ECONOMIA

De pecuniae

Alcune note che commentano il documento vaticano su economia e finanza, “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones”. Per un discernimento etico su alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario.
8 ottobre 2018 - Leonardo Becchetti (Professore di Economia politica presso l’università di Tor Vergata)

Il documento Oeconomicae et pecuniariae quaestiones si divide sostanzialmente in tre parti. Nella prima si sottolineano i vizi filosofici del paradigma economico contemporaneo da cui derivano i molti problemi e limiti della finanza contemporanea. Nella seconda parte, vengono descritti problemi e limiti. Nella terza, si offre un messaggio di speranza indicando che la soluzione non viene solo dall’alto o dalla speranza di un intervento istituzionale ma anche dalla generatività dei nostri gesti concreti che hanno un’importanza politica molto superiore a quella che solitamente crediamo. 

Economia civile 

Tutto questo nella logica del nuovo paradigma economico allargato che chiamiamo “economia civile” dove si riconosce che i problemi sociali, economici e finanziari non possono essere risolti “a due mani”, ovvero dal binomio della mano invisibile del mercato e di quella visibile delle istituzioni, ma hanno bisogno di “quattro mani”, ovvero della cittadinanza attiva che si esprime anche attraverso il voto col portafoglio dei propri risparmi e delle imprese responsabili. 

Proprio la storia della crisi finanziaria globale scoppiata nel 2007 è un caso esemplare di come la sola azione di istituzioni e mercato non abbia scongiurato un evento che ha determinato conseguenze catastrofiche per tutto il mondo.

Il vizio filosofico d’origine sta nei tre riduzionismi di persona, impresa e valore del modello economico contemporaneo. La persona vista come homo economicus, miopemente autointeressato, la cui felicità/soddisfazione di vita dipenderebbe solo dall’accrescimento delle proprie dotazioni materiali. L’impresa vista come massimizzatrice di profitto e non come creatrice di valore per tutti i portatori d’interesse. Il valore inteso come Pil e non come stock di beni spirituali, ambientali, relazionali, economici di cui una comunità può godere in un territorio. Questi riduzionismi si traducono concretamente in finanza in una serie di problemi di cui tutti subiamo le conseguenze. Nel documento ne enumeriamo alcuni. Innanzitutto è la stessa “predicazione” dell’approccio riduzionista nelle business school a essere di fatto una fabbrica d’infelicità. Lo “sguardo avvilente” sulla persona finisce per scoraggiare i discenti e propagare una visione poco generativa e poco capace di dare senso e valore alle azioni umane. Altri vizi descritti nel documento sono il comportamento opportunistico di alcuni operatori che sfruttano il vantaggio informativo per realizzare operazioni a danno di clienti inconsapevoli, le pratiche di elusione fiscale che impediscono la redistribuzione della crescente ricchezza creata a livello globale alimentando e accrescendo le diseguaglianze di reddito e soprattutto di ricchezza. Un altro vizio chiave che riproduce e propaga i riduzionismi sta nei meccanismi di remunerazione dei manager dove l’enorme componente variabile (il bonus) è legata alla crescita del profitto o del valore dell’azione. Spingendo di fatto il manager a estrarre valore dagli altri portatori d’interesse in tutti quei numerosi casi in cui la torta del valore creato dall’azienda non cresce. Su questo la proposta immediata e concreta di riforma è quella di legare il premio anche al progresso di indicatori sociali ed ambientali. Un manager dovrebbe infatti riceverlo solo se, ad esempio, non sono aumentati gli incidenti sul lavoro o l’impresa ha realizzato progressi nella sostenibilità ambientale. Ovvero se è stato capace di creare valore economico socialmente e ambientalmente sostenibile.

Biodiversità bancaria 

Un altro vizio chiave prodotto dai tre riduzionismi è l’attentato alla biodiversità bancaria e finanziaria. La biodiversità bancaria è fondamentale perché i sistemi finanziari, proprio come gli ecosistemi, hanno bisogno di diverse forme, dalle grandi banche che aiutano le imprese medio-grandi a internazionalizzarsi, alle banche etiche che promuovono gli investimenti ad alto impatto sociale e ambientale, alle banche di territorio che lavorano in modo prevalente con piccole e medie imprese e con imprese artigiane che le grandi banche massimizzatrici di profitto non hanno interesse a servire. Uccidere la biodiversità puntando a un modello dove esistono solo banche massimizzatrici di profitto è uno degli errori più grandi perseguiti dal riduzionismo. Un errore che porta inevitabilmente alla riduzione di fonti di finanza esterna per la spina dorsale di ogni sistema economico che sono le piccole imprese, quelle artigiane e le partite IVA.

Nella descrizione delle patologie del sistema il documento si sofferma anche sul problema dell’evasione ed elusione fiscale e delle opportunità che i paradisi fiscali offrono in un mondo globalmente integrato dove i costi di spostamento delle “merci senza peso” rappresentate dalla finanza sono praticamente nulli. Questo fenomeno produce una concorrenza al ribasso che distrugge progressivamente la capacità dei paesi di raccogliere risorse necessarie per il welfareLa responsabilità fiscale dunque è una dimensione nuova e fondamentale che emerge come decisiva proprio dall’analisi delle patologie dei mercati finanziari assieme a quelle più tradizionali di responsabilità sociale e ambientale.

Speranze 

La conclusione del documento è di grande speranza. I vizi del sistema non sono immutabili. Il potere forte nell’economia siamo noi, ovvero sono i cittadini consumatori e risparmiatori perché il sistema dipende da consumi e risparmi. Con consapevolezza, informazione e coordinamento delle scelte possiamo e dobbiamo imparare a votare col portafoglio, ovvero a premiare con le nostre scelte le imprese leader nella creazione di valore economico socialmente e ambientalmente sostenibile. 

La finanza è oggi proprio l’ambito nel quale il voto col portafoglio sta aumentando di più grazie all’azione dei fondi d’investimento che utilizzano in misura crescente politiche di selezione dei titoli azionari da mettere in portafoglio fondate sulla responsabilità sociale e ambientale. La crescita in finanza è dovuta al fatto che, per la loro natura, i fondi risolvono in partenza il problema della consapevolezza, dell’informazione e anche del coordinamento delle scelte di tanti piccoli decisori individuali dato che raccolgono il mandato di investimento del risparmio da tanti piccolissimi risparmiatori. Inoltre, come è stato dimostrato, i fondi etici che effettuano la selezione del portafoglio in base a criteri sociali e ambientali non hanno performance corrette per il rischio inferiori a quelle dei fondi tradizionali, sia in linea di principio teorico sia nei dati concretamente osservati in questi ultimi anni.

Un altro elemento di speranza, che ha visto crescere il voto col portafoglio dei fondi, è il fatto che gli stessi si sono gradualmente resi conto che la mancanza di responsabilità sociale e ambientale è un fattore di rischio. Dunque, selezionare i titoli delle imprese responsabili è una forma di assicurazione contro questo rischio e un fattore competitivo per il fondo stesso. Alla luce di questi elementi, il documento, dunque, conclude con una nota di speranza. 

Gli stili di vita sono da sempre al centro della riflessione cristiana, ma sono stati sempre ritenuti significativi sul piano dell’etica professionale non su quello dell’azione politica. L’idea del voto col portafoglio vuole far presente il potenziale di cambiamento politico che tali stili di vita e l’insieme delle azioni coordinate possono determinare. Siamo soltanto agli inizi. Quando impareremo a utilizzare quest’enorme potere che abbiamo, cambieremo il mondo.

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