EDITORIALE

Pane e diritti

La redazione

Un valore più di altri rappresenta l’orizzonte valoriale entro cui ci muoviamo, costituisce un fondamento insopprimibile della nostra azione quotidiana: la democrazia. La stessa disegnata dalla nostra Carta Costituzionale, ora al suo sessantesimo compleanno. E proprio dalla memoria di quel 1 gennaio 1948 vogliamo ripartire. Dal riconoscimento del lavoro e dei diritti inviolabili dell’uomo come fondamento del patto sociale. Dal dovere alla solidarietà politica, economica e sociale. Dall’uguaglianza davanti alla legge, dal principio di laicità, di libertà religiosa e di espressione. Dalla promozione e sviluppo della cultura e delle ricerca; dalla tutela del territorio e del patrimonio storico e artistico; dal riconoscimento del diritto internazionale e il ripudio della guerra, il riconoscimento dei rifugiati e l’accoglienza degli stranieri quali strade per non perdere umanità.Avvertiamo con forza la necessità che si riduca lo scarto tra il nostro presente e i principi che i nostri padri costituenti ci hanno affidato in eredità. “In ogni vera democrazia ci sono dei principi, dei valori posti a garanzia di tutti, maggioranza e minoranza, e quindi non disponibili a volontà della maggioranza. Sono – appunto – i principi-valori che ispirano la Costituzione vigente (e per tanta parte ancora inattuata)”. Antonino Caponnetto ricorda: “il primato della persona e dei suoi inalienabili diritti civili, politici e sociali; la lotta alla povertà e al disagio, la tensione all’eguaglianza e alla solidarietà, che si realizzano nella figura dello Stato sociale […]; una nozione di democrazia imperniata sulla partecipazione, la più larga e rappresentativa possibile, piuttosto che sulla delega; ... lo spirito di cooperazione, di pace e di giustizia nelle relazioni internazionali”. Abbiamo chiuso l’anno con l’approvazione di una finanziaria che stanzia cifre ingentissime per le spese militari e contingenti impegnati in scenari di guerra in beffa al nobile all’art. 11 della Costituzione; con un numero insopportabile di morti sul lavoro e un numero altrettanto inaccettabile di giovani – e sempre più spesso meno giovani – lavoratori precari non tutelati, alla faccia del diritto al lavoro, alla casa e una vita dignitosa. Per questo sentiamo l’esigenza di affermare che la qualità della nostra vita si possa misurare non solo sulla base del PIL (Prodotto Interno Lordo) quanto piuttosto sulla dignità, sull’accesso al lavoro e alle risorse, sul superamento della precarietà, sul diritto alla salute, sulla libertà di espressione e di parola, sulla partecipazione alla vita democratica, sul rispetto delle diversità, delle culture e delle idee di ciascuno. Per questo sentiamo l’esigenza di un’interpretazione estesa del principio di cittadinanza, che garantisca dignità ai rom come ai figli degli industriali, agli immigrati come ai nostri concittadini.  “Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile: quella di morire, di testimoniare con la fede e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole: quello di tradurre in leggi chiare, stabili ed oneste il loro sogno di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare il dolore. Assai poco, in verità, chiedono a noi i nostri morti. Non dobbiamo tradirli”: così si espresse Pietro Calamandrei, di fronte all’Assemblea Costituente nel 1947. In questo riconosciamo anche il nostro impegno redazionale e sentiamo nostro il dovere di operare perché esso si tramuti in impegno e progetto. Chiaro. Riconoscibile. Che non si stemperi nei meandri di una burocrazia infinita o si confonda con linguaggi contorti. Lungimirante, grande.Alla costruzione di questo progetto sentiamo di dover collaborare con un’informazione libera e veritiera. Lo dobbiamo ai morti di allora – per la guerra e la resistenza, per la lotta al nazismo e al fascismo e per la ricostruzione di un mondo distrutto. Ma lo dobbiamo anche, nello stesso modo, ai morti di oggi – per ogni guerra in corso e per ogni operazione militare, per ogni violenza e atto terroristico, per ogni incidente sul lavoro. Perché i morti non hanno colore né grado, perché il valore della vita umana è al di sopra di ogni cosa. Perché la vita si può difendere prima che sia ferita. Perché pane e diritti sono inseparabili. E sono di tutti.

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