzerò soltanto l’aspetto umano e storico del problema, che poi è molto più di un problema e che non basta neppure qualificarlo solamente come fenomeno. Si tratta, addirittura, di un evento che coincide con la natura stessa dell’uomo e quindi dell’umanità: evento, appunto inesorabile, provvidenziale e necessario; metafisico nel suo valore e nei suoi significati; segno del mondo che marcia verso la sua unità. Significherà non tanto mettersi contro, quanto sapere come si farà questa unità e quale sarà il suo contenuto”.

 

 

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