EDUCAZIONE

Reinventare la giustizia

I giovani, l’uso del denaro, la finanza.
Una sfida educativa decisiva per far maturare scelte e comportamenti nuovi.
Alberto Conci

Da sempre, per chi si pone problemi di carattere educativo, l’uso del denaro rappresenta un problema non irrilevante. Non solo perché la gestione del denaro fa parte di quelle abilità concrete che permettono ai giovani di staccarsi dalla famiglia e di acquisire quell’autonomia che è necessaria per entrare a pieno titolo nel mondo degli adulti; ma soprattutto perché il rapporto con il denaro non è mai neutrale e chiama in causa le proprie gerarchie dei valori, le priorità dell’esistenza, il tipo di relazioni che si instaurano con gli altri e perfino il senso che si attribuisce all’esercizio del potere. Non è un caso che nel Vangelo il denaro – o forse sarebbe meglio dire l’attaccamento e l’accumulo di denaro – faccia problema; e non è un caso che un evangelista come Luca lo indichi come uno dei poli di un’antitesi radicale (Dio o Mammona), di fronte alla quale si decide non di un aspetto della vita, ma dell’intera esistenza umana.

Primo, conoscere
Eppure, la riflessione educativa su questo tema appare ancora fragile se non quasi inesistente. Le ragioni sono complesse e dipendono anche dalla relativa novità dei problemi posti dalla finanziarizzazione dell’economia e alla complessità dei fenomeni interessati. Resta però il fatto che spesso non c’è, accanto al messaggio chiaro sull’ingiustizia economica che condanna a morte ogni anno decine di milioni di persone per fame, un’altrettanto chiara analisi dei meccanismi che stanno alla base di questa ingiustizia strutturale. Due sfere alle quali corrispondono spesso due registri morali diversi, quasi che la presenza dello squilibrio e l’uso del proprio denaro possano essere considerate come dimensioni perfettamente indipendenti l’una dall’altra.
Punterei l’attenzione su tre priorità educative, che non pretendono di essere le uniche, ma che mi sembrano essenziali. La prima priorità è quella relativa alla necessità di fornire strumenti per comprendere i meccanismi che contraddistinguono l’andamento attuale del mercato finanziario. La cosa può sembrare arida, ma è chiaro che non è possibile la formazione di una coscienza morale senza la conoscenza almeno approssimativa della finanza internazionale. E questo è tanto più urgente se si considera che il mercato finanziario è entrato ormai con una certa decisione anche nella vita delle famiglie e dei piccoli risparmiatori, i quali vi vedono un metodo di investimento più redditizio di altri per il proprio denaro. In questa situazione, una conoscenza approssimativa dei meccanismi del mercato non solo espone i risparmiatori al rischio di veder sfumare i propri risparmi ma, cosa ancora più grave, non permette loro nemmeno di esprimere una corretta valutazione morale sui propri comportamenti nel momento in cui si mette il proprio denaro nel circolo della finanza internazionale.
Quanto sia urgente questo tipo di lavoro informativo, che ha fra l’altro anche la funzione di proteggere dal rischio di diventare pedine inconsapevoli di manovre finanziarie inaccettabili sul piano etico, lo dimostrano le conseguenze delle grandi crisi degli ultimi anni. Un lavoro informativo di questo genere a livello giovanile è quasi assente.

Responsabilità e scelte
A un secondo livello collocherei l’indicazione di alcuni criteri morali di fondo per la valutazione dei comportamenti di chi sceglie di investire il denaro sul piano della finanza internazionale. Mi limito a sottolineare due aspetti rilevanti sul piano educativo. In primo luogo è essenziale riportare l’attenzione dei giovani sulla ricaduta sociale degli investimenti personali. Sul fatto che le grandi speculazioni abbiano conseguenze sull’economia e sulle condizioni di vita di interi Paesi i giovani non hanno dubbi; e quasi sempre le speculazioni dei grandi gruppi di interesse vengono da loro giudicate inaccettabili e illegittime proprio a causa degli effetti disastrosi che hanno sui soggetti più deboli, siano essi Stati, comunità o persone. Il dato è interessante, poiché è indice di attenzione e di sensibilità verso le sofferenze degli altri. È invece meno scontata la riflessione sull’uso del proprio denaro e sulla ricaduta dei propri comportamenti.
Questo deriva sicuramente dalla difficoltà a comprendere, come già sottolineato, i meccanismi che stanno alla base del mercato finanziario; ma esso va ricondotto anche alla difficoltà a ricomporre nella propria esistenza personale i grandi valori universali nei quali si afferma di credere. In altre parole, come è emerso in molte ricerche che hanno analizzato l’universo giovanile negli ultimi dieci anni, per i ragazzi (e non solo per loro…) rimane più facile denunciare le grandi responsabilità dei megasoggetti che operano sul piano economico, che riconoscere la propria responsabilità personale. Su questo versante, negli ultimi anni qualcosa sta cambiando e la partecipazione giovanile al variegato movimento new global ha innescato serie riflessioni sulle conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia la strada appare appena tracciata.
La seconda sottolineatura riguarda il tema della fiducia. Non basta riconoscere la ricaduta sociale dei propri comportamenti in ambito finanziario, ma occorre al tempo stesso maturare la fiducia che un cambiamento è non solo doveroso, ma anche possibile ed efficace. Questa è una sfida di enorme spessore per gli educatori. Spesso, infatti, si presentano i mali e non si ipotizzano vie d’uscita efficaci, lasciando ai giovani un’immagine del futuro catastrofica e priva di speranza. Ora evidentemente l’enorme complessità della finanza internazionale e la presenza di squilibri difficili da analizzare non permettono di offrire ai giovani soluzioni a buon mercato: si tratterebbe di un’inaccettabile menzogna. Ma è altrettanto evidente che chi ha responsabilità educative deve evitare i generalismi e rinforzare la fiducia nella possibilità di incidere sulle componenti strutturalmente ingiuste della finanza internazionale. E questo si può fare solo se si entra nel concreto.

