CHIESA

Un’ala di riserva

A Ugento, un monumento nel ricordo di don Tonino Bello.
Emanuele Filigrana

Fra le tante iniziative che dovunque hanno ricordato il decennale della morte di don Tonino, ne merita rilievo una, svoltasi lo scorso 27 giugno, particolarmente lieta e bella per una serie di motivi. Innanzitutto poiché si è trattato dell’inaugurazione di un monumento, un segno tangibile che promette di mantenere indelebile, una volta di più, il ricordo. In secondo luogo perché il monumento è stato posto in Ugento, presso la Parrocchia del S. Cuore, luogo in cui iniziò il cammino di don Tonino come pastore e che lui stesso definiva “indimenticato”. Infine, perché il monumento sembra davvero cogliere e rendere lo spirito e il carattere di don Tonino. Il titolo dell’opera è tratto da una delle più belle preghiere di don Tonino: (Dammi Signore) un’ala di riserva. In questo caso l’intitolazione, e il contenuto della poesia che ne costituisce il motivo, sono importanti quanto la stessa forma dell’opera figurativa, per riempire di significato il messaggio puramente visivo, elevando e accrescendo l’effetto, per così dire, meramente estetico, con un potente rimando morale e culturale.
Erano presenti all’iniziativa il vescovo di Ugento mons. De Grisantis, il prof. Donato Valli e Tonio Dell’Olio che, proprio alla maniera di don Tonino, ha voluto impostare la sua presentazione del monumento come un acrostico della parola Pace.
L’opera è una scultura stilizzata in acciaio lucido, che nel rappresentare una colomba si presta a rendere la metafora dell’ala di riserva. Lo scultore Franco Filograna ha inteso unire, in tal modo, due elementi della vita e della pastorale di don Tonino: la sua umanità, la vicinanza per niente curiale e quasi sanguigna, alla gente dei posti in cui era nato, del Salento non a caso, ma comunque degli ultimi di ogni angolo della Terra, e il tema della Pace. La scultura, poi, è posta su di un basamento costituito da uno scoglio vero e proprio (uno scoglio di quell’Adriatico percorso dai disperati per i quali tanto si era battuto don Tonino...).
La semplicità della linea è stata ricercata e voluta dall’Autore perché fosse inversamente proporzionale alla profondità e alla intensità dell’idea che si voleva evocare: quella di un vero profeta del nostro tempo, ma anche quella di un grande uomo meridionale dalla affabilità e disponibilità quasi sconcertante, pastore aperto e votato alla difesa coerente e alla cura degli ultimi, seminatore di progetti inediti e coinvolgenti/ sconvolgenti.
Questa raggiunta essenzialità e pulizia della linea, vale allora a rendere universale (si vorrebbe quasi dire: globale) questo messaggio; a farlo intelligibile a chiunque si lasci colpire dall’armonia di quello che sembra quasi uno stilema, un segno che può, da solo e con immediatezza, raccontare la cifra della vita luminosa di don Tonino, proprio ricordando la vocazione interculturale e universalista anche dello stesso Salento, porta del Mediterraneo e dell’Oriente, da sempre terra di viaggio, di accoglienza e di scogli da cui il messaggio di pace, sotto forma di una luccicante colomba di metallo, può affacciarsi a un sempre nuovo altrove.
Davvero si può dire, allora, che la scultura suscita l’idea con la quale forse lo stesso don Tonino avrebbe preferito essere ricordato: quella cioè di un instancabile, lieto e generoso costruttore di pace, sempre pronto a spiccare il volo verso novità bellissime e possibili.

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