Infauste date
Della infausta data del 4 novembre incominciai a occuparmi dagli anni Cinquanta, protestando perché ben due festività civili erano occupate da cerimonie militari e aggressive, il 2 giugno, festa della repubblica, e il 4 novembre, festa delle Forze Armate. Il 2 giugno mi sarebbe piaciuto che lo si festeggiasse come in Francia fanno con il 14 luglio, la presa della Bastiglia, ballando e cantando tutto il giorno e la notte: analogamente da noi, in ogni città e paese, cittadini e cittadine occuperebbero pacificamente parchi giardini viali pubblici con pic-nic e scampagnate, offrendosi reciprocamente piatti della ricchissima cucina italiana e ricevendo anche assaggi delle cucine dei Paesi da cui provengono i e le migranti. Pensavo pure che sarebbe stato bello e giusto che ogni anno si scegliesse una categoria di persone da festeggiare, le casalinghe, avvocati e avvocate, impiegate impiegati, i metalmeccanici, le tessili, insegnanti maestre e maestri, medici e mediche in modo che in qualche decennio le categorie che compongono la cittadinanza potessero avere la loro festa. Inutile dire che la cosa trovò commenti favorevoli, ma nessuna decisione pratica. La ripropongo, chissà che non trovi maggiore ascolto.
Il 4 novembre ha per me una eco più negativa, perché della “inutile strage” della prima guerra mondiale cerca di fare una data gloriosa. Eppure, come dimenticare che 600.000 furono i morti in guerra e altri 600.000 per l’epidemia di spagnola che seminò lutti subito dopo la fine del conflitto nella popolazione civile stremata dalle restrizioni belliche? Non è follia? Non prelude alla follia sanguinaria e distruttiva di svariati milioni di morti, soprattutto civili, vittime dei combattimenti, dei bombardamenti, dei campi di concentramento e di quelli di sterminio?
In più abito a Bolzano e questa data ha, per la popolazione di lingua tedesca della provincia autonoma di Bolzano, un altro significato. I sudtirolesi, benché abbiano raccolto moltissime firme dopo il 1918 per ottenere che la loro sorte fosse affrontata con referendum secondo il principio dell’autodeterminazione dei popoli, ottennero un rifiuto perché l’Italia aveva vinto la guerra e, quando fecero la stessa domanda dopo la seconda guerra mondiale, ottennero solo che decidessero Austria e Italia e ciò su cui avessero convenuto sarebbe stato iscritto nel Trattato di pace e protetto da quell’aggancio internazionale. I sudtirolesi di lingua tedesca, che sono la maggioranza della popolazione (due terzi) della provincia di Bolzano, essendo De Gasperi riuscito a inserire nell’autonomia della Regione anche il Trentino, si ritrovarono in minoranza nel territorio che era stato sottoposto ad autonomia proprio per tutelarli.
Mi sono scervellata per capire che fare del monumento alla Vittoria, un’enorme, retorica, montagna di marmo e a che uso potesse essere destinato e, infine, avevo scritto che il monumento (costruito nel 1928, unico nel suo genere perché non c’è nulla di simile né a Trento né a Trieste) fosse “rinverdito” ricoprendolo di edera e trasformandolo nella più grande aiuola spartitraffico del mondo. Il buon senso popolare è arrivato a rendere possibile un’altra soluzione, cioè di mettere nello spazio vuoto sottostante il monumento un piccolo museo storico, nel quale sia documentata la vicenda: è una soluzione civile.
Si potrebbe tornare a una proposta di pace lanciando per la prossima estate una vera festa con canti balli costumi popolari, ecc.ecc., mentre si accompagna la raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare per l’istituzione della difesa civile non armata e nonviolenta.