Scontri di civiltà
La prossima Giornata, il 21 novembre.
Sono passati due anni da quel tragico 11 settembre 2001 che è stato il momento di inizio di quella “guerra infinita” tuttora in pieno svolgimento e che coinvolge l’intero pianeta. Era quello che qualcuno aspettava, pronosticava e preparava già da alcuni anni per risollevare l’economia del mondo occidentale dalla sua strisciante e devastante recessione. È quello che scrivevano, fin dagli anni ’90 nel Project for New American Century gli intellettuali della destra repubblicana che oggi sono tutti nello staff di Bush. Nel documento Rebuilding America’s Defense, settembre 2000, si legge: “Inoltre, il processo di trasformazione, anche se implica un cambiamento rivoluzionario, probabilmente sarà lungo, in mancanza di un evento catastrofico e catalizzatore come un nuovo Pearl Harbour”. E l’11 settembre era l’evento tanto atteso e non dagli islamici di tutto il mondo su cui fu invece scaricata immediatamente la responsabilità con un meccanismo non nuovo, già sperimentato ai tempi del nazismo.
Islam e occidente
Ma l’11 settembre è stato anche l’evento che ha messo in moto una spinta di segno contrario a quella della guerra attraverso la promozione del dialogo fra cristiani e musulmani. Ricordiamo come il Card. Sodano, segretario di stato Vaticano, negò immediatamente la matrice religiosa dell’attentato. E fu anche grazie alle prese di posizione di Giovanni Paolo II che il 4 novembre 2001 un gruppo di cristiani di svariate confessioni (cattolici, evangelici, ortodossi), responsabili di ordini missionari, islamologi, intellettuali ed educatori, semplici cristiani, idearono un “Appello ecumenico” affinché quanto era accaduto non mettesse in discussione le iniziative di dialogo fra cristiani e musulmani che erano in corso. Ricordiamo che proprio nei giorni dell’attentato, dal 12 al 16 settembre 2001, si svolse a Sarajevo un importante incontro islamocristiano convocato dalla KEK (Conferenza delle Chiese Europee) e dalla CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali delle Chiese Europee) che riunì un centinaio di esponenti dell’Islam e delle Chiese e comunità cristiane dell’Europa. E proprio da Sarajevo giunsero le prese di posizioni più nette sia di condanna degli attentati, sia di condanna dei desideri di vendetta, sia l’appello al dialogo cristianoislamico (vedi il sito http://www.ildialogo.org e il libro “La rivincita del dialogo”, edizioni EMI, 2002).
L’attacco contro l’Islam non era nuovo. Già da alcuni anni c’era chi pronosticava il cosiddetto “scontro di civiltà”, la volontà cioè di risolvere per via violenta ciò che la politica non era riuscita a risolvere per via pacifica. E ancora una volta la guerra è stata mascherata con sentimenti religiosi. Da quando Renè Girard ha scritto il suo oramai famoso “La violenza e il sacro”, si può ben dire che non c’è violenza più violenta di quella che si nutre di idee religiose. Non solo, ma non c’è guerra nella storia dell’umanità che non abbia usato la religione come carburante per il suo avvio e la sua prosecuzione. È così ancora oggi. Il tragico conflitto israelo-palestinese è largamente intriso di motivazioni religiosi e anche per questo è di difficile soluzione perché il legame fra violenza e sacro, fra guerra e religione è profondamente radicato nella coscienza collettiva anche di società evolute o tecnologicamente avanzate come gli Stati Uniti d’America. Anzi proprio quel Paese è la dimostrazione del legame inscindibile fra violenza e sacro essendo esso sia il Paese con la più alta percentuale mondiale di praticanti una delle tante religioni oggi esistenti, sia quello che possiede la maggiore concentrazione di armi di distruzione di massa. Oltre il 50% della popolazione americana partecipa settimanalmente a un rito religioso. Lo stesso presidente degli Stati Uniti giura sulla Bibbia e ha un suo predicatore personale, tanto è forte il sentimento religioso di quella nazione. Ma ciononostante, o forse proprio per tale motivo, gli USA sono lo Stato più potentemente armato e dove la violenza è parte integrante della vita quotidiana della società americana.
