PAROLA A RISCHIO

Quale centro?

Viaggio nelle periferie esistenziali, luoghi epifanici del Dio di Gesú.
Christian Medos (sacerdote diocesano, licenziato in Teologia Spirituale e membro dell’equipe nazionale di “Spiritualità delle frontiere esistenziali”)

Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato” 

(Gv 2,14-16).

 

L’immagine di Gesù che scaccia i venditori dal Tempio con delle fruste e ne rovescia i banchi, è sempre stata una delle più enigmatiche del Nuovo Testamento. 

Non siamo abituati a vedere Gesù come uomo “violento”. Noi lo predichiamo e lo invochiamo come il “Principe della Pace”. Eppure la forza di questa immagine ci colpisce. Ci scandalizza da una parte ma ci affascina dall’altra. Cosa soggiace dietro questo atteggiamento? Cosa vuole dirci Gesù? È un desiderio quasi “cultuale” di ripristinare il Tempio nel suo ordine? Di purificarlo dalle nefandezze del commercio, del denaro? È un desiderio di togliere l’idea di un Dio che si può comprare? Probabilmente in parte sono anche questi i motivi di tale comportamento da parte del Figlio di Dio. Ma vorrei vederci qualcosa di molto più profondo. Qualcosa che è possibile comprendere solo alla luce delle parole che seguono: “Non fate della casa del Padre mio un mercato”.

La casa del Padre

La casa del Padre… il Tempio. Attenzione però. Chi conosce bene la struttura del tempio di Gerusalemme, sa molto bene che l’area in cui si trovavano i venditori non era ancora la zona sacra. Era il portico a cui avevano accesso non solo i sacerdoti, non solo i maschi ebrei, ma anche le donne e addirittura gli stranieri. 

Gesù, fuori dalla zona sacra, fuori dalle stanze interne del Tempio (il luogo riconosciuto come l’abitazione di Dio e per ciò riservato solo ai sacerdoti) battezza l’area non sacra in area sacra, il non tempio in tempio… Gesù compie un gesto e indica una profezia assolutamente eretica. 

Secondo il Figlio, il Padre non abita nel centro del Tempio, ma nella zona periferica. Non sta rinchiuso in un’area riservata a pochi eletti, ma abita la piazza, il mercato, i luoghi accessibili a tutti… Gesù sposta, o meglio riconosce, che il vero centro abitato da Dio è ciò che l’uomo spesso considera periferico, marginale, poco importante. 

Allargando un po’ lo sguardo a tutta la narrazione dei Vangeli, vediamo che questo messaggio di Gesù ritorna, pur con modalità diverse, quasi come un ritornello.

In periferia

La stessa parabola della sua vicenda umana è caratterizzata da un suo “stare” in periferia.

Egli, il Messia, il Re atteso dalle genti e riconosciuto dai Magi, non nasce nella città del Re, ma nella sua periferia, la piccola Betlemme. Fin da piccolo egli, assieme alla sua famiglia, sperimenta il dramma della fuga in terra straniera. Cresce in un piccolo villaggio della periferica Galilea, talmente insignificante, che il suo nome non è riportato nelle carte geografiche del tempo. E, infine, anche nel suo ultimo viaggio da condannato a morte, viene condotto fuori dalle mura della città, sul Golgota, per non profanare la festa di Pasqua.

Gesù è il volto di Dio tra gli uomini, un Dio che volutamente sposta il baricentro della storia lontano da ciò che l’uomo considera il centro, ovvero i luoghi del potere politico, religioso, istituzionale. Le città fiorenti e ricche, i palazzi lussuosi, le agorà dove avvengono i grandi scambi commerciali e si produce ricchezza. 

Il centro per Dio è qualcosa d’altro: è la persona! Non la persona astratta, l’idea di uomo o di donna. Ma la persona concreta, quella che si incontra (è l’uomo il vero tempio, la basilica maggiore, direbbe don Tonino).

Il centro è un pozzo della Samaria, luogo di incontro con una donna eretica perché Samaritana e adultera perché convive con il sesto uomo. Il centro è il deserto che da Gerusalemme porta a Gerico, dove l’uomo incappa nei briganti, viene spogliato e ferito, e attende salvezza da un Dio pronto a sporcarsi le mani per lui. Ancora, il centro non è nella ricerca di una comunità elitaria fatta da dotti, sapienti o perfetti, ma da un gruppo di dodici composto da pescatori, esattori di tasse, gente di provincia. 

