Quando chiudono?

Breve storia degli OPG. La nascita, le evoluzioni, i disegni di legge e le prospettive di modifica.
Cinzia Neglia

Il primo OPG nacque ad Aversa nel 1876 col nome di “manicomio criminale”, mentre è del 1975 (esattamente l’art.62 della legge 354) l’attuale dicitura di Ospedale Psichiatrico Giudiziario definito come “istituto per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive”. La legge 180 del 1978 (comunemente nota come “legge Basaglia”) e la n 833 dello stesso anno, in cui la prima viene inglobata, che istituisce il Sistema Sanitario Nazionale, non tiene conto in alcun modo della realtà degli OPG.

Diverse negli anni sono state le proposte di modifica mai arrivate in Parlamento; alle soglie del 2000 un barlume di speranza si accende con il Decreto legislativo del 22 giugno 1999 n.230 di riordino della medicina penitenziaria che invece, al di là delle aspettative, non incide minimamente sulla vita degli OPG e non molto sulla vita in carcere. Nel marzo 2001 l’ufficio studi e ricerche del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) affida a Vittorino Andreoli una ricerca sugli OPG che sarà presentata nel febbraio 2003 e che farà dire al responsabile del DAP che occuparsi di OPG sarà per il Dipartimento una delle priorità. Si inizia a evidenziare come ci siano difficoltà di collegamento tra OPG e servizi territoriali, si avviano le prime riflessioni con i direttori degli OPG, ma di fatto nulla si modifica.

Nel 2003 e nel 2004 si avranno due sentenze della Corte Costituzionale che offrono strumenti concreti per bloccare i nuovi ingressi in OPG. La prima sentenza dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 del Codice Penale nella parte in cui non consente al giudice di adottare, invece del ricovero in OPG, una diversa misura di sicurezza. Nel 2004 ad essere dichiarato costituzionalmente illegittimo è l’art. 206 dello stesso Codice, nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate e a contenere la sua pericolosità sociale. Anche queste sentenze, però, sono di fatto ignorate, spesso non conosciute nemmeno dagli avvocati degli internati.

Dalla legge in poi

Il 2004 è l’anno in cui si prova a peggiorare la situazione: si va, infatti, dal tentativo di apertura di un reparto per minori (!) all’interno di un OPG, all’ipotesi di apertura di un ulteriore reparto femminile e di due centri sperimentali in due regioni in cui non sono presenti OPG. Fortunatamente, nulla di tutto ciò sarà realizzato. Nell’ottobre dello stesso anno è istituito un gruppo tecnico ristretto con l’intento di analizzare la situazione degli OPG: si tratta della “Commissione interministeriale Giustizia–Salute, Gruppo di lavoro per i problemi degli OPG”, che presenterà nel gennaio 2008 i risultati del suo lungo lavoro.

Ed è a trent’anni dalla promulgazione della legge180 che viene pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 aprile 2008 che detta “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziarie”. L’allegato C di quel decreto definisce le “Linee di indirizzo per gli interventi negli OPG e nelle Case di Cura e Custodia” che di fatto prevedono le azioni che, se effettuate, realizzerebbero il progressivo superamento dell’OPG: dimettere gli internati che hanno concluso la misura di sicurezza, riportare in carcere coloro a cui i disturbi sono sopravvenuti durante la pena, effettuare le osservazioni in carcere, ridistribuire gli internati per territori, avvicinandoli alla propria residenza, restituire gli internati alle ASL di provenienza. Il tutto da concretizzare in due anni.

La realizzazione di tutto ciò richiede una progettualità diversa, una modalità differente di operare rispetto alla consuetudine, il raggiungimento dell’obiettivo è affidato tra l’altro alla capacità di interconnessione tra le differenti istituzioni. Si identifica come punto di arrivo finale una completa ristrutturazione dell’offerta dei servizi da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale idonea a consentire alla magistratura di disporre lo svolgimento delle misure di sicurezza dell’OPG in contesti sanitari ordinari, con garanzie di equità di trattamento rispetto alla popolazione psichiatrica generale.

Purtroppo ancora una volta i tempi non vengono rispettati: le regioni recepiscono con molta lentezza il decreto, anche i cosiddetti “dimissibili” non sono dimessi nei tempi previsti e così i tempi si dilatano.

 Chiusura?

I riflettori si accendono quando, nella scorsa legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal Senatore Marino porta alla ribalta la situazione degli OPG che il Presidente della Repubblica definirà “autentico orrore indegno di un Paese appena civile”. A partire dal giugno 2010 la Commissione avvia una serie di visite a sorpresa negli OPG per verificare le condizioni di persone e ambienti. Tutta la Commissione ribadirà in più occasioni che le condizioni igienico-sanitarie sono inaccettabili, gravi le carenze strutturali e come l’assetto sia assimilabile più al carcere o all’istituzione manicomiale che non ai servizi psichiatrici. Emerge la carenza di personale, si denuncia l’impossibilità di raggiungere, con quel numero di medici e personale sanitario, sufficienti prestazioni con finalità riabilitativa per ciascun internato. L’orrore del letto di contenzione è mostrato nel video realizzato nelle visite e nella relazione finale dell’inchiesta si legge che “le modalità di attuazione osservate negli OPG lasciano intravedere pratiche cliniche inadeguate e, in alcuni casi, lesive della dignità della persona. A ciò si aggiunge, in alcune situazioni osservate, la mancanza di puntuale documentazione degli atti contenitivi, con conseguente impossibilità materiale di controllo e verifica degli stessi”. Il video e la relazione finale contribuiscono finalmente a squarciare il velo di silenzio attorno a questa drammatica realtà che tutte le forze politiche dicono di voler cambiare.

E veniamo così al 2012. È il 25 gennaio e il Senato sta approvando uno dei primi decreti legge del governo Monti, volto a ridurre la “tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri” (cosiddetto “svuota carceri”). Con un emendamento, viene aggiunto un intero articolo che detta le “Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”. La Commissione Marino ha raggiunto il suo obiettivo: il Decreto (convertito successivamente nella legge n. 9 del 17 febbraio 2012) stabilisce una data di definitiva chiusura degli OPG, stanzia specifiche risorse finanziarie per strutture e personale, avvia la definizione degli standard delle strutture residenziali per le misure di sicurezza, conferma le modalità di rea-lizzazione del programma di superamento previsto nel DPCM del 2008 e dai conseguenti accordi sanciti con le Regioni.

 Lentezze

Secondo la legge “a decorrere dal 31 marzo 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie”, il che fa presupporre che nessun nuovo ingresso sia da registrarsi in OPG. Ma il presupposto si rivela errato, e infatti si continua a internare. E come è ormai prassi, si continua a non rispettare i tempi: fin dall’inizio la data era apparsa irrealistica, le difficoltà delle regioni a produrre programmi, la lentezza nel predisporre decreti attuativi. Solo a novembre vengono stabiliti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture residenziali destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia.

Il 31 marzo 2013 passa invano: gli OPG resistono. A maggio, la legge che converte il cosiddetto “decreto Balduzzi”, rettifica la data di chiusura stabilendo “dal 1° aprile 2014 gli ospedali psichiatrici sono chiusi”. Sarà la volta buona? Probabilmente anche questa volta non accadrà e al 31 marzo 2014 non tutti gli internati staranno già vivendo in una nuova dimora, in modo più dignitoso e soprattutto non si sarà ancora definito, per ciascuno di loro, un progetto terapeutico riabilitativo. I rischi di una conclusione diversa da quella stabilita per legge sono molto concreti, così come è tutto la verificare l’impegno che le Regioni stanno spendendo nella costruzione di quelle che dovrebbero essere le strutture sanitarie extraospedaliere per il superamento degli OPG, con la speranza che non si tratti di “mini-OPG”.

Tuttavia, si può affermare che, nella migliore delle ipotesi, in tempi non lunghissimi gli OPG saranno chiusi, mentre per “superarli” realmente è necessaria la modifica del Codice Penale, così come per restituire salute e prendere in carico le persone malate, predisporre Progetti Terapeuti Riabilitativi Individualizzati è necessario che i Dipartimenti di Salute Mentale siano messi nelle condizioni di poter bene operare e lo facciano. Insomma, come sempre, la legge non basta.

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