ULTIMA TESSERA

Insieme senza muri

Il 20 maggio a Milano è confluito un mare di colori, di volti e di culture diverse. Perché il mondo che vogliamo è variegato e accogliente.
Primo passo: superare la legge Bossi-Fini.
don Virginio Colmegna (presidente Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani” – Milano www.casadellacarita.org )

La giornata del 20 maggio a Milano è stata memorabile. Per usare le parole del Papa, citando il suo discorso ai Movimenti popolari, quello di “Insieme senza muri” è stato un “torrente di energia morale”. Che ha attraversato il capoluogo lombardo con una forza impetuosa e un messaggio finale chiaro: “Si può fare, si deve fare!”. 

Questo hanno detto i centomila partecipanti alla marcia per l’accoglienza, nelle loro lingue diverse, nei loro diversi colori, con i loro canti e balli. I dialetti dei vecchi italiani e gli accenti stranieri dei nuovi italiani si sono mescolati alle dichiarazioni dei sindaci, dei politici, degli esponenti del terzo settore e del volontariato, ma insieme quelle centomila persone hanno lanciato un segnale forte, che la politica, la società, la cultura, il mondo delle imprese e del lavoro non possono ignorare e tanto meno relegare a un semplice twitter di solidarietà: oggi, in Italia, esiste un grande movimento popolare a favore dell’accoglienza dei migranti, un movimento trasversale che crede in una società aperta e plurale e che ha deciso che è arrivato il momento di battere un colpo, di farsi vedere, di farsi sentire, di avanzare proposte, di pretendere risposte da chi, non so se per convenienza o per altri motivi, rinvia ogni decisione strategica per il futuro di questo nostro Paese. Un futuro in cui i nuovi italiani chiedono diritti, tutele, riconoscimento, lavoro e dignità né più né meno di quanto chiedono i nostri giovani. “Alle paure bisogna imparare a parlare. Altrimenti prevarranno. Ed è pericoloso. Anzi, fino ad ora noi della solidarietà abbiamo fallito: non dobbiamo solo parlare ai convinti, tra noi”, ha ammonito alcune settimane fa Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i Rifugiati, durante il suo intervento al convegno “Accogliere emergenze, promuovere diritti” organizzato dal SOUQ – Centro Studi Sofferenza Urbana della Casa della Carità all’Università degli Studi di Milano. 

Ha ragione! Dobbiamo muoverci, parlare a tutti, soprattutto a quanti vivono con preoccupazione l’arrivo di tanti uomini e donne in fuga dai loro Paesi. Dobbiamo spiegare loro, al nostro vicino di casa, alla nostra zia, ai nostri ragazzi spesso ingannati dalle polemiche che corrono sul web, che questi migranti, se accolti nel migliore dei modi, se inseriti in un contesto che dia loro i diritti di tutti e da loro pretenda l’osservanza dei doveri di tutti, sono una ricchezza. L’opinione pubblica ha un’importante responsabilità: bisogna creare una discontinuità nel racconto dell’immigrazione, bisogna raccontarne i problemi sforzandosi di indicare sempre una soluzione. 

Essere accoglienti è il punto di partenza, dimostrarlo di esserlo è il secondo passo, pretendere che lo sia chi ci governa e chi ci amministra è il terzo. 

Ci sono proposte concrete e pragmatiche che si possono mettere in cantiere per dar senso e riempire di contenuti la richiesta di cambiamento gridata con forza dai centomila di Milano.

La prima riguarda il superamento della legge Bossi-Fini. A proporlo è Ero straniero – L’umanità che fa bene (www.facebook.com/lumanitachefabene). Si tratta di una Campagna, promossa in tutta Italia da molte realtà della società civile, tra cui la Casa della Carità, insieme a numerosi sindaci, che vuole creare un cambiamento culturale e legislativo, con una legge di iniziativa popolare che superi l’attuale normativa, datata e dannosa.

La legge Bossi-Fini, infatti, oggi, non offre nessun altro canale di accesso legale che non siano i viaggi in mare e le richieste di protezione internazionale. Inoltre, rende irregolare un numero crescente di persone già presenti nel Paese. Al contrario, la nostra Campagna propone canali diversificati di ingresso per lavoro, nuove forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio e misure più efficaci per l’inclusione sociale, basata sul lavoro. Insieme al voto amministrativo per i cittadini stranieri, all’abolizione del reato di clandestinità e all’approvazione della legge sulla cittadinanza in discussione in Parlamento.

Agire su questo fronte è quindi urgente. Al tempo stesso, però, ci si deve occupare anche dell’inclusione sociale di chi è già nel nostro Paese: per questo è cruciale legare in maniera sempre più stretta il tema dell’accoglienza dei migranti a quello delle politiche sociali nel loro complesso.

Cerco di spiegarmi con un esempio. Il numero dei sindaci che ha accettato di accogliere i migranti è cresciuto, ma rimane insoddisfacente. Nel nostro cosiddetto “modello Milano”, a fronte degli ottanta primi cittadini che hanno firmato il patto per l’accoglienza – una buonissima notizia – in tutta la Città Metropolitana ce ne sono più di cinquanta che non si vogliono prendere questa responsabilità. In altre parti d’Italia, a cominciare dalla Lombardia, la situazione è persino peggiore. Ebbene, questa sproporzione non è accettabile. Si deve fare qualcosa per rendere più capillare quell’accoglienza diffusa su cui si è giustamente deciso di puntare, bisogna pensare a meccanismi che incentivino la partecipazione e che siano di beneficio per l’intera cittadinanza. 

Alla prova dei fatti, il bonus da 500 euro deciso dal governo nel 2016 si dimostra poco efficace, mentre l’idea di subordinare al sì all’accoglienza lo sblocco del turnover del personale dei Comuni non è stata presa in considerazione dall’esecutivo. 

Perché allora non pensare, per i Comuni che accolgono, a corsie preferenziali per accedere ai finanziamenti statali o regionali, oppure a semplificazioni normative, come suggerito dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori? Oppure, perché, come propone Emma Bonino, non utilizzare i fondi europei per potenziare i Centri per l’Impiego, a vantaggio di tutti i cittadini alla ricerca di un lavoro? Sono solo due esempi, tutti da discutere. Chi ha altre idee e proposte, si faccia avanti, ragioniamone insieme, purchéé siano concrete, realizzabili in tempi brevi e portatrici di un messaggio importante: accogliere bene i migranti non significa sperperare soldi pubblici, ma investire in coesione sociale, sicurezza e futuro.

 

Nel sito di Mosaico di pace, nella rubirca “mosaiconline”, è pubblicata una scheda sulla storia e le attività della Casa della Carità.

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