Caro candidato ti scrivo…
In questi anni abbiamo forse sottovalutato l’importanza dell’Unione Europea e, alla vigilia delle elezioni europee del prossimo giugno, questa circostanza appare in tutta evidenza e risulta sconcertante. Le elezioni europee, infatti, sono l’occasione per riflettere seriamente su quale Europa vogliamo: desideriamo un’ “Europa-fortezza”? un “gigante” economico e militarizzato? Se questo è quello che desideriamo, ne deriverà certamente la scelta dell’esclusione, del tener fuori gli altri, coloro che premono alle nostre frontiere.
Se pensiamo che molti di coloro che tentano di oltrepassare i nostri confini provengono dall’Africa, allora dobbiamo ammettere, purtroppo, che l’Unione Europea non ha condotto una politica seria nei confronti del continente africano. Più in generale, il tema della pace e della difesa non ha assunto quel ruolo centrale nella nuova Costituzione europea che invece merita allorquando popoli e nazioni decidono di cooperare e lavorare insieme. Basterebbe leggere alcuni articoli della nuova Costituzione (ad esempio 188, 205, 207, 210) per capire come la pace non sia fra i principi fondanti dell’Unione e come nella sua Costituzione non sia previsto il ripudio della guerra. La costituzione vuol salvaguardare interessi fondamentali dell’“Unione”: si prevedono missioni militari per prevenire conflitti, per gestire le crisi, per combattere il terrorismo, anche sul territorio di Stati terzi. La Costituzione prevede un’Agenzia europea per gli armamenti e un fondo per le armi creato con il contributo degli Stati membri.
La politica europea di crescente militarizzazione sarà ancor più preoccupante dopo l’allargamento dell’Unione a 25 membri, un passo che è interpretato da alcuni esperti come il tentativo di costringere i Paesi dell’Est a uniformare il loro sistema militare e di produzione di armamenti al nostro modello occidentale, quello della Nato per intenderci. Il che costituirà un notevole ampliamento del mercato che gira attorno al comparto armi.
A questo si aggiunga la modifica genetica della Nato, sorta nel dopoguerra come organizzazione militare di difesa e divenuta, con il vertice di Washington del 1999, organizzazione di offesa per difendere gli interessi vitali dell’Occidente ovunque siano minacciati. E dopo l’11 settembre, la Nato ha accettato la dottrina della guerra preventiva. Infine, non possiamo dimenticare il pericolo di una guerra atomica strisciante. Per tutti questi motivi, ritengo importante sottoporre ad ogni candidato alla prossime elezioni europee una serie di domande su tali argomenti, sui temi della pace e della guerra. Dobbiamo infatti essere certi che i nostri candidati si impegnino, in un eventuale loro mandato elettorale, per la chiusura di insediamenti militari Usa e Nato che costituiscono le basi per la guerra globale. In secondo luogo, chiediamo loro di impegnarsi per lo smantellamento di missili e di armamenti e per la riconversione dei meccanismi di spesa, tagliando drasticamente le spese militari e trasformandole in spese sociali. I candidati inoltre devono garantire di operare una riconversione dell’economia invertendo la tendenza che ha portato a liberalizzare il commercio di armi e ad aumentare le commesse alle industrie di armi. Per questo sarebbe importante, come chiedono da tempo le associazioni pacifiste, che il Parlamento europeo vari una legge simile alla nostra legge 185 del 1990 che, sebbene modificata, costituisce un vincolo nel settore.
Infine, chiediamo ai candidati di far sì che l’Europa rinunci all’esercito europeo e alle politiche di potenza militare e, di converso, progetti e costruisca una nuova idea di intervento nelle aree di crisi attraverso i “corpi civili di pace”. Questo perché nell’attuale nuovo scenario globale le “missioni di pace” realizzate con corpi militari si iscrivono nel disegno della guerra permanente globale. Di qui l’importanza di includere negli impegni ai candidati la richiesta di un’Europa che non solo ripudi tutte le guerre (umanitarie, preventive, della sicurezza, della democrazia) ma rinunci anche all’esercito europeo e alla corsa degli armamenti. Chiederemo a ogni candidato di firmare questi impegni per praticare – come è accaduto alla fine degli anni ‘80 – un vero e proprio controllo elettorale: ogni parlamentare eletto dovrà essere seguito e controllato nel suo operato dagli elettori per rispondere loro di ogni suo voto a Strasburgo sugli impegni sottoscritti.