Cammin leggendo
L’attualità e necessità di Gandhi nei nostri anni è tanto maggiore quanto maggiore è oggi il peso sull’umanità e la distruttività della guerra come di ogni altra violenza (economica, razziale, culturale).
Perciò segnalo in primo luogo il libro che più direttamente confronta l’apporto di Gandhi con la situazione e le idee dominanti di questo nuovo secolo: Giuliano Pontara, L’antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006.
Pontara curò oltre trent’anni fa quell’antologia degli scritti di Gandhi – Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi 1973, poi 1996, uscita nuovamente nell’ottobre 2006 allegata a un quotidiano in diffusione popolare – che rimane ancora la più maneggevole raccolta di qualità per leggere il Mahatma.
In L’antibarbarie, Pontara estrae dal nazismo, la più terribile violenza del Novecento, otto caratteristiche essenziali, sfrondate dagli aspetti caduchi, e constata che esse si ritrovano, nella sostanza, nel sistema mondiale di oggi, anche spesso sotto una superficie di forme democratiche. Quindi, nei vari capitoli in cui approfondisce in modo originale il pensiero e l’esperienza di Gandhi, mostra che in questa teoria e azione troviamo “l’antibarbarie”, la più solida possibilità di resistenza e opposizione, fino alla sperabile liberazione, nella trasformazione del sistema violento.
Il libro di Fulvio Cesare Manara, Una forza che dà vita. Ricominciare con Gandhi in un’età di terrorismi, edizioni Unicopli, Milano 2006, si segnala per essere un lavoro fitto e ampio, non celebrativo ma critico, per la cura conoscitiva, per il controllo dei punti di vista del ricercatore (p. 30), e perché si lascia porre sotto giudizio (p. 43) e vede anche aspetti critici di Gandhi (p. es. p. 55).
L’autore lavora sulle fonti gandhiane originali (pp. 30-32), sulle quali dà anche utili consigli al lettore (pp. 28-32), con molta cura, ricerca e precisione testuale, e ricchezza di citazioni sicché spessissimo fa parlare Gandhi stesso. I vari capitoli sono dedicati a religione, religioni, verità; al metodo satyagraha; al terrorismo; alla progettazione sociale; al nazionalismo; all’istruzione; all’economia; alla difesa nonviolenta.
Già vedere il capitolo sul terrorismo e quello sulle religioni dà un’idea di quanto calzante sui più acuti problemi di oggi sia il messaggio di Gandhi, a piena giustificazione del sottotitolo del libro.
Un libro piccolo e preciso è quello di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi. La violenza è l’ultima parola della storia?, ed. Icone 2001. La sua proposta centrale, esatta, è che non la ahimsa (non fare violenza), ma il satyagraha (azione con la forza profonda dello stare afferrati alla verità della vita) è la nonviolenza attiva vissuta e insegnata da Gandhi.
Avendolo tradotto, ho centellinato parola per parola il consistente libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace, prefazione di Roberto Mancini, ed. Plus, Pisa University Press 2004. Il “principio nonviolenza” è lo scandalo esistenziale, insopprimibile, davanti alla violenza della storia, una reazione tale da essere “atto fondatore” della ricerca filosofica per immaginare e progettare condizioni di vita libere, o più libere, dalla violenza. La vita senza violenza, dunque, è ben più che una sicurezza materiale: è un’esigenza filosofica, una risposta alta alla morte, un’esigenza politica, un significato della storia. Muller dialoga fittamente con i filosofi. A Gandhi dedica pagine chiare e originali, ma il Mahatma è presente in tutto il libro. Il quale si articola, con riflessioni di fondo, attorno a tutti i problemi odierni di superamento della violenza.
Mark Juergensmeyer, Come Gandhi. Un metodo per risolvere i conflitti, ed. Laterza 2004 (1984). Questo libro di Juergensmeyer (autore anche di Terroristi in nome di Dio. La violenza religiosa nel mondo, ed. Laterza, Roma-Bari 2003), espone i principi del satyagraha, indica Gandhi come precursore della soluzione dei conflitti win-win game, cioè a somma positiva, con vantaggi per entrambi i contendenti, invece che a somma zero, con vantaggi per il vincitore e danni per il vinto, ciò che sempre è seme del successivo conflitto. Mi pare ancora utile, questo libro di oltre vent’anni, per conoscere le alternative oneste ed efficaci alla violenza senza rinunciare alla lotta giusta. Alla fine, Juergensmeyer ci dice: se la verità è il vostro scopo, il metodo gandhiano funziona e permette di combattere ed essere morali nello stesso tempo. “Se anche nient’altro dovesse cambiare, forse cambierete voi. E ci avrete guadagnato non poco”.
