Acqua di tutti
Garantire l’accesso all’acqua per tutti entro il 2000: era questo il traguardo che le agenzie internazionali si erano poste dal dopoguerra in poi. Eppure, tracciando un bilancio in questo 2003, celebrato come l’Anno internazionale dell’acqua, questo traguardo sembra sempre più lontano. La devastazione delle risorse idriche del pianeta continua in misura considerevole: non siamo riusciti a invertire le tendenze in atto verso la contaminazione, l’inquinamento, le desertificazioni, le devastazioni, lo sfruttamento eccessivo, lo sperpero. Niente acqua nei Paesi impoveriti del Sud del mondo. Negli ultimi anni la problematica dell’acqua è cresciuta in termini di sensibilità e di mobilitazione, grazie ai molti cittadini che hanno preso coscienza della gravità del problema.
Tre miliardi a rischio
Ancora oggi il numero delle persone che non hanno accesso a un’acqua potabile e sana non fa che aumentare. Ufficialmente, secondo le Nazioni Unite, il numero di persone che non ha accesso all’acqua ammonta a un miliardo e duecento milioni, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono invece 1,8 miliardi. Le Nazioni Unite, tuttavia, definiscono persona che non ha accesso all’acqua chi viva a più di tre chilometri di distanza dal punto d’acqua, e chi, paradossalmente, viva a due chilometri e mezzo, è, per esse già salvo e fuori statistica. Eppure 18 milioni di bambine di meno di 14 anni oggi non vanno a scuola perché compiono da 6 a 10 chilometri al giorno per andare a prendere l’acqua per tutta la famiglia, percorrendo, a volte, la stessa strada per più giorni di seguito.
Noi sappiamo, inoltre, che c’è una relazione assai stretta tra povertà e mancanza d’acqua. Anche se non è scontato che tutti i poveri nel mondo, coloro che sopravvivono con meno di 2 euro di reddito al giorno, non abbiano accesso all’acqua, con qualche piccolo calcolo, tenendo conto che le Nazioni Unite riconoscono che ci sono 2,4 miliardi di persone senza servizi sanitari in casa, ecco che i numeri forniti dall’Onu sembrano ben meno realistici delle stime dell’Oms. Non deve essere accettabile per tutti noi, come hanno dichiarato gli Stati al Summit di Johannesburg, che entro il 2015 si possa solamente dimezzare il numero di coloro che non hanno accesso all’acqua. Dobbiamo continuare a ripetere, innanzitutto a noi stessi, che sono in gioco 3 miliardi di persone che tra 15 anni non avranno accesso all’acqua, e dunque a una condizione di salute accettabile.
Cambiare rotta
In questo scenario un pool di associazioni che condividono i Principi del Manifesto del Contratto Mondiale dell’Acqua, e cioè la federazione di Ong CIPSI, insieme a Legambiente e Wwf Italia, in collaborazione con il Comitato italiano per il Contratto mondiale dell’’Acqua, lanciano la Campagna “Acqua di tutti” di sensibilizzazione, informazione e di raccolta fondi per finanziare progetti nei Paesi più poveri che consentano l’accesso all’acqua potabile e la tutela ambientale della risorsa idrica in 10 Paesi tra Africa e America Latina.
La Campagna “Acqua di tutti” vuole promuovere una nuova politica a difesa dell’acqua come “bene comune dell’umanità” e come “diritto inalienabile”; sensibilizzare comportamenti responsabili da parte delle istituzioni, del mondo produttivo e dei singoli cittadini; finanziare progetti per una corretta gestione solidale ed eco-compatibile della risorsa acqua in 11 Paesi tra Africa e America Latina. Questa campagna ha soprattutto l’obiettivo di portare l’acqua a chi non ce l’ha, attraverso una raccolta fondi per finanziare progetti in Africa e America centrale che consentano da un lato l’accesso all’acqua potabile a una parte dell’1,3 miliardi di persone prive di questo diritto, dall’altro una corretta gestione eco-compatibile e solidale della risorsa idrica. Ne beneficeranno dieci progetti in dieci Paesi di Africa – Burkina Faso, Camerun, Congo, Eritrea, Etiopia, Kenya, Tanzania, Uganda – e America latina (Cuba e Brasile). Sono progetti che garantiranno il diritto concreto all’acqua potabile (portandola nei villaggi, nei mercati, nei centri di salute), la protezione delle risorse idriche, la formazione, con particolare riferimento agli aspetti sanitari, igienici, ambientali e di depurazione delle acque.
La popolazione complessivamente beneficiaria dei progetti sostenuti dalla campagna “Acqua di tutti” è di circa 300.000 persone di fasce sociali particolarmente vulnerabili. Sono uomini, donne, bambini che risiedono in villaggi in ambito rurale o in quartieri periferici, organizzati in forma di cooperative o di gruppi di lavoro, che subiscono sul piano alimentare e igienico-sanitario le conseguenze del mancato accesso all’acqua potabile e delle pessime condizioni ambientali della risorsa idrica. Il costo complessivo dei progetti è pari a 602.510 euro. Le due multinazionali europee Suez e Vivendi, che operano la prima in 130 Paesi e la seconda in oltre 100, guadagnano per la gestione dei servizi idrici e di depurazione delle acque reflue oltre 19 miliardi di dollari l’anno. Una gestione solidale dei beni comuni sarebbe dunque finanziariamente possibile e produttiva per i Governi locali, almeno quanto per le imprese private. La società civile parte da sé per i diritti di tutti, a cominciare dall’acqua, ma a quando politiche dei beni pubblici coerenti, solidali e trasparenti?