MAFIE

21 marzo Giornata nazionale

È legge. È nazionale la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di mafia. Perché dal dolore dei familiari nasce la speranza.
E l’impegno di tutti nella lotta alle mafie.
Tonio Dell’Olio

La memoria delle vittime di mafia non è stata mai né proposta e né vissuta da Libera come una celebrazione privata dei superstiti, dei familiari, dei “professionisti dell’antimafia”. Al contrario, ha costituito un modello di crescita e di consapevolezza per tante e tanti nel nostro Paese. Per i giovani studenti che, di volta in volta, sceglievano di affiancarsi al dolore dei familiari delle stesse vittime e, non solo si preparavano all’evento approfondendone le storie, ma vivevano quella Giornata con l’empatia solidale di chi attinge speranza dal dolore, impegno dalla fatica, consapevolezza e responsabilità collettiva dalla sconfitta apparente che ogni morte reca con sé. 

Certo, avevamo imparato dai familiari che la memoria non si nega e non si annega, ma che nemmeno si celebra sterilmente con una liturgia rituale di una ricorrenza senz’anima. 

Avevamo imparato da loro che non si poteva continuare a riferirsi a coloro che avevano pagato il prezzo più alto nella lotta al cancro delle mafie continuando a parlare degli “uomini della scorta” o di “un imprenditore della Locride o della Campania barbaramente ucciso” o ancora “dell’autista del Generale Dalla Chiesa”, tutti puntualmente senza nome e senza volto. 

Abbiamo imparato da loro che, al contrario, ascoltare i loro nomi e le loro storie, conoscere da vicino anche i loro ideali e i loro sogni, i sentimenti e gli affetti, diventava vitale per irrigare il nostro impegno per la legalità in termini di rispetto, lealtà e servizio e non semplicemente come pura osservanza scrupolosa delle norme. L’abbiamo imparato dai familiari delle vittime di mafia del nostro Paese così come da tante esperienze dolorose, e pur cariche di speranza e di insegnamenti, fuori dai nostri confini come le Madres di Plaza de Mayo in Argentina che, come “locas”, continuano ancora oggi a camminare in tondo in quella piazza rispondendo “Presente” ad ogni nome dei più di 30 mila desaparecidos prodotti dal regime militare che ha ferito a morte un’intera nazione di fronte all’indifferenza interessata e complice della maggioranza della comunità internazionale. 

Non poteva restare un fatto riservato ai familiari e a Libera che pure aveva avuto la felice intuizione di promuovere quell’evento dal momento che riguardava tutti e a tutti aveva da insegnare qualcosa. Per queste ragioni, sin da subito, Libera propose al Parlamento di riconoscerla come Giornata nazionale. Ci sono volute ben sei legislature e vent’anni di interminabili discussioni in Commissione con uno slalom incredibile tra le eccezioni di chi voleva legare la ricorrenza a una data più significativa come quella di una strage o di chi non voleva in quel modo riconoscere una proposta che partiva dalla società civile, insomma darla vinta a Libera! Senza considerare piuttosto che la richiesta proveniva dagli stessi familiari che, scegliendo una data neutrale ma significativa (primo giorno di Primavera), si sentivano tutti finalmente riconosciuti senza diritti di precedenza o di primogenitura ad alcune vittime di prima classe! Finalmente il 1 marzo scorso, con il voto unanime dei 418 deputati che hanno partecipato alla seduta, il 21 marzo è stata riconosciuta ufficialmente come “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie” (come recita la legge 8 marzo 2017 n. 20, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dle 10 marzo). Finalmente lo Stato c’è! Perché per le istituzioni significa schierarsi e scendere in campo al fianco di chi non può essere lasciato solo e tantomeno dimenticato. Significa aiutare questo Paese che a volte appare come smemorato e disorientato ad accogliere un punto di vista privilegiato che è quello della cattedra delle vittime ed esercitarsi così ad assumere quotidianamente uno sguardo altro sulle condizioni della nazione. Indica alle nuove generazioni che non esiste soltanto la memoria rigida dello smartphone e del computer destinata ad accumulare dati e nemmeno solo quella impolverata degli archivi giudiziari, istituzionali e scientifici, ma che c’è una memoria viva che si pone al servizio del presente e del futuro. È il “salva con nome” che rende vivo e riconoscibile il percorso di un’intera comunità, che non rende inutile il sacrificio di donne e uomini che hanno creduto nell’onestà, nella legalità, nella costruzione di un mondo nuovo e continuano a indicarcene la direzione.

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