La cosa che meno si conosce di Gandhi è il suo pensiero economico e le relative esperienze pratiche. Non è una pubblicazione recente, ma la prima cosa attuale – nonostante che alla prima lettura appaia inaccettabile – è la sostanza del suo libretto, Civiltà occidentale e rinascita dell’India (titolo originale Hind Swaraj, scritto nel 1908, prima edizione 1921), edizioni del Movimento Nonviolento 1984. Compreso nell’essenziale, l’opuscolo anticipa di un secolo (nel 2008 bisogna rileggerlo) i problemi odierni, non tanto economici quanto vitali, dei consumi e delle risorse, della tecnica e dell’umanità. Un altro testo gandhiano, finora inedito, dello stesso 1908, Sarvodaya. Un’economia a servizio degli ultimi, compare nella rivista Satyagraha, n. 6, dicembre 2004, La gioia della povertà conviviale, a cura di Rocco Altieri, ed. Plus, Pisa University Press. Il termine Sarvodaya significa benessere di tutti. In tema, va ancora segnalato l’opuscolo di Giovanni Salio, Elementi di economia nonviolenta. Relazioni tra economia, ecologia ed etica, con un saggio di Brian Martin, Nonviolenza contro capitalismo, edizioni del Movimento Nonviolento, 2001.
Tra i testi di Gandhi pubblicati o ripubblicati di recente, amo segnalare Per la pace. Aforismi, Feltrinelli 2004, per il valore della Introduzione (pp. 9-44) di Thomas Merton.
Infine, in italiano, di Gandhi, Una guerra senza violenza. La nascita della nonviolenza moderna, Libreria Editrice Fiorentina 2005 (titolo originale Satyagraha in South Africa, 1924-1925). Gandhi vi descrive a lungo, vari anni dopo i fatti, le sue lotta in Sudafrica a difesa degli immigrati indiani, e così ci mostra passo passo il formarsi e consolidarsi, in parallelo, della sua concezione teorica e dei suoi metodi pratici, di lotta nonviolenta. Apprendiamo (p. 97) che proprio l’11 settembre 1906, cento anni fa, nell’Empire Theatre di Johannesburg Gandhi esprimeva in una grande assemblea l’idea del satyagraha, la versione positiva, matura, attiva, della nonviolenza, al di là della resistenza passiva, idea e metodo che applicherà e svilupperà per tutta la vita. Casuale, ma di forte portata simbolica, il fatto che l’11 settembre oggi tragicamente famoso, instaurasse allora un filone storico di segno tutto opposto, positivo.
Per questo anniversario, il Centro Gandhi di Pisa (www.centrogandhi.it), in collaborazione con vari altri istituti gandhiani nel mondo, ha organizzato il convegno “Cento anni di Satyagraha” (Pisa 8-11 settembre 2006). Alcuni contributi a questo convegno, più altri scritti, sono contenuti nel n. 12 dei Quaderni Satyagraha (centrononviolenza@libero.it), L’11 settembre di Gandhi, Pisa, luglio 2007. Inoltre, nella stessa iniziativa è stato pubblicato fuori commercio un chiaro opuscolo di Michael N. Nagler Speranza o terrore? Gandhi e l’altro 11 settembre. Di Nagler va segnalato anche il bel libro attuale e concreto, Per un futuro nonviolento, Ponte alle grazie, Milano 2005.
Tra gli studi approfonditi della nonviolenza gandhiana negli sviluppi e problemi attuali, segnalo specialmente Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, edizioni del Rosone, Foggia 2004; Andrea Cozzo, Conflittualità nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa, ed. Mimesis, Milano 2004. Un’ampia antologia degli scritti religiosi, a cura di Edoardo Acotto, col titolo Gandhi in cammino verso Dio, è uscita negli Oscar Mondadori, 2006.
Se oso segnalare anche il mio Esperimenti con la verità. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini editore, Villa Verucchio (RN), 2005, è perché il suo intento è di servire come breve, chiara, introduzione a Gandhi, non agiografica, ma debitrice agli studi gandhiani migliori, spero utile in particolare ai giovani.