IMPRESE

La nonviolenza dei bilanci

Quale etica per le aziende?
E perché manca una seria e potente operazione di rinnovamento?
Nino Messina

Visitando una casa da affittare il proprietario illustrava al possibile inquilino i pochi lavori di aggiustamento e di riattamento dell’appartamento.
“Guardi – dice entrando nella prima stanza – qui c’è solo da tinteggiare”. Sul pavimento insisteva però dell’acqua. “Guardi – compiaciuto aggiungeva, entrando nella seconda stanza – qui c’è da aggiustare solo l’attacco della lampada e poi la solita tinteggiatura”. Sul pavimento l’acqua continuava a insistere e diventava tutta una pozzanghera. “Come vede – concludeva completando la visita dell’appartamento – c’è pochissimo da fare ed è tutto pronto per essere abitato”. L’acqua era ormai arrivata alle caviglie e l’inquilino non poté che chiedere: “Mi scusi, ma non vede che c’è acqua per terra?”. E il proprietario: “Dell’umidità parliamo dopo”.
Lasciatemi usare questa storiella per rappresentare un male che nel nostro sistema imprenditoriale si intravede e che potrebbe incancrenirsi e diventare catastrofico.
Le note vicende societarie di alcune aziende italiane di questi ultimi giorni sembrano fotografare una storia di conti economici che, anno dopo anno, generando perdite d’esercizio ignorate e cambiate di segno, venivano trasposte con artifici e tecnicismi contabili nello stato patrimoniale a carico dei soci e degli obbligazionisti. “Dell’umidità parliamo l’anno prossimo” sembra essere questa la strategia seguita. Sperando di trovare, l’anno successivo, la causa della perdita… delle tubature.
Credo che tanti miei colleghi nella loro carriera o di consulenti o di dirigenti aziendali o di revisori o di sindaci o di consiglieri abbiano avuto almeno una volta l’esperienza di rappresentare e o considerare un problema serio di perdita di un sistema di tubature in un semplice effetto umidità di banale soluzione. Credo che tanti dei suddetti colleghi sono ben consapevoli che i momenti che oggi stanno vivendo alcuni dell’entourage delle aziende di cui sopra, sono momenti terribili per la professione, per la carriera, per l’immagine, per il corpo e per l’anima.
Gli errori si pagano. Prima o poi i nodi vengono al pettine e di umidità non si può parlare, non si deve e non è giusto. Tutto ciò che ne deriva è dolore e danno.
Quei bilanci, quindi, hanno generato e generano dolore, violenza, confusione e ingiustizie.
Quale etica aziendale? Quale etica di management? Quella della certificazione sociale? Con i buchi nell’attivo? Quella delle donazioni e sponsorizzazioni sociali? Con sottoscrizioni per coprire i crediti inesistenti? No, carissimi. Non ci siamo. Rigirare le cose buone in cose cattive è diventata una regola.
Non si può non condividere che questo tanto parlare di etica aziendale sa già di opportunismo. Manca una seria e potente operazione di rinnovamento. Rinnovamento delle relazioni con la Persona e con il Passato.
Un management nonviolento che mette al centro la Persona che la cura e che la serve come un manager col grembiule. Un riconoscimento dell’altro e un movimento verso l’altro con una gratuità massima e incondizionata. È in questo movimento verso l’altro che si deve entrare negli ambiti dove si può costruire la pace e la giustizia.
L’ambito del bilancio è uno di questi, è la storia che una società si porta dietro e che quindi rappresenta il Passato. Chi entra in questo luogo deve essere un uomo di pace. È il silenzio della paura del passato che è la pace da costruire. Il passato, che rincorre il management come un cane alle calcagna che lo costringe a continui e moltiplicati artifizi, va bloccato. Va tagliata questa spirale e la polvere sotto il tappeto è da spazzare via per sempre.
La trasparenza e la pulizia del passato è la strada da percorrere.
Ciascuno degli esperti suddetti hanno tanta intelligenza e competenza per saper trovare la strada operativa e metodologica giusta. Il mio vuole essere un grido di pace, di voglia di pulizia, di anelito di trasparenza e di cura della Persona, anche di quei disgraziati inviluppati nelle loro invenzioni truffaldine e di quelli che hanno perso i propri denari pensando di investirli bene.
Un appello al ruolo etico dei dirigenti, dei commercialisti, degli avvocati, dei revisori, dei sindaci, dei controllori, delle banche e di tutti i professionisti che ogni giorno vivono la distorsione dei fatti.
Quindi a lavoro, signore e signori. L’etica è ancora da costruire e conquistare con una rivoluzione del nostro stile professionale per la persona con un nuovo management nonviolento nei fatti e nei numeri.

Direzione generale della Getrag, Bari
http://www.managementnonviolento.it

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