CHIAVE D’ACCESSO

Chi mina l’ambiente?

Poca partecipazione, pochi controlli: il fallimento dell’ambientalismo italiano e i diritti partecipativi garantiti ai cittadini e alle associazioni restano nel cassetto.
Alessandro Marescotti

Un nuovo diritto europeo fornisce a tutti i cittadini il diritto di inviare osservazioni sulle emissioni inquinanti delle industrie. Sapete quanti cittadini italiani hanno sfruttato questo diritto nel 2007? Uno solo. Avete letto bene: uno solo!

Ma andiamo a ficcare subito il naso nel diritto europeo che un solo cittadino italiano ha saputo utilizzare. Trattasi dell’articolo 5 comma 7 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n.59.

Tale decreto, di cui ci eravamo già occupati su Mosaico di Pace, recepisce la direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla “prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento” (e successive modificazioni).

Il decreto disciplina l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e all’art.1 sancisce che nell’ambito di tale Autorizzazione Integrata Ambientale “devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili”. In quel comma 7 dell’articolo 5 è previsto che ogni cittadino interessato può “presentare in forma scritta, all’autorità competente, osservazioni sulla domanda” di Autorizzazione Integrata Ambientale presentata dalle aziende.

Il “pubblico” detentore dei diritti ambientali è così definito dalla normativa europea: “Una o più persone fisiche o giuridiche, nonché, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone”.

Come si può notare la normativa europea garantisce diritti non solo alle associazioni e ai gruppi ma direttamente ai cittadini come individui. Che cosa hanno fatto i partiti politici per informare i cittadini che hanno questi diritti nell’ambito dell’AIA? E che cosa hanno fatto le associazioni ambientaliste che tante sponsorizzazioni accettano dalle aziende a cui poi dovrebbero fare le pulci con le osservazioni?

Provate a fate un giro sul sito http://aia.minambiente.it e cliccate su “Area libera consultazione”.

Scoprirete che la Legambiente si è fatta promotrice di osservazioni per un solo impianto (nel Veneto) sui 139 sottoposti ad AIA nazionale. E si è aggregata, anche se con il mal di pancia, alle osservazioni del Comitato per Taranto per l’Ilva di Taranto.

Questo significa che Legambiente ha presentato osservazioni solo per l’1% delle aziende che avevano chiesto l’AIA nazionale. Se andate sul sito nazionale di Legambiente non trovate nessuna campagna di sensibilizzazione e informazione sull’AIA che promuova la partecipazione a questa importante procedura democratica e partecipativa. Legambiente per bocca dei suoi dirigenti da tempo ripete che “è finita l’era di dire sempre no”.

Ma a ben vedere i diritti partecipativi contenuti nell’AIA consentono di richiedere in positivo le “migliori tecnologie disponibili” (le cosiddette BAT). Ma i dirigenti nazionali di Legambiente stavano entrando nel Partito Democratico e non hanno avuto tempo per pensare all’AIA.

Su 139 impianti sottoposti alla procedura nazionale di AIA sono prevenute “osservazioni” solo in cinque casi, due per iniziativa di associazioni (Legambiente e Italia Nostra) e due per iniziativa di comitati di cittadini (a Taranto e a Falconara).

Sempre a Taranto (la città più attiva per la battaglia dell’AIA) si registra una lodevole dei malati di leucemia con l’AIL locale. Il WWF ha mandato osservazioni per l’AIA regionale dell’acciaieria di Servola a Trieste.

Il tutto è stato frutto dell’interessamento spontaneo dei gruppi locali, non per impulso centrale: ecco il grande fallimento dell’ambientalismo italiano. La frittata è stata fatta. Ma solo per metà. Non dategliela vinta ai vostri inquinatori. Anche se fuori tempo massimo, voi cittadini potete rivendicare il diritto di partecipare.

Scrivete delle osservazioni dopo aver letto la documentazione dell’industria più vicina a voi dal sito http://aia.minambiente.it e in questo fatevi aiutare da qualche ingegnere, da qualche chimico, da qualche medico.

Buttate giù una relazione sulle emissioni inquinanti, sulle omissioni della documentazione e sulle misure per prevenirle e ridurle.

Non aspettate altri: fatelo voi! Vi diranno che avete la sindrome di Nimby. Ma non ci fate caso: siete solo malati di democrazia.

 

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