WTO

Cancun Ultima spiaggia

Il vertice WTO di Cancun: gli obiettivi, le strategie, le nuove regole mondiali. Ma ci sono anche proposte alternative per arrestare questa folle corsa al profitto…
Andrea Baranes

Dal 10 al 14 settembre si svolge a Cancun (Messico) la quinta Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc o Wto – World Trade Organization in inglese).
Lo scopo di questa organizzazione, nata il primo gennaio 1995 e che conta oggi 145 Paesi membri, è quello di aumentare gli scambi e il commercio a livello mondiale mediante una continua diminuzione di dazi, tariffe e leggi nazionali e locali. In pratica il Wto vuole imporre una completa deregolamentazione del commercio mondiale, le cui uniche regole dovrebbero essere quelle del libero mercato e della libera concorrenza.
La conseguenza diretta di queste politiche è la diminuzione del ruolo dei singoli Stati, e l’impossibilità per i cittadini e per le istituzioni nazionali e locali di decidere autonomamente nel loro interesse: sempre più spesso normative a tutela dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori o per proteggere un’economia locale vengono giudicate dal potente tribunale del Wto come contrarie alla libera concorrenza. Il Paese sotto accusa deve quindi abrogare la legge “incriminata”, dietro la minaccia concreta di pesanti sanzioni economiche o di venire addirittura escluso dal commercio mondiale.
È facile capire come, in primo luogo per le più fragili economie dei Paesi in via di sviluppo ma anche per il nostro Paese, questo significa sempre più rinunciare alla propria sovranità nazionale per seguire gli interessi delle lobby economiche e finanziarie, e delle compagnie multinazionali in particolare, che spingono per accelerare ulteriormente il processo di completa liberalizzazione dei mercati.

Beni o diritti?
In pochi anni questa organizzazione, mediante creazione di nuovi negoziati e allargamento di quelli esistenti, amplia la sua sfera di influenza dal solo commercio di beni (GATT), a praticamente tutte le attività immaginabili, tra le quali ricordiamo i servizi (GATS), la proprietà intellettuale e i brevetti (TRIPS), gli investimenti nel settore del commercio (TRIMS), l’agricoltura (AoA), le misure sanitarie e fitosanitarie (SPS), ecc.. I Paesi occidentali – UE in testa – stanno inoltre esercitando forti pressioni perché a Cancun si aprano nuovi negoziati, in particolare sul tema degli investimenti.
Per capire l’importanza dei temi trattati, basti pensare che nella sola categoria servizi, oggetto dell’accordo GATS, ricadono tra gli altri l’istruzione, la sanità, le poste, le telecomunicazioni, (c) www.ALTRAGRICOLTURA.ORG i servizi finanziari (banche, assicurazioni, fondi pensione), i trasporti, l’erogazione di energia elettrica, la gestione, l’accesso e la depurazione delle acque, ecc..
Secondo noi l’accesso all’acqua, il diritto all’istruzione o alla salute non sono “beni commerciali” ma diritti fondamentali di ogni essere umano, indipendentemente dal luogo di nascita o dal reddito, e non possono essere negoziati sotto l’egida di una organizzazione che, come indica il suo stesso nome, si occupa unicamente di libero commercio. La liberalizzazione del commercio mondiale dei servizi, produce aumento delle tariffe, minore accesso, peggioramento della qualità, minori diritti per i lavoratori. In Italia e in Europa, a causa dell’ingresso dei privati in settori in precedenza assicurati dallo Stato a tutti i cittadini, il rischio è quello di una privatizzazione dei servizi pubblici e di una esclusione delle fasce più povere e deboli della popolazione da questi servizi essenziali; nei Paesi del sud del mondo invece si rischia la non autosufficienza alimentare, il mancato accesso a un bene vitale come l’acqua, l’impossibilità di costruire un sistema scolastico o sanitario.

Agricoltura e salute
Anche in campo agricolo i Paesi occidentali da un lato impongono l’abolizione della protezione e del sostegno alle agricolture dei Paesi del sud, dall’altro continuano a concedere sussidi ingiustamente ripartititi a vantaggio dei grandi produttori, falsando il mercato agricolo mondiale. Grazie a enormi sussidi all’esportazione i Paesi occidentali, UE in testa, portano avanti pratiche di “dumping” (vendita sottocosto dei prodotti agricoli) con l’obiettivo di disfarsi delle proprie eccedenze e con il risultato di strangolare le produzioni locali dei Paesi del sud, che basano la loro economia in gran parte sull’agricoltura. Anche in Italia le conseguenze sono però pesantissime, e unicamente a vantaggio dei grandi gruppi agroindustriali.
Basti pensare che nel nostro Paese lo 0,8% dei produttori incassa un quinto di tutti gli aiuti della politica agricola comunitaria, mentre negli ultimi dieci anni le aziende agricole più piccole e/o a conduzione familiare sono sparite al ritmo di una ogni dieci minuti! Il cibo non può essere considerato merce, ma è necessario in primo luogo raggiungere la sovranità alimentare (ovvero la capacità di una comunità locale di soddisfare i propri bisogni alimentari essenziali) per ogni popolazione del pianeta.
Nel corso dell’ultima Conferenza Ministeriale del Wto, tenutasi a Doha nel novembre del 2001, uno dei (pochi) risultati raggiunti riguardava il riconoscimento della possibilità per i Paesi con insufficienti o inesistenti capacità produttive e tecnologiche nel settore farmaceutico di potere assicurare l’accesso ai farmaci essenziali alla propria popolazione. Oggi questi risultati sono stati rimessi in discussione a seguito delle fortissime pressioni della lobby farmaceutica internazionale, e ci troviamo in una situazione nella quale il “diritto” al profitto delle compagnie multinazionali viene prima del diritto alla salute e alla vita di milioni di cittadini dei Paesi più poveri. È inammissibile vedere come a causa delle regole sui diritti di brevetto contemplate dal Wto la dignità della vita umana venga sacrificata sull’altare del mercato.

Nuovi negoziati?
Analogamente il WTO non sembra prendere in nessuna considerazione le problematiche ambientali, mentre a nostro giudizio sarebbe necessario affermare subito che gli Accordi Multilaterali sull’Ambiente (MEAs), a partire dal protocollo di Kyoto, devono prevalere rispetto alle regole del commercio. Siamo gravemente preoccupati nel seguire negoziati nei quali vengono considerati unicamente i diritti delle multinazionali private e i doveri degli Stati, mentre dovrebbe avvenire semmai il contrario.
Un breve esempio potrà chiarire qual è la posta in gioco. Da qualche anno, grazie al principio di precauzione, nell’Unione Europea vige una moratoria sugli Organismi Geneticamente Modificati (OGM). La moratoria consiste in pratica in un divieto di importare e commercializzare sementi e alimenti transgenici, visto che ancora non si conoscono le loro possibili conseguenze per l’ambiente e l’uomo. Gli Stati Uniti hanno recentemente deciso di volere intentare causa all’UE tramite il tribunale del Wto, sostenendo che questa moratoria rappresenta un ostacolo ingiustificato al libero commercio e al diritto delle multinazionali USA di vendere i loro prodotti OGM come e dove vogliono.
Come già accennato, l’UE sta inoltre esercitando fortissime pressioni per lanciare a Cancun nuovi negoziati, tra i quali uno sugli investimenti. Questo negoziato amplierebbe ulteriormente la possibilità delle compagnie multinazionali di aprire filiali e investire in particolare nei Paesi del sud del mondo chiedendo l’abolizione di qualunque legge che limitasse questa possibilità, indipendentemente dal fatto che la legge stessa sia stata promulgata a tutela dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori o dell’economia locale. Già oggi assistiamo purtroppo a una “corsa al ribasso” nella quale i Paesi del sud fanno a gara per diminuire i vincoli ambientali e sociali, pur di attrarre i capitali dei Paesi ricchi. Ci troviamo in molti casi di fronte a una vera e propria politica neocoloniale, dove gli strumenti della politica e militari vengono sostituiti (o affiancati) da strumenti economici e finanziari.
È necessario invertire questa rotta. È necessario affermare il diritto di ogni nazione e di ogni popolazione, nel nord come nel sud del mondo, di tutelare la pro pria economia, l’agricoltura, l’accesso all’acqua, il diritto alla salute e all’istruzione nelle forme e con gli strumenti più adatti. Oggi queste problematiche, essenziali per la vita di ogni essere umano, sono negoziate in una organizzazione nella quale le regole del profitto e gli interessi delle multinazionali vengono prima dei diritti umani.
Nei prossimi anni rischiamo di trovarci nella situazione in cui solo i più ricchi potranno avere accesso a questi beni e servizi, mentre la maggioranza dell’umanità si troverà esclusa dal “mercato” dell’acqua, della scuola, della sanità.
Crediamo invece che sia giunto il tempo di istituire un sistema di regole chiare e vincolanti, e di impegnarsi affinché le tematiche ambientali, sociali e di sviluppo locale siano considerate come le priorità e gli obiettivi delle politiche commerciali. Crediamo che un tale sistema di regole debba essere realmente multilaterale. Per questo è necessario arrestare la folle corsa del Wto a Cancun e per questo chiediamo che non vengano presi ulteriori impegni su questi o altri negoziati, ma venga invece riconsiderato radicalmente il ruolo e il mandato del Wto.
Il successo di questa lotta comune ci darebbe la possibilità di lanciare con forza le nostre proposte di regole democratiche e trasparenti per un commercio internazionale basato su una giustizia sociale ed economica per tutti, e per la protezione dell’unico pianeta che abbiamo e che non possiamo mettere in vendita.

Note

Coordinatore della campagna “Questo Mondo Non e In Vendita”

Ultimo numero

Rigenerare l'abitare
MARZO 2020

Rigenerare l'abitare

Dal Mediterraneo, luogo di incontro
tra Chiese e paesi perché
il nostro mare sia un cortile di pace,
all'Economia, focus di un dossier,
realizzato in collaborazione
con la Fondazione finanza etica.
Mosaico di paceMosaico di paceMosaico di pace

articoli correlati

    Note

    Coordinatore della campagna “Questo Mondo Non e In Vendita”
    Realizzato da Off.ed comunicazione con PhPeace 2.7.15