Un’ala di riserva
Fra le tante iniziative che dovunque hanno ricordato il decennale della morte di don Tonino, ne merita rilievo una, svoltasi lo scorso 27 giugno, particolarmente lieta e bella per una serie di motivi. Innanzitutto poiché si è trattato dell’inaugurazione di un monumento, un segno tangibile che promette di mantenere indelebile, una volta di più, il ricordo. In secondo luogo perché il monumento è stato posto in Ugento, presso la Parrocchia del S. Cuore, luogo in cui iniziò il cammino di don Tonino come pastore e che lui stesso definiva “indimenticato”. Infine, perché il monumento sembra davvero cogliere e rendere lo spirito e il carattere di don Tonino. Il titolo dell’opera è tratto da una delle più belle preghiere di don Tonino: (Dammi Signore) un’ala di riserva. In questo caso l’intitolazione, e il contenuto della poesia che ne costituisce il motivo, sono importanti quanto la stessa forma dell’opera figurativa, per riempire di significato il messaggio puramente visivo, elevando e accrescendo l’effetto, per così dire, meramente estetico, con un potente rimando morale e culturale.
Erano presenti all’iniziativa il vescovo di Ugento mons. De Grisantis, il prof. Donato Valli e Tonio Dell’Olio che, proprio alla maniera di don Tonino, ha voluto impostare la sua presentazione del monumento come un acrostico della parola Pace.
L’opera è una scultura stilizzata in acciaio lucido, che nel rappresentare una colomba si presta a rendere la metafora dell’ala di riserva. Lo scultore Franco Filograna ha inteso unire, in tal modo, due elementi della vita e della pastorale di don Tonino: la sua umanità, la vicinanza per niente curiale e quasi sanguigna, alla gente dei posti in cui era nato, del Salento non a caso, ma comunque degli ultimi di ogni angolo della Terra, e il tema della Pace. La scultura, poi, è posta su di un basamento costituito da uno scoglio vero e proprio (uno scoglio di quell’Adriatico percorso dai disperati per i quali tanto si era battuto don Tonino...).
La semplicità della linea è stata ricercata e voluta dall’Autore perché fosse inversamente proporzionale alla profondità e alla intensità dell’idea che si voleva evocare: quella di un vero profeta del nostro tempo, ma anche quella di un grande uomo meridionale dalla affabilità e disponibilità quasi sconcertante, pastore aperto e votato alla difesa coerente e alla cura degli ultimi, seminatore di progetti inediti e coinvolgenti/ sconvolgenti.
Questa raggiunta essenzialità e pulizia della linea, vale allora a rendere universale (si vorrebbe quasi dire: globale) questo messaggio; a farlo intelligibile a chiunque si lasci colpire dall’armonia di quello che sembra quasi uno stilema, un segno che può, da solo e con immediatezza, raccontare la cifra della vita luminosa di don Tonino, proprio ricordando la vocazione interculturale e universalista anche dello stesso Salento, porta del Mediterraneo e dell’Oriente, da sempre terra di viaggio, di accoglienza e di scogli da cui il messaggio di pace, sotto forma di una luccicante colomba di metallo, può affacciarsi a un sempre nuovo altrove.
Davvero si può dire, allora, che la scultura suscita l’idea con la quale forse lo stesso don Tonino avrebbe preferito essere ricordato: quella cioè di un instancabile, lieto e generoso costruttore di pace, sempre pronto a spiccare il volo verso novità bellissime e possibili.