Uomo del futuro

In una conversazione con il bramino indiano Prakash Ramachandran, ripercorriamo alcuni passaggi essenziali della vita del Mahatma e della sua scelta nonviolenta.
Cosa resta in India?
Francesco Comina

Prakash Ramachandran è un hindu. Vive da dodici anni a Bolzano dove lavora nella biblioteca dei Benedettini di Muri-Gries. Si è sposato in India con Charumathi Seshagirirao, che ha seguito Prakash in Alto Adige e oggi lavora nell’ospedale di Bolzano come infermiera. Nivedhitha Prakash, la loro figlia, frequenta la seconda elementare in una scuola tedesca.
Prakash conosce bene le lingue. Ha vissuto a Mosca e parla il russo, sa perfettamente l’inglese come tutti gli indiani, è stato in Svizzera e ora si divide fra il tedesco e l’italiano dell’Alto Adige.
Quando accenni a Gandhi gli brillano gli occhi. Cita subito Einstein: “Sarà difficile per i giovani credere che sia esistito nella nostra epoca una persona come il Mahatma Gandhi”. “Ma capisci quello che voleva dire Einstein?” mi chiede. “Einstein è l’uomo-simbolo della logica, il grande scienziato, il fisico. È difficile pensare che sia esistito in questo mondo un uomo totalmente alieno dalla violenza, totalmente libero dal sentimento dell’odio”.
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Prakash Ramachandran è un hindu. Vive da dodici anni a Bolzano dove lavora nella biblioteca dei Benedettini di Muri-Gries. Si è sposato in India con Charumathi Seshagirirao, che ha seguito Prakash in Alto Adige e oggi lavora nell’ospedale di Bolzano come infermiera. Nivedhitha Prakash, la loro figlia, frequenta la seconda elementare in una scuola tedesca.

Prakash conosce bene le lingue. Ha vissuto a Mosca e parla il russo, sa perfettamente l’inglese come tutti gli indiani, è stato in Svizzera e ora si divide fra il tedesco e l’italiano dell’Alto Adige.

Quando accenni a Gandhi gli brillano gli occhi. Cita subito Einstein: “Sarà difficile per i giovani credere che sia esistito nella nostra epoca una persona come il Mahatma Gandhi”. “Ma capisci quello che voleva dire Einstein?” mi chiede. “Einstein è l’uomo-simbolo della logica, il grande scienziato, il fisico. È difficile pensare che sia esistito in questo mondo un uomo totalmente alieno dalla violenza, totalmente libero dal sentimento dell’odio”.

Verità nonviolente

E dunque la prova dell’esistenza di Gandhi è anche la prova storica che la nonviolenza è possibile? “Gandhi ha costruito un esercito di uomini che ha inteso la lotta per un nuovo mondo come un’espressione della verità nonviolenta. Ha resistito e respinto il colonialismo inglese senza suscitare un briciolo di odio”.

Prakash cita un suo grande maestro di spiritualità, Swami Vivekananda: “Io ho dato un messaggio che durerà per 500 anni”. Gandhi ne ha lasciato uno che non ha tempo e non ha spazio. E dunque si può dire, nel giorno del sessantesimo anniversario dalla scomparsa, che Gandhi è un uomo del futuro? “I suoi insegnamenti – spiega Prakash – non hanno confini di spazio e di tempo, sono insegnamenti di un saggio che si è rifatto alle voci antiche come le colline dei grandi spiriti dell’umanità.

Il suo metodo proviene da molte fonti, fra cui il Sermone della Montagna di Gesù, che egli amava tantissimo come uno dei testi più vicini allo spirito del satyagraha”.

“Uno dei temi principali dell’insegnamento di Gandhi è la critica al materialismo. Egli era talmente distaccato dalle cose materiali da assumere un regime di vita ridotto al minimo. Più egli cresceva in saggezza e più si spogliava delle cose superflue. Alla fine e rimasto solo con una tunica, ma la gente gli riconosceva un’autorità spirituale incredibile”.

Prakash ricorda che nella vita di Gandhi le svolte sono sempre l’esito di un’esperienza concreta: “Il tema della verità si spalancò in lui ancora piccolo quando assistette a uno spettacolo teatrale che metteva in scena la storia del re Harichandra, che si trovò a sostenere ogni tipo di umiliazione per non voler dire mai una bugia. Gandhi probabilmente aveva in mente questa esperienza dell’infanzia quando venne buttato giù dal treno a Maritzburg in Sudafrica perché di colore. Egli si fece queste domande: ‘Come chiudere gli occhi davanti a quella ingiustizia? Come proseguire il viaggio facendo finta di nulla quando quella stessa umiliazione era esercitata verso uomini e donne che avevano la pelle non bianca?’.

Quella notte il giovane avvocato Mohandas Karamchand Gandhi capì che la verità è ahimsa, nonviolenza e che la realtà è himsa, violenza.

Da lì iniziò a sperimentare quella rivelazione e a cercare di comprendere come utilizzare la rabbia senza che essa esploda in violenza. E allora iniziò a scrivere, a digiunare, a camminare per ore e ore, a fare atti di disobbedienza civile e a esercitare l’obiezione di coscienza. Davanti a lettere ingiuriose e cattive nei suoi confronti egli preferiva non reagire, perché convinto che la cattiveria produca effetti negativi su chi la esercita piuttosto che su chi la riceve”.

Cosa è rimasto

Più Gandhi affinava il suo metodo e più egli si trovava a fare i conti con la compassione universale: “Allora iniziò a praticare la medicina naturale – spiega Prakash – a vivere secondo una dieta totalmente vegetariana perché per lui anche il cibo aveva un’influenza sui comportamenti”.

E oggi in India, quanti riconoscono il Mahatma Gandhi come un riferimento per la vita e la prassi nel mondo? Prakash fa una smorfia contrariata: “Purtroppo – dice – non sono tanti a ricordare il vero messaggio di Gandhi.

I nostri politici, nella maggior parte dei casi, si sono dimenticati delle sue parole e del suo richiamo etico. Il mio Paese sta vivendo un periodo di crisi, la tecnologia avanza, l’industria televisiva e informatica stanno mettendo in discussione i valori profondi della nostra cultura e le nostre tradizioni. La mentalità materialistica si sta infiltrando in ogni interstizio della società. L’Occidente preme alle porte e l’idea di Gandhi di creare un sistema di villaggi che sappia custodire l’antica sapienza è stato scalzato dal materialismo imperante del nostro tempo.

C’è il rischio che si crei una spaccatura sociale con un allargamento della forbice fra ricchi molto ricchi e poveri molto poveri, che sono il 30% della popolazione. Gandhi rimane un eroe nazionale, un uomo simbolo, il suo nome torna sulle intitolazioni delle strade, delle piazze, dei monumenti, ma il suo messaggio non parla più al cuore dell’India. Però non abbiamo perso del tutto la testimonianza del Mahatma.

Ancora oggi ci sono tanti giovani indiani, soprattutto laureati e diplomati come Software Engineer, che hanno capito l’importanza di Gandhi e hanno iniziato un percorso di vita che procede sulle orme di Gandhi per combattere imperialismo e globalizazzione in vista di un mondo migliore.

 

 

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