Legalità e virtualità
L’assunzione di responsabilità personale e la fiducia nella possibilità di incidere nei processi di cambiamento sono presupposti fondamentali per un sistema educativo che metta al centro temi chiave come la cura – di sé, degli altri e del mondo – l’attenzione alla vulnerabilità dell’altro, la custodia del debole. Tali categorie sono centrali per la formazione di una sensibilità al valore della legalità, in particolare in un contesto come il nostro nel quale i comportamenti illeciti o criminosi nel campo della finanza internazionale finiscono per essere puniti meno duramente dei piccoli reati comuni, generando la sensazione che in questo settore della vita economica in fondo tutto sia concesso… Non si dovrebbe mai dimenticare che l’impunità, che non ha nulla a che spartire con la misericordia, può avere un impatto devastante non solo sul piano politico, ma anche, e forse soprattutto, su quello educativo.
A un terzo livello collocherei la questione della “virtualità”. Il rischio, presente in una larga fetta del mondo giovanile, è di vivere i grandi valori come valori virtuali, mettendo contemporaneamente in atto comportamenti quotidiani che con questi valori stridono fortemente. Ma il problema va oltre. L’indipendenza dei flussi finanziari dall’economia reale rischia infatti di consolidare l’idea che il lavoro non sia più un elemento necessario nella produzione della ricchezza. Lo stesso vocabolario, parlando del “gioco” in borsa, sembra rinforzare questa prospettiva. E la diffusione, anche nel mondo giovanile, di una “cultura delle lotterie” contribuisce ad approfondire il fossato fra il lavoro concreto e le attese di ricchezza.
Qui ci sono due rischi. Il primo è quello di non cogliere la densità degli effetti concreti degli investimenti in borsa, che possono avere conseguenze disastrose sui soggetti più deboli. Su questo versante diventa davvero importantissimo aiutare i giovani a connettere l’impalpabile realtà della finanza con i suoi effetti sui soggetti deboli. E questo va fatto cominciando a riflettere anche sulla gestione del piccolo risparmio. Il secondo rischio è quello di perdere di vista le proporzioni del rapporto fra lavoro e guadagno. La possibilità di guadagnare agendo in continuazione sulle transazioni finanziarie, o l’ipotesi di guadagnare molto denaro speculando in borsa contribuiscono a “inflazionare” la mentalità e a generare il desiderio di arricchire in fretta e con la minor fatica possibile. Anche qui si apre una poderosa sfida educativa, poiché non sono in gioco solo gli stili di vita che si immaginano per il proprio futuro, ma anche la visione dell’uomo, il tipo di relazioni che si vogliono instaurare con gli altri e, non da ultimo, la dignità del lavoro e il suo valore.
Per chi si occupa di educazione, e in particolar modo per chi vuole educare alla pace, il problema della finanza internazionale non è dunque più aggirabile.
Non solo perché è necessario riflettere sulle modalità più adatte per fornire ai giovani gli strumenti per decifrare la realtà della finanza internazionale; ma anche perché questo volto nuovo dell’economia mondiale sta cambiando in profondità non solo i rapporti economici, ma anche i rapporti sociali e la visione stessa dell’humanum.
Sul piano dell’economia internazionale, come su quello politico, è in gioco il compito difficile e faticoso, come dice Latouche, di “reinventare la giustizia”. Un compito che è anche una delle più poderose sfide educative che abbiamo davanti.

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