Generatrice di vita

La fecondità aldilà dell’aspetto biologico.
La donna e le sue potenzialità, oltre i ruoli preconfezionati.
Maria Luisa Berzosa e Leticia Marin (mlberzosa@gmail.com – psicologiaiuto@gmail.com)

“L’inesauribile fondamento in una donna infonde forza vitale alla sua mente, al suo cuore e al suo spirito. Se presta attenzione, se ascolta, avrà idee, in altre parole, da lei nasceranno figlie sottoforma di nuove vigorose idee per vivere con maggiore pienezza e con più significato”. Clarissa Pinkola Estés, La danza delle grandi madri

Questo tema ci ha sempre sollecitate per varie ragioni: sia per il fatto che si è spesso collegata, riduttivamente, la fecondità al fatto biologico, sia perché conosciamo donne che non si sentono feconde solo biologicamente, anzi, a volte si sentono sterili, e non si sentono realizzate come donne. 

I figli biologici non sempre danno fecondità né realizzazione, invece, esistono donne che hanno rinunciato alla fecondità biologica e si sentono realizzate e feconde. 

La donna madre

La donna ha percorso un lungo cammino nella nostra società, molto importante, ma non si può dire lo stesso nell’ambito della Chiesa; è vero che via via ha occupato sempre di più ruoli che prima erano impensabili nella cultura dominante.

La donna, un tempo, aveva come primo “comandamento” dover avere dei figli, dedicarsi a loro, poi al marito e la casa. Questi compiti riempivano la sua vita in modo quasi esclusivo; successivamente   la donna ha dato vita ad altri lavori, ad altre attività da professionista, ciò le ha permesso di essere più integrata nella società, e di sviluppare in sé tanti doni e possibilità.

Il ruolo affidatole era già presente nella famiglia di origine poiché la società era di tipo patriarcale; il marito lavorava fuori casa e la donna sempre e soltanto in casa. Il marito portava i soldi per tutta la famiglia, ma la donna non era riconosciuta per il suo lavoro domestico, il quale era un dovere. 

Purtroppo, ancora oggi la società si stupisce quando una donna non ha figli, vede in lei qualcosa di strano e si domanda: Cosa succede? Come mai? Perchè è così?

Ci sono alcuni elementi a proposito che sono interdipendenti tra di loro.

Cultura

Forse siamo cresciute nella nostra famiglia d’origine con alcuni “comandamenti” che si tramandano  da una generazione all’altra: “La donna deve sposarsi, avere dei figli ed educarli, il che significa che si deve dimenticare di se stessa, vivendo sempre per gli altri”; questa idea è stata avallata da una cultura religiosa nella quale non pensare a se stessa era una grande virtù, perché il contrario veniva considerato come un vero egoismo.

Il comandamento biblico: “Amare Dio e il prossimo come te stesso”, veniva distorto e diviso a metà, lasciando soltanto Dio e gli altri. Non c’era spazio per la donna, per la sua formazione, per il suo riposo, e nemmeno si pensava a un lavoro per lei fuori casa, per carità, ci mancherebbe...

Le donne venivano educate fin dalla nascita in modo diverso dagli uomini, e portate ad avere nell’adolescenza un unico pensiero: trovare un uomo da sposare. Paradossalmente ancora oggi esiste questa problematica, ci sono donne della postmodernità che soffrono per il fatto di non trovare marito, avere dei figli e formare una famiglia. Questo ha sempre comportato tanti problemi per la donna e anche per la società.  

Dipendenza e autostima

Non esisteva la persona in quanto tale, non veniva mai detto: io sono, io penso, io desidero... Tutto derivava da qualcos’altro. Non c’era la possibilità di crescere, di sviluppare le proprie possibilità e doni; la giovane donna esisteva per cercare e conoscere un uomo e sposarlo. Quest’atteggiamento veniva rafforzato dalla propria madre proprio per garantire questa catena ininterrotta di donne sottomesse. La giovane fidanzata, subito sposa, andava avanti sempre con il desiderio di accontentare l’altro,  non godeva di una sua autonomia,  non cercava  alternative,  rimaneva chiusa in casa, la sua fecondità biologica era subito abbondante; non era libera di intraprendere altre cose, per realizzare se stessa.

Scala dei valori

Se la donna non aveva nessuna possibilità di scelta, e nemmeno possibilità di svolgere lavori diversi, allora non era libera di avere il proprio spazio come essere umano;  tutto era indicato da canoni prestabiliti e, quando una donna trasgrediva queste norme, subito veniva giudicata come cattiva sposa e cattiva madre, iniziando dalla propria famiglia. Si protraeva nel tempo questo giudizio, anche quando i figli erano già cresciuti e andavano via. Lei, donna madre, sentiva terminato il suo lavoro  e cominciava ad avvertire un grande vuoto, la sua vita non aveva senso, non aveva quasi niente da fare;  poi con l’arrivo dei nipotini  il nucleo familiare aumentava e, nuovamente, la donna si occupava di curarli  per sentirsi ancora feconda e realizzata come donna.

Altri modi di fecondità

C’è una fecondità che  può essere scelta o obbligata: esiste la persona che non ha la possibilità di generare figli o quella che per alcun motivo rinuncia a loro per altri valori, come l’amore e dedizione per una professione;  la libera  dedizione agli altri per una scelta di vita che ha come punto di riferimento Dio o dare la propria vita ad altri anche se questi non sono i propri figli.

Troviamo due definizioni per il concetto di fecondità che ci aiutano nella nostra analisi:

- “L’avere la facoltà di produrre molto:  fertilità è produzione abbondante”

- “Una terra fertile si feconda tramite il lavoro e il concime”

Ci sono due scelte nella vita che fanno riferimento a un altro concetto di fecondità: il celibato, come un’opzione libera di generare vita, non una rinuncia all’amore, ma un modo diverso di amare; una scelta per motivi religiosi. Non solo, ci possono essere anche altri motivi come la dedizione alla scienza, alla ricerca, in tutti questi casi si tratta di dare un senso pieno alla vita nell’atto di donarsi agli altri. 

L’educazione come fonte di fecondità, aldilà della dimensione biologica, intendendo l’educare, dal latino e-ducere, ossia “tirar fuori” la parte migliore di se stesso. Soltanto l’educatore rende consapevole la persona della sua capacità di resilienza, la forza che sta dentro di sé che la rende indipendente. Educare significa anche aiutare la persona a camminare autonomamente senza dipendere dagli altri. 

Comunque sia, la fecondità è una proprietà dell’amore tra esseri umani che genera comunione tra persone.

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