ULTIMA TESSERA

Una nuova Difesa

Con un nuovo disegno di legge delega al Governo, al via il Libro Bianco della Difesa. Nuove guerre.
Nuovi business. E l’art. 11 della Costituzione?
Rossana De Simone (Impegnata per la riconversione dell’industria bellica e nell’ex “Comitato dei Cassaintegrati Aermacchi per la Pace e il Diritto al Lavoro”)

Dopo poco meno di due anni dall’approvazione del “Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa” redatto dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti, il Consiglio dei Ministri ha varato il disegno di legge delega al Governo che ne dà completa attuazione. Le quattro linee guida del documento, composto da 11 articoli, sono: revisione della governance, riorganizzazione del modello operativo delle Forze Armate, rimodulazione del modello professionale, collaborazione più integrata fra difesa, università, ricerca e industria.  

La nuova governance della difesa modificherà la struttura dei vertici, con minori livelli gerarchici. Due i principi guida. Il primo si articola su cinque funzioni strategiche: direzione politica, direzione strategico-militare, generazione e preparazione delle forze, impiego delle forze e supporto delle forze; il secondo sull’unicità di comando a cui si affianca quello di “direzione centralizzata ed esecuzione decentrata”. Oltre a spingere verso una maggiore integrazione fra le Forze Armate e il Comando delle Forze speciali dell’Esercito, per incrementare l’efficacia della struttura militare, il modello organizzativo vedrà un aumento del personale a tempo determinato e un decremento di quello in servizio permanente. La novità è la creazione di una Riserva operativa speciale chiamata “Capacità di Mobilitazione” in grado di fronteggiare emergenze di ampia portata. Questa componente, richiesta dalla Nato, sarà composta da personale volontario disponibile a essere richiamato, si connoterà su base regionale o macro-regionale e si baserà su un modello di finanziamento esterno al bilancio ordinario.

Il preannuncio di una visione critica del futuro viene espressa dal Libro Bianco con una frase apodittica: il contesto globale “è oggi divenuto straordinariamente complesso, difficile da interpretare e incerto nel divenire” e le minacce “che adombrano le nostre libertà” sono costituite dal terrorismo. L’area fonte di tanta preoccupazione per l’Italia è il Mediterraneo, “tornato a richiamare su di sé l’attenzione internazionale per le crisi e i conflitti che vi si concentrano”. Tuttavia, anche se i riferimenti della politica estera e di sicurezza rimangono, indifferentemente, Onu, Nato e Unione Europea, è inquietante quanto viene stabilito a proposito della guerra, anche se non viene nominata specificatamente: “Gli italiani della nostra generazione hanno vissuto un lungo periodo nel quale è stato possibile usufruire di una cornice di sicurezza ampia e nella quale la partecipazione agli sforzi della comunità internazionale per la pace e la stabilità internazionale poteva essere il risultato di una ‘scelta’. La situazione odierna non consente di sottovalutare che il coinvolgimento diretto, in talune delle crisi in atto o potenziali, potrebbe diventare un impegno inevitabile. È, dunque, necessario prevenire l’insorgere di tali situazioni e intervenire opportunamente, in caso d’insuccesso, per contenerle, prima che le stesse divengano troppo grandi perché siano affrontate con limitati sacrifici”.

