CHIAVE D’ACCESSO

Taranto, una nuova base USA

Alessandro Marescotti

Taranto ha da lungo tempo una base navale nel Mar Piccolo. La nuova base navale nel Mar Grande è iniziata a metà degli anni ottanta e non è ancora terminata. È costata 150 milioni di euro (un terzo proviene da finanziamenti Nato). Una base a comando italiano, ma in condominio con la Nato che ne utilizzerà le infrastrutture finanziate. Ma a questa seconda base navale – integrata con una pista per gli Harrier e gli elicotteri che dista venti chilometri ed è sita a Grottaglie – se ne vuole affiancare una terza, questa volta a comando Usa. Perché Taranto? “La Maddalena è un’isola troppo piccola per accogliere una presenza così massiccia e Napoli o Gaeta non sono più accoglienti”, spiega l’esperto militare Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Militari di Roma.
L’investimento previsto per Taranto è di 600 milioni di dollari, riferisce il Corriere del Mezzogiorno, supplemento pugliese del Corriere della Sera, che con uno scoop ha rivelato il piano americano. Secondo l’on. Massimo Ostillio (Udeur), vicepresidente della Commissione Difesa, (c) ww.marina.difesa.it i vertici militari Usa puntano a “realizzare due grossi poli logistici in Italia, uno per le truppe di terra a Solbiate, vicino Milano, e uno navale in Puglia, a Taranto”. L’on. Ostillio è convinto che la scelta del Pentagono alla fine ricadrà su Taranto e ha dichiarato: “Sarebbe una fortuna per l’economia tarantina”.
La notizia conferma e arricchisce quanto già PeaceLink aveva scoperto il 20 settembre 2000 sul sito Internet del Pentagono e cioè che a Taranto era diventata il nodo telematico del sistema C4I americano, una rete di coordinamento e spionaggio militare che collegherà la base navale jonica direttamente al Navy Center for Tactical System Interoperability di San Diego in California, scavalcando la catena di comando Nato.
Quali potranno essere le conseguenze occupazionali della nuova base Usa a Taranto? Rischia di chiudere l’arsenale militare, un inutile doppione rispetto al polo logistico americano che attrarrà a Taranto anche le unità militari a propulsione nucleare per una delicatissima manutenzione. La mitilicoltura e la pesca a Taranto avrebbero il futuro segnato da una spada di Damocle radioattiva. La Marina Militare – che, secondo i piani con cui veniva decantata la nuova base navale, doveva liberare il Mar Piccolo e spostarsi nel Mar Grande – ha inoltre di recente chiesto di sottrarre all’allevamento dei mitili uno spazio immenso: tre milioni di metri quadrati di mare. Dove li ha chiesti? Proprio in quel Mar Piccolo da cui in teoria doveva traslocare. E i “benefici economici” non finiscono qui. Il “Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare” vieta il transito civile quando c’è transito militare nucleare. Un bel guaio.
Su Internet si sta pian piano delineando una nutrita mappa di tutte le informazioni utili a capire i nuovi processi in corso. L’archivio è su http://italy.peacelink.org/disarmo, un luogo dove troverete in modo approfondito tutte le informazioni che qui riportiamo solo in estrema sintesi. Il controllo dal basso può crescere se si ritagliano i giornali locali e si trasferisce in rete quell’informazione militare locale che (non è un caso) non giunge mai all’opinione pubblica nazionale.

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