Alla luce di quanto abbiamo fin qui detto possiamo meglio comprendere cosa intenda dire papa Francesco quando parla di periferie esistenziali. Centro e periferia non sono soltanto indicatori di carattere geografico ma condizioni esistenziali in cui le persone si trovano rispetto alla cultura, alla tradizione, al sistema socio-economico o giuridico. 

Sono in periferia, rispetto alla Chiesa, tutte quelle persone che, per diversi motivi, si sono trovate a vivere un fallimento del loro progetto di amore e hanno visto franare il loro sogno di un matrimonio felice. Spesso queste persone, che a fatica si sono ripensate, ri-progettate, cercando di vivere nel miglior modo possibile la loro esistenza e la loro vita da credenti, sono state giudicate, isolate, etichettate e non di rado abbandonate dalle comunità cristiane, aggiungendo ulteriore sofferenza a quella già sperimentata a causa del fallimento matrimoniale. 

Sono in periferia, rispetto alla Chiesa, tanti fratelli e sorelle, che si riconoscono di orientamento omosessuale e che, a causa di questa loro “condizione esistenziale”, si trovano a essere giudicati e non di rado esclusi. A loro è spesso negata la possibilità di continuare a frequentare la comunità cristiana, soprattutto se non accettano il vincolo della continenza sessuale. In tal modo, queste persone si sentono costrette a scegliere tra la fede in Gesù e la possibilità di vivere una vita felice che sia comprensiva dell’esperienza di amore.

L’incontro

Per queste, come per tante altre categorie, la Chiesa ha fatto poco, troppo poco. Soprattutto, mi pare che non si sia seguito quello stile che Gesù di Nazareth è venuto a inaugurare e che ci viene consegnato dai Vangeli: l’incontro, il dialogo, l’ascolto, l’accoglienza. 

L’apostolo Paolo ci ricorda che “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, 28Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, 29perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”(1 Cor 1,27-29).

La Chiesa, ci ricorda papa Francesco, non è la comunità dei perfetti, ma di coloro che si sentono raggiunti dalla Misericordia del Padre; ed essa è sempre immeritata, incondizionata e gratuita (cfr. A.L. 297). Per cui, come non esistono i puri, non esistono nemmeno i dannati per sempre. Nel cammino della vita sempre siamo cercati e raggiunti, amati e salvati da Dio.

Il compito di ciascuno di noi è allora quello di riconoscere, proprio in quelle persone che vivono in situazioni di sofferenza, di rifiuto, di marginalità, la presenza del Signore. Di certo lui è lì! Il nostro caro don Tonino, in uno dei suoi scritti quaresimali, si rivolge a tutti quelli che si trovano a vivere una condizione di drop out. Spiegandolo, nella lettera, don Tonino dice che “è una variabile linguistica del termine emarginati. Indica insomma, il campionario assortito di coloro che, essendo ruzzolati giù per colpa loro o per cattiveria altrui, non sono più presi in considerazione da nessuno”.

A loro si rivolge don Tonino, e a noi tutti, ricordandoci che anche Cristo è stato considerato drop out, Lui, la pietra scartata dai costruttori, ma divenuta testata d’angolo.

Ciò che l’uomo considera scarto diventa luogo epifanico di Dio, ciò che la società emargina, diventa la tenda entro cui Yahwè pone la sua dimora.

Affrettiamoci, dunque,a camminare in queste e in tante altre periferie dell’esistenza. Non si tratta di intrapendere azioni di buonismo, nè di accostarci alle persone con sentimenti di pietismo. Si tratta piuttosto di riconoscere che in quelle situazioni, in quelle storie, in quei volti, Cristo stesso ci attende. Ed è Lui che chiede di essere riconosciuto, amato, accolto. Incontrare persone che, per diversi motivi, sono state escluse o emarginate, non è soltanto qualcosa che ha a che fare con le opere di misericordia, è piuttosto parte integrante della perenne ricerca di Dio da parte degli uomini. E ricordiamoci che ogni volta che entriamo nell’esistenza concreta di una persona, nei suoi drammi, nelle sue ferite, nei suoi sogni e desideri, siamo in terra sacra. Per cui, come Mosè davanti al roveto ardente, di fronte alla vita dell’altro, togliamoci i sandali. E Dio si mostrerà. E noi ci scopriremo al centro della storia… della salvezza.

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