Pertanto il Paese ha bisogno di uno strumento militare “calibrato in modo da offrire le più ampie capacità di intervento e garantire che l’Italia sia anche in grado di guidare eventuali operazioni multinazionali di gestione delle crisi e di ripristino della pace e della sicurezza internazionale”. Ancora una volta si vogliono esportare democrazia e pace attraverso una politica di guerra, e la sicurezza nazionale deve realizzarsi con armi sempre più sofisticate e costose; infatti, “gli investimenti sui sistemi d’arma costituiscono un elemento di assoluto rilievo per la sicurezza del Paese”. Gli stessi effetti dovuti ai cambiamenti demografici, l’urbanizzazione, scarsità di risorse naturali, mutamenti climatici, globalizzazione delle risorse finanziarie e identitarismo locale, devono rientrare nella logica della “gestione delle crisi” da risolvere con lo strumento militare. L’ottimizzazione di questa logica viene stabilita da una stretta correlazione tra “Sistema Sociale” e “Sistema Difesa” in cui sfuma ogni distinzione fra campo di battaglia e campo neutrale, soldati e popolazione civile, tecnologia militare e tecnologia civile, e nessun oggetto della vita quotidiana, nessun ambito dell’interazione sociale rimane al riparo dalla guerra. Ambiti un tempo separati vengono combinati fra di loro: guerra commerciale, guerra finanziaria, guerra dell’informazione, guerra del nuovo terrorismo e guerra ecologica fanno parte di quella che il ministro Pinotti chiama effetto della globalizzazione. 

Ulteriore passaggio importante riguarda la divisione in due incarichi distinti del Segretario Generale della Difesa e del Direttore Nazionale degli Armamenti DNA: il primo sarà un civile e avrà un compito giuridico-amministrativo, mentre il secondo rimane un militare, anche se potrebbe essere, in futuro, un civile. Questa figura assumerà la responsabilità di tutta la logistica, oggi ripartita tra le varie Forze Armate e avrà il compito di promuovere, in ambito internazionale, le aziende del settore Difesa e i loro prodotti. Avrà la responsabilità delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, dell’approvvigionamento dei sistemi d’arma, e parteciperà agli alti consessi internazionali nel quadro della realizzazione di accordi multinazionali. Il suo ruolo fa parte di una delle direttive più importanti del Libro Bianco che riguarda la partnership strategica fra difesa e industria. Il compito di individuare le politiche industriali, d’innovazione e scientifiche viene affidata al Ministero della Difesa mentre il Direttore Nazionale degli Armamenti definisce la Strategia Industriale e Tecnologica (SIT). La politica scientifica, insieme a quella industriale e dell’innovazione, è appunto una delle direttrici fondamentali per la trasformazione della difesa per cui si rende necessario non solo un adeguamento delle disponibilità finanziarie, ma lo sviluppo di una azione coordinata in tutto il sistema della conoscenza. Si riconosce di conseguenza che l’innovazione tecnologica del mercato civile rende disponibili tecnologie utilizzabili anche per equipaggiamenti militari. Leonardo/Finmeccanica diviene il fulcro di quelle “capacità competitive del sistema Paese” in grado di garantire occupazione, innovazione tecnologica e sviluppo industriale a beneficio dell’intera comunità. 

Ribadita è la necessità di una collaborazione europea e una maggiore liberalizzazione dei trasferimenti intra-comunitari dei prodotti militari destinati alle Forze armate europee. 

Circa le “spese di investimento”, secondo il ministro Pinotti, la spesa italiana tocca l’1,18%, in aumento rispetto agli ultimi anni ma ancora lontana dal 2% che chiede la Nato. Nel Libro Bianco non si fa alcun riferimento a programmi specifici, tanto meno al caccia statunitense F-35, di fatto in contraddizione con una difesa europea, ma mette in risalto la costruzione di un mercato unico europeo ideale per rispondere a nuovi paradigmi tecnologici e scenari che aprono al tema della cyber security. Anche il cyber spazio diviene una superficie d’attacco in continua espansione così come le guerre sono divenute infinite. Nuovi business per nuove guerre. 

Il Libro Bianco, dunque, e il suo Decreto attuativo, riconfermano i contenuti strategici del Nuovo Modello di Difesa, imposto furtivamente dai vertici militari e da Rognoni nel 1991, e ne danno compimento giuridico, riplasmando uno strumento militare in grado di difendere gli interessi dell’Italia e dei Paesi industrializzati, ovunque nel mondo vengano minacciati, e attraverso la “prevenzione attiva” superare la distinzione tra tempo di pace e tempo di guerra; tutto ciò in violazione dello spirito degli articoli 11 e 52 della nostra Costituzione.

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