Dall’11 settembre in poi la situazione dei musulmani nei Paesi occidentali è drammaticamente peggiorata. È peggiorata negli USA, ma anche in Europa e nella stessa Italia. In tutto il mondo occidentale, USA in testa, sono state approntate norme restrittive che più o meno palesemente hanno lo scopo di impedire l’immigrazione di musulmani. Negli USA, con un solo voto contrario, il parlamento ha dato pieni poteri al presidente Bush. Un potere paragonabile solo a quello di Hitler. In Italia è stata approvata la legge Bossi-Fini il cui unico e preciso scopo è proprio quello di fungere da freno per l’immigrazione islamica. Negli USA, come nel nostro Paese, sono in funzione dei veri e propri lager dove vengono tenuti praticamente prigionieri tutti coloro che in un qualche modo sono scappati da situazioni di guerra nei loro Paesi che sono quasi sempre a maggioranza islamica.
Vocabolario del dialogo
In Italia l’attacco antislamico ha trovato il suo punto di forza nella Lega Nord, quella stessa Lega che attacca la Caritas e i “Vescovoni” accusati di proteggere gli stranieri. E c’è chi, come il ministro Pisanu, ha utilizzato persino la carta del “dialogo” con l’Islam per giungere sia a una sorta di istituzionalizzazione di questa religione, negando il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, sia la criminalizzazione delle organizzazioni islamiche. Si sono usati poi, a piene mani, mestatori di professione, presentati come moderati con lo scopo di mettere a tutto il resto delle organizzazioni islamiche, e sono la netta maggioranza, il marchio infamante del “terrorismo”.
Anche i nazisti chiamavano terroristi i partigiani. Innescare la violenza è molto facile, il difficile è fermarla. Per appiccare un incendio boschivo basta poco, ma non è altrettanto semplice spegnerlo. Così diffondere odio fra le religioni o all’interno delle stesse religioni è altrettanto semplice. Chi ha interesse a farlo ricorre necessariamente alle bugie, bugie; e lo si è visto in modo netto con l’aggressione dell’Iraq, che servono anche per le guerre. E le bugie sono così importanti nel meccanismo della violenza che oggi tutti gli eserciti hanno gli specialisti della cosiddetta “guerra psicologica”, coloro che per professione hanno il compito di ingannare l’opinione pubblica e di inventare prove che non esistono per creare il casus belli.
Se questo è il quadro, ed è purtroppo questo, occorre allora uno sforzo sovraumano per spegnere l’incendio iniziato l’11 settembre da chi ritiene di poter decidere i destini del mondo calpestando la vita di alcuni miliardi di persone. Occorre uno sforzo sovraumano per mettere a tacere i bugiardi, i violenti, i guerrafondai. E lo sforzo da mettere in campo è quello del dialogo, riscoprendo quello che l’amico Brunetto Salvarani ha definito “vocabolario minimo del dialogo interreligioso” , cioè le parole e i sentimenti fondamentali che ci consentano di convivere con persone di religione e cultura diverse dalla nostra. E uso la parola “sforzo” non a caso ma perché essa ha una precisa traduzione nell’Islam che è quella di jihad. Vogliamo riaffermare con forza che l’unico jihad / sforzo che vogliamo e dobbiamo fare è quello del dialogo che ci consentirà di realizzare la “convivialità delle differenze” di cui parlava don Tonino Bello.
Ed è per tali motivi, ma altri ve ne sono, che abbiamo anche quest’anno lanciato un nuovo appello dopo quello iniziale del 2001 e dopo le importanti iniziative della prima giornata del dialogo cristiano islamico celebrato in tutta Italia lo scorso anno il 29 novembre 2002. Finora sono state oltre mille le adesioni all’appello che si è caratterizzato per essere un movimento dal basso con l’incontro non dei vertici delle singole religioni ma dei semplici fedeli. Molte sono state le comunità cristiane e islamiche che hanno deciso di celebrare insieme momenti di preghiera e di riflessione comune (vedi http://www.ildialogo.org per un quadro completo).
La giornata del dialogo
Anche quest’anno riproponiamo come giornata del dialogo quella dell’ultimo venerdì di Ramadan dell’anno islamico 1424, che sarà il prossimo 21 novembre 2003 del calendario cristiano. In quel giorno ci auguriamo che siano più numerosi dello scorso anno i cristiani che si incontreranno, pregheranno e digiuneranno insieme ai musulmani, ricordando la comune fede nel Dio di Abramo. Vogliamo tentare di rompere il muro che separa il mondo cristiano da quello dell’islam.
Vogliamo impedire, come credenti, che il nome di Dio continui ad essere usato per giustificare la violenza e le guerre. E per fare ciò è necessario che tutte le religioni comprendano che l’attacco a una qualsiasi religione è in realtà un attacco a tutte le religioni. Parafrasando uno slogan famoso verrebbe di dire “religioni di tutto il mondo, unitevi”.
E occorre farlo oggi che sono in discussione i destini dell’umanità.