EDITORIALE

Contro i rifiuti cambia la vita

Alex Zanotelli

Tumori in crescita, malformazioni neonatali, aria irrespirabile. Indubbio che i danni all’ambiente costituiscono un attentato alla vita. Una minaccia alla sopravvivenza delle specie umana. Altrettanto indubbio che il “problema” rifiuti rientri appieno in questo attentato alla vita e alla salute.

Eppure se ne discute come se fosse una questione organizzativa, che non coinvolge una dimensione etica. Ma è “un problema morale”. Più di quanto pensiamo. E ci duole constatare ancora una volta che la Chiesa magisteriale, così attenta alla tutela della vita – l’aborto, il controllo delle nascite, l’eutanasia…. – non lo sia altrettanto quando a minacciare la quella stessa vita, la vita di tutti, è l’ambiente, la “cattiva” gestione delle risorse, l’uso perverso dei beni pubblici e l’abietta gestione dei rifiuti.

La monnezza chiama in causa il futuro del pianeta: tutti sappiamo che, di questo passo, non c’è sopravvivenza per la specie umana. Ecco perché il problema ecologico diventa centrale, etico. Napoli non è diversa da tante città. La caratterizza, certo, la sua collocazione geografica: è in Campania. Due elementi fondamentali hanno concorso a far precipitare questa crisi. Da un lato la camorra, dall’altro la politica e le istituzioni. Ambedue fanno affari. E che affari!

La camorra ha capito già vent’anni fa che “a munnezza è ricchezza” e ha gestito sia i rifiuti ordinari che quelli speciali, tossici, seppellendoli in tutto il territorio campano. In questi ultimi anni, in questa regione sono arrivati migliaia e migliaia di tir, carichi di rifiuti tossici, nascosti, sepolti, dalla camorra. È intuibile l’accordo sotterraneo tra il mondo industriale – anche del nord! – e la camorra per permettere questo lucroso “affare”. Tanto materiale di scarto, spesso tossico, di Porto Marghera, per esempio, è finito sepolto nelle campagne del casertano.

Dall’altra parte è coinvolta la politica, che oggi non fa più Politica ma è subordinata ai potentati economico-finanziari o ai comitati d’affari, come li chiamiamo a Napoli.

Negli ultimi 14 anni, la città campana ha avuto 9 commissari che certo non hanno promosso la raccolta differenziata. Hanno confermato il ciclo integrato industriale dei rifiuti: cioè raccogliere e poi incenerire e hanno aiutato i cittadini a consumare “più che si può” tanto poi “bruciamo tutto”.

Nel frattempo, la costruzione dell’inceneritore di Acerra non è mai terminata. Sono proliferate le ecoballe: dai 7 ai 10 milioni di tonnellate di ecoballe (che di eco non hanno nulla, sono solo “balle”!) che non si possono incenerire, che non si possono seppellire perché vanno nelle falde acquifere. Sono lì. Tre milioni sono alle porte di San Giuliano: le chiamano le piramidi, una vera e propria discarica a cielo aperto, che rovina la campagne, inquina l’aria, produce sostanze tossiche.

Tutto questo produce nanoparticelle, diossina, metalli pesanti diffusi nell’aria e nell’ambiente, che causano tumori e malformazioni, soprattutto neonatali.

Siamo oltre il disastro ecologico. Questo è un crimine ecologico, perché è chiaro che il costo degli affari conclusi dalla camorra e dalle istituzioni ricade sulle spalle della gente, sulle campagne, sui raccolti agricoli… Incombe sulle nostre teste una minaccia seria per la salute, che pur è un diritto fondamentale, garantitoci dalla Costituzione italiana.

Si è voluto continuare a seppellire discariche e a incenerire, invece di incentivare la raccolta differenziata, porta a porta, e prima ancora la riduzione della produzione dei rifiuti, che ne avrebbe permesso lo smaltimento del 70%.

Se avessimo perseguito questa strada non ci troveremmo in questa situazione.

Dobbiamo ridimensionare tutto: rifiutare l’uso e getta, la plastica, gli imballaggi inquinanti, incentivare la raccolta differenziata.

E ci auguriamo che, come Chiesa, in questo periodo di Quaresima-tempo di conversione, possiamo vivere la salvaguardia dell’ambiente come questione morale.

Ci auguriamo che ogni comunità di credenti, ogni parrocchia, ogni Chiesa, con lettere, preghiere o inviti, proponga una seria riflessione sul cambiamento dello stile di vita, proprio e collettivo.

Utopia? No, qualcosa verso cui ci si può muovere.

 

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