Fermiamo gli EPA
Ne parliamo da circa dieci anni. Gli Accordi di Partneriato Economico (EPA - Economic Partnership Agreements) oggi, come domani il Ttip (Trade and Investment Partnership, denominato anche la “Nato del Commercio” per evidenziarne la sua “portata”) la fanno da padrona nelle relazioni internazionali. È l’era delle contrattazioni pubbliche a perseguimento degli interessi delle èlite imprenditoriali private. Delle negoziazioni tra governi, perché – lo sappiamo, ma forse ne ignoriamo le drammatiche conseguenze – gli accordi commerciali sono le nuove modalità di relazioni tra Stati. È il libero commercio la vera grande potenza mondiale di questo secolo. Libero: libero veramente?
Mercato selvaggio con le sue mire finanziarie, impietoso con i suoi partner, insensibile a “piagnistei” sociali e collettivi. E a decidere le nuove regole del gioco in queste negoziazioni, i contraenti per l’esattezza, non sono più solo organizzazioni commerciali, ma gli Stati stessi o, peggio ancora, gli organismi sovranazionali, come l’Unione Europea per esempio. Sì, proprio questi enti astratti che pensavamo fossero nati per tutelare la comunità, i diritti, per porre limiti ai poteri privati e per garantire il rispetto delle regole.
Deregulation totale, invece. Un nuovo mondo, non proprio quell’altro mondo possibile che speravamo (speriamo ancora?), di realizzare. Un mondo in cui le leggi del profitto soppiantano la politica. Non c’è più posto. Quando Europa e Paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico o Europa e Usa avranno approvato grandi accordi di libero scambio di merci, con dazi bassissimi e con costi sociali altissimi, quale spazio politico resterà alle forze vive della società? Come sarà possibile agire perché i diritti fondamentali non negoziabili abbiano voce?
Oggi, ad esempio, ci preoccupano fortemente gli EPA (Economic Partnership Agreements), accordi di libero scambio tra Europa e Paesi dell’ACP (Africa, Caraibi, Pacifico). La trattativa, durata quasi dieci anni, è al capolinea perché l’Unione Europea chiede di siglare l’accordo entro il 1 ottobre 2014. Per eliminare le barriere protezionistiche; per togliere dazi e tariffe e aprire i mercati a uno scambio sempre più libero e a basso costo. Con la conseguenza che l’agricoltura europea potrà svendere i propri prodotti sui mercati dei Paesi impoveriti. E i contadini africani (l’Africa è un continente al 70% agricolo!) non potranno competere con i prezzi degli agricoltori europei.
Già nel 2007 scrissi una lettera all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, esprimendo tutta la mia preoccupazione per questo nuovo assetto di relazioni commerciali tra Paesi: “Noi avversiamo con forza l’idea di questi accordi economici centrati su un approccio liberista sotto la spinta dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che porterebbero l’Africa alla fame! Infatti, chiedere ai Paesi impoveriti di togliere i loro dazi vuol dire aprire le porte al dumping (sversamento) europeo dei nostri prodotti agricoli”. La stessa preoccupazione esprimiamo oggi, alla vigilia della tappa finale degli EPA, e lo facciamo con un appello corale (cfr. “Fermiamo gli EPA” in www.mosaicodipace.it, per aderire: www.ildialogo.org). “L’UE – si legge nel testo – vuol concludere in fretta questo negoziato vista l’importanza strategica dell’accordo, soprattutto per il rincaro delle materie prime che fanno gola alle potenze emergenti (i BRICS), in particolare Cina, India e Brasile già così presenti in Africa…”.
Chiediamo che i nostri rappresentanti a Bruxelles ascoltino il grido delle forze vive della società, nel Nord come nel Sud del mondo.
Chiediamo che l’Europa riprenda in mano una politica estera ed economica più rispettosa dei diritti dei popoli e capace di correggere le disparità tra Paesi.
Siamo alla vigilia delle elezioni europee. Esigiamo che i negoziati, sia con i Paesi ACP sia con i Paesi del Mediterraneo, diventino oggetto di dibattito pubblico. È in ballo la vita di milioni di persone. E lo stesso futuro dell’Europa.