DIALOGO INTERRELIGIOSO

Ai crocicchi delle fedi

A Verona sta nascendo un laboratorio inedito per raccordare politica, religione, cultura e la cittadinanza a rimuovere gli ostacoli alla pace e alla convivenza.
Sergio Paronetto (Tavolo interreligioso del “Municipio dei popoli” di Verona)

Anima mia, canta e cammina. E anche tu fedele di chissà quale fede; oppure uomo di nessuna fede: camminiamo insieme. E la terra si metterà a fiorire. Qualcuno – colui che tutti cerchiamo – ci camminerà accanto (D.M. Turoldo).
Si parla spesso di dialogo tra religioni. Stanno anche nascendo luoghi di confronto in varie parti.
A Verona si sta formando un laboratorio inedito.
Un Convegno come quello celebrato il 2 dicembre 2006, dal titolo “Comunità religiose e politiche sociali”, è stato un evento nuovo che può aprire una strada politica innovatrice di respiro nazionale ed europeo. 

Maturato all’interno dell’assessorato alle Politiche Sociali in sintonia con il Tavolo interreligioso del “Municipio dei popoli” del Comune di Verona e con il corso di laurea in Scienza dei Servizi sociali dell’Università, l’iniziativa veronese si è proposta e si propone di mettere in rete almeno quattro realtà: la politica, cioè le politiche sociali; le istituzioni politiche e l’amministrazione degli Enti Locali; la religione, cioè le comunità religiose disponibili a diventare assieme componenti vive della società; la cittadinanza attiva, le esperienze di lavoro comune già avviate in Italia tramite tavoli, forum, unioni, centri, consulte; la cultura, cioè le culture dialoganti, realtà formative come l’università e, in prospettiva, le scuole e i progetti di intercultura. Sono le quattro gambe del dialogo laico interreligioso.

La riflessione si è laicamente centrata sulla necessità di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono “il pieno sviluppo della persona umana”, secondo l’articolo 3 della Costituzione italiana. Sono stati ricordati anche l’articolo 2 sulle “formazioni sociali” e sui “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e l’articolo 8 sulle “confessioni religiose egualmente libere davanti alla legge” con rapporti regolati sulla base di “intese” (per molte comunità ancora inattuale).

Religione civile

Da tempo non esiste più la religione degli italiani, ha osservato nella sua relazione Paolo Naso. Nemmeno è importante, anzi è controproducente, ha poi affermato il cattolico Sergio Gaburro, organizzare una “religione civile” a scapito sia delle istanze profetiche delle fedi sia della dimensione laica della politica che deve realizzare politiche sociali non tanto per bensì con chi ha bisogno. È decisivo predisporsi a conoscere l’Italia delle religioni (ne sono state censite circa 600). L’esperienza di fede ci porta verso l’alto. Nel mosaico delle religioni è possibile individuare una riserva etica comune: l’amore per il prossimo, la solidarietà con i poveri, il rapporto con gli altri, il bisogno di spiritualità. Per sviluppare il dialogo, necessariamente lungo e complesso, Naso ha ricordato tre premesse: il riconoscimento della laicità dello Stato, da precisare, approfondire e condividere; la conoscenza dell’ampia varietà religiosa, l’attenzione alla differenza dei comportamenti socio-politici; l’individuazione di un’agenda sociale.

Quale laicità?

In questi anni l’enfasi sulle “radici cristiane” ha rischiato di bloccarci in polemiche ideologiche e strumentali. Non basta proclamare le radici, hanno ricordato sia Paolo Naso che Marco Dal Corso (Cantieri del Dialogo di Verona). Occorre guardare ai rami e ai frutti tenendo presente che gli esseri umani non sono piante ma hanno gambe e piedi, camminano e cambiano. I modelli di convivenza sono molti, tutti limitati e fallibili (a volte falliti). Oggi a noi spetta capire quale laicità intendiamo affermare: non pura distinzione o separazione di ambiti, tanto meno “sottrazione” di spazi di visibilità alle comunità credenti, come in Francia. Non può interessarci una laicità di rifiu to. Meglio una laicità di rispetto, una laicità per “addizione”. Laicità, quindi, vuol dire progettare un modello relazionale. Le religioni hanno bisogno di laicità, la laicità ha bisogno della loro riserva etica che arricchisce la politica e la società. Occorre superare un ritardo culturale e politico, che si evidenzia negli impacci concernenti l’applicazione dell’articolo 8 della Costituzione.

È necessario anche vincere la paura del pluralismo religioso che si diffonde a causa di campagne mediatiche allarmistiche e si evidenzia sia nella mancanza di una buona legge sulla libertà religiosa sia nell’assenza di una seria politica per l’immigrazione- integrazione. Fondamentale è individuare l’agenda sociale possibile delle comunità di fede. Quattro sono i capitoli sociali prioritari: 1. la pace, la solidarietà e la giustizia. In quanto operatori di pace, i credenti devono organizzare una società che sappia lottare contro la povertà. La Carta Ecumenica del 2001 contiene l’invito a un’azione nonviolenta di grande respiro così come il cammino ecumenico verso l’incontro di Sibiu in Romania (ottobre 2007); 2. la natura e l’ambiente, una delle più gravi emergenze contemporanee che vede da tempo particolarmente sensibili ortodossi, ebrei, induisti e buddisti. Il dramma della natura deve spingerci a modificare un comportamento “rapace e catastrofico” cambiando mentalità secondo il principio che la terra è di Dio; 3. la vita e la famiglia, argomento delicato che vede differenziate o contrapposte le comunità credenti non solo tra loro ma anche al loro interno, in particolare sul ruolo sociale della donna e dei bambini (ne sono esempi la riserva cattolica su alcune questioni bioetiche, sessuali e fami liari o la polemica artificiale sulla poligamia); 4. l’accoglienza e l’integrazione degli “stranieri” per i quali è ancora assente una vera politica. Per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, lo straniero diventa una presenza divina e un’opportunità civile per esprimere un’identità nuova, plurale: ad esempio quella europea e musulmana.

Fuori dalle gabbie

Gli esponenti di tavoli o forum interreligiosi hanno presentato le esperienze del Tavolo delle appartenenze religiose di Trento (Martinelli), della Casa delle culture di Modena (Reggiani), del Forum delle religioni di Milano (Alberti), del Cipax di Roma (Novelli) e dell’Associazione Santa Lucia di Verona (Mengalli). L’esperienza della fede, si è detto, genera di per sé attività sociale, vissuta come “teologia delle piccole cose” tramite una pedagogia dei gesti. Interessante per il suo carattere emblematico è stata la proposta islamica, ebraica e cristiana di Verona, presentata da Mengalli, di sostenere un ospedale in Libano. La conversazione tra i rappresentanti religiosi si è svolta tra Teodor Baconsky (ortodosso e membro del governo rumeno), che ha condiviso le sue speranze per l’ingresso della Romania nell’Unione europea, e gli altri: Piccardo (islamico), Rapisarda (battista), Rimini (ebreo), Gaburro (cattolico), Bellini (mormone), Toukchoumskaia (ortodossa russa), Robiati (baha’i), Seiun (buddista). È significativo che sia stato un religioso (mormone) a proporre la metodologia di Voltaire (“non condivido le tue idee ma mi batto fino alla fine perché tu possa esprimerle”) come base di un confronto che sappia smantellare, osservava il musulmano, le nostre “gabbie culturali” e realizzare, come auspicava il battista, il sogno di M. Luther King. Lo scambio ha offerto un panorama differenziato di temi e di registri linguistici, animati dalla volontà di cercare i punti di raccordo tipici di una laicità relazionale: la dignità umana, la libertà religiosa, la lotta a tutte le povertà, le politiche di accoglienza e di accompagnamento, un’Europa aperta alla spiritualità, alla pace e alla giustizia, l’attenzione ai più deboli, la carità definita dalla signora baha’i come “amore in azione” una formazione culturale (interculturale) e spirituale.

Due considerazioni finali. La prima riguarda la necessità della sintesi politica. Accanto ai luoghi autonomi del confronto più vario, radicati in varie realtà con varie modalità, per evitare la dispersione o la sovrapposizione delle tematiche e delle esperienze, risulta necessario individuare luoghi di sintesi politica di indirizzo costituzionale nel concreto della cittadinanza quotidiana. In tale ambito è possibile immaginare due sentieri. Il primo è quello di una Consulta delle religioni articolata in luoghi e momenti “per la riconciliazione e il perdono”. Il secondo ci porta alle esperienze dei Coordinamenti provinciali o regionali degli Enti locali per la pace e i diritti umani (uno è stato avviato a Verona nel settembre 2006 per iniziativa di 9 Comuni), collegati alla Tavola della Pace di Perugia e al Coordinamento nazionale omonimo. La seconda invita a considerare il dialogo interreligioso come parte integrante della gestazione della pace come valore, metodo e stile di vita. È “sperimentazione della verità”. La ricerca in atto non è tanto “contaminazione” di elementi consolidati per ripetere in modo moltiplicato quello che già siamo, ma “interazione” o “fecondazione” reciproca per cominciare a essere quello che ancora non siamo, per una nuova nascita. Il rispetto delle identità si unisce, così, alla coscienza del loro limite che è anche apertura, interdipendenza. Le singole identità, osservava Ernesto Balducci, sono frammenti di un tutto nascosto nel futuro